Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1080, giungo 2023.
La pinacoteca emozionale di Gaetano Pesce
In questa intervista Gaetano Pesce espone a Domus la sua poetica progettuale, che valorizza la specificità dei luoghi e i valori politici, religiosi o esistenziali.
“Oggi l’architettura è diventata una espressione autoritaria, e la maggior parte di essa appartiene alla categoria di ‘edilizia’. Lo Stile Internazionale pensato come movimento progressista, insieme all’ideologia comunista, sono con il tempo diventati dei mezzi di repressione della diversità e quindi profondamente reazionari. In altre parole, questi pianificatori e omogenizzatori del mondo sono diventati dei nemici da combattere. (È curioso notare che la stessa idea di uguaglianza vigente nelle democrazie occidentali è uguale all’uguaglianza imposta nei paesi dittatoriali). Oggi l’ideologia comunista è decaduta e obsoleta in molti paesi del mondo, non lo stesso per lo Stile Internazionale che continua ad opporsi con lo stesso linguaggio alla diversità dei luoghi, alla loro Storia, identità, posizione geografica”.
Maestro delle resine colorate, delle schiume poliuretaniche, degli elastomeri gelatinosi che creano oggetti al confine tra arte e design, Gaetano Pesce dedica a Domus l’ultimo bagliore di un Salone del Design dove è stato protagonista assoluto. A quasi 84 anni, un record non facilmente da eguagliare. “Ripeto. Non è più il tempo di usare un solo linguaggio, oggi i progettisti debbono interpretare l’anima di ogni luogo dove intendono costruire. In altre parole gli architetti che meritano questo nome non possono più ritenersi soddisfatti nel possedere un solo linguaggio, come era nel passato, ma tanti quanti sono le diversità dei siti dove intervengono. Il mondo è vivibile se è diverso, se è uguale è monotono, noioso e privo di energia. San Paolo è diversa da Tokyo, Tokyo è diversa da Stoccolma, Milano da Roma, etc. Ogni architetto dovrebbe interpretare, avvicinandosi così ad un’idea di democrazia più attuale che invece di proteggere l’eguale esalta e promuove il diverso.”
Ligure di nascita e newyorker da quarant’anni, allievo allo Iuav di Carlo Scarpa e Ernesto Nathan Rogers, nel 1959 fonda Gruppo Enne di Padova, che raccoglie nove artisti come lui studenti di architettura a Venezia. Uscirà l’anno dopo perché la ripetizione espressiva e astratta dell’arte Programmata non gli consente di esprimere la realtà che lo circonda. Dopo aver vissuto per breve periodi a Londra e Helsinki e 14 anni a Parigi, si trasferisce a New York dove vive da più di 40 anni e dove sarà consacrato al MOMA con la mostra “Italy: The New Domestic Landscape”, del 1972, dove approfondiva quello che avrebbe fatto nella vita. “Dall’altra parte dell’architettura c’è il design, un’altra espressione estremamente importante. Anche il design non deve essere espresso da un unico linguaggio universale, come non deve essere solo forma e funzione. Se il Design, oltre ad essere un’espressione pratica, riesce a esprimere un valore politico, o di credenza religiosa, o personale e esistenziale, allora diventa una forma d’arte completa, capace di esprimere il Tempo in cui viviamo. L’arte infatti è sempre stata anche funzionale, questo i critici lo dimenticano. Quando Tiziano faceva un ritratto doveva prima di tutto essere somigliante. Lo stesso vale per Michelangelo, che fa il Giudizio universale con una funzione molto precisa: ricordare ai fedeli che se non rispettano le regole della Chiesa si va all’inferno”.
Il mondo è vivibile se è diverso, se è uguale è monotono, noioso e privo di energia.
Non ci sono solo classici nella pinacoteca emozionale di Pesce. “Sono stato sempre colpito da Camille Corot, che fa il disegno di una giovane donna con le gambe aperte. Il padrone di questo disegno era uno dei rappresentanti della nobiltà milanese, che lo manda al suo amico, il Re di Francia. Non gli dice però “Guarda che questa è un’opera d’arte”. Gli dice: “Guarda com’è eccitante questa ragazza”. Ecco la funzione nel momento in cui non esisteva ancora la fotografia. Per eccitare qualcuno, magari vecchio, che non riesce più. L’arte oggi ha un po’ perso questa funzione, di essere testimone della realtà. Oggi nelle mostre di arte contemporanea si vede molta decorazione, molta superficialità. Ma lo stesso vale nel design e nell’architettura. Un vero peccato, su cui si dovrebbe riflettere.
Immagine di apertura: Foto Vincent Tullo. Courtesy Gaetano Pesce Office