L’attività di Andrés Jaque (Madrid, 1971) ruota attorno alla definizione di “dispositivo architettonico”, un concetto che va oltre all’edificio costruito o alla tipologia, e guarda alle prestazioni spaziali e sociali del progetto prima che alla forma. Per agire su una realtà sempre più complessa e frammentata, l’architetto combina liberamente l’architettura con le arti visuali e performative, prendendo in considerazione la dimensione sia fisica sia immateriale dello spazio urbano.
Recentemente nominato Direttore del master in Advanced Architectural Design alla Columbia GSAPP, Jaque considera l’architettura non una cornice neutra in cui si riproducono il quotidiano e le relazioni sociali, ma un fattore attivo nella definizione delle nostre vite. Con i suoi progetti l’architetto spagnolo prova a introdurre dei cambiamenti che possano avere una rilevanza politica, e provocare nuove forme di responsabilità e sovversione. Non a caso il nome dello studio da lui fondato e diretto, che ha sedi a Madrid e New York, è Office for Political Innovation.
Sono le banalità, le piccole distopie e le contraddizioni del quotidiano ad alimentare l’indagine di Andres Jaque. La sua ricerca recente guarda ad esempio al modo in cui le app di incontri (come Tinder o Grindr) cambiano le interazioni e gli utilizzi dello spazio pubblico e hanno un impatto sulle trasformazioni urbane. Nel febbario 2018 questa ricerca è stata messa in scena allo Storefront for Art and Architecture di New York con la mostra “Sex and the So-Called City” che ha trasformato la galleria in un set televisivo dove produrre e trasmettere online un documentario che celebra il 20° anniversario della serie TV definita come “il manifesto archi-sociale più influente di New York”: la serie tv Sex and the City.
Ma il lavoro più emblematico dello studio è sicuramente IKEA Disobedients (2013), una performance – la prima ad essere acquisita dalla sezione Architettura e Design del MoMA – che mette in discussione gli standard della famiglia occidentale e i relativi spazi domestici. Per il progetto gli attori hanno creato “dispositivi architettonici” che, disobbedendo alle (celeberrime) istruzioni d’uso fornite dal colosso svedese, affermano creativamente la loro diversità, la loro unicità.