Più che un volume, una metaforica scatola: la recente monografia su Ettore Sottsass è un contenitore che si spalanca sull’intreccio indissolubile di opera e vita di un personaggio carismatico e unico, precursore nelle diverse fasi del suo tempo: ora radicale e controcorrente, ora malinconico e ironico, intellettuale proto-hippy e ludico, ma sempre e comunque intuitivo e ante-litteram; coerente e perspicace, ma aperto a cambiare rotta, nei vari passaggi storici ed esistenziali che ha attraversato nel Novecento, dagli anni della Grande Guerra agli anni Zero.
Al lavoro per Olivetti si affianca, senza fratture o incoerenze, la visionaria ricerca di un nuovo linguaggio, descritto come “un assemblaggio di frammenti e riferimenti diversi (…), fondato sulla circolazione di immagini e sull’innesto di figure di qualunque natura, frutto della sua curiosità per ogni forma di vita, soprattutto le più marginali: un linguaggio aperto al libero scorrere di ogni possibile “situazione bastarda” (come gli capitò di definire il suo amore per le commistioni).
Se è stato Memphis a dimostrare che il design è comunicazione è perché – come ricorda George Sowden, intervistato nel saggio – “disegnare una cosa che comunica è molto diverso che disegnare una cosa che funziona: è anche incredibilmente liberatorio”. Questo movimento, che Barbara Radice definì all’epoca del suo primo apparire “brodo di mutazioni in ebollizione”, celebra una nuova libertà espressiva in cui – secondo Picchi – “gli elementi più diversi confluiscono liberamente in un flusso ininterrotto di assemblaggi sempre sul punto di crollare. È il racconto più lirico, poetico di una condizione umana che accetta la sua nuova posizione priva di riferimenti stabili, definitivi, assoluti ed esprime tutto il suo amore per il caos e i suoi accidenti”.
Emily King indaga, invece, quei “sistemi di segni”, che per Barbara Radice sottendono tutta l’opera di Sottsass. Questa ricerca rintracciabile già nelle collezioni di immagini ritagliate e conservate in scatole per «immortalare tutto ciò che vede», sta alla base di una intensa attività grafica ed editoriale, che dalle riviste (Room East 128 Chronicle, Pianeta Fresco o Terrazzo), comprende anche le campagne pubblicitarie dei suoi progetti per Olivetti.
In un bellissimo articolo – scritto dopo la morte di Sottsass nel 2007 – Andrea Branzi sostiene che “l’apparente felicità dei suoi segni e la vitalità del suo progetto fossero la risposta sorridente alla percezione della solitudine umana, un breve sollievo al dramma cosmico dell’esistenza”.