
Per Urquiola è il tempo di fare un libro “proprio nel momento giusto – nella cesura storica che la rivoluzione digitale imporrà anche al design” come coglie acutamente Gianluigi Ricuperati nell’interessante saggio che chiude il volume.
Ma, allo stesso tempo, non è stato semplice definire nella forma chiusa di un libro il lavoro complesso, proiettivo e a più livelli di Urquiola, poco incline a etichette e categorie: “Preferisco che tutto sia sempre in divenire, non finito. Preferisco la narrazione aperta”. Come un’antenna sempre in allerta, Urquiola precorre spesso i tempi e con intuito avanguardistico e rigore professionale, osa prendere direzioni che anticiperanno tendenze a venire. Il suo modo di lavorare è un processo sperimentale e di ricerca, a volte tortuoso, a volte rapidissimo.

Per questo, il libro si snoda attraverso capitoli – anzi, narrazioni concettuali – che contengono per affinità e analogia non solo famiglie di oggetti, ma anche idee, relazioni, mappe. Frammenti di vita privata, viaggi, citazioni. Perché solo attraverso questa complessità indivisibile emerge il suo lavoro: esuberante e consistente per quantità, densità e profondità.
A Urquiola non interessava dunque presentare un catalogo cronologico, né tantomeno una celebrazione agiografica di un lavoro che gode già di ampia fortuna critica, ma realizzare un libro che fosse lente d’ingrandimento su temi che vanno ben oltre gli oggetti e le cose: un libro che germinasse, viralmente, nuove idee.


In un ritmo “andante con brio”, intessuto d’infiniti fili rossi, si dipana un inedito racconto iconografico che non mostra soltanto l’Olimpo dei prodotti finiti, ma scava “dietro le quinte”, restituendo attraverso foto di lavoro non patinate l’unicità del processo, delle fasi di lavorazione, dei molti ripensamenti e aggiustamenti che questo lavoro comporta. Patricia “piega, torce, modella, attorciglia, taglia, intreccia” la materia, la manipola con abilità fino a che non le corrisponde, inventando forme che derivano dalla materia stessa.
Chiude il volume, un saggio e una conversazione visionari di Gianluigi Ricuperati che parlano dell’“irrequietezza gioiosa” di Patricia Urquiola, tracciando inediti punti di vista, tra letture scelte, viaggi e ritorni a casa. “Patricia Urquiola ha due occhi diversi: il primo fissa un passato solido, chiaro, ben noto; il secondo vede un futuro elettrico e confuso, molto eccitante, tutto da ripensare”.
