La curiosità che i progettisti degli spazi urbani, nel corso della storia, hanno riservato alle iscrizioni sul basamento della Colonna Traiana a Roma o sull'architrave del tempio della Sibilla a Tivoli, sono una testimonianza di un rapporto di lunga data fra la progettazione di alfabeti e l'architettura. Ma che dire delle lettere costruite, volontariamente o non, nello spazio urbano dalla sintesi degli elementi architettonici degli edifici stessi? Chi, davanti a un colonnato, non ha mai intravisto una serie di 'm' ed 'n' minuscole concatenate fra loro?
L'Abbecedario ideato da Alessio D'Ellena parte da qui. La serie alfabetica diventa un interessante pretesto, non scopo, che permette all'autore di costruire una collezione di tavole illustrate materiche e luminose. Diventa possibile per il lettore osservare da una differente angolazione, magari socchiudendo gli occhi, edifici più o meno conosciuti, solide presenze nell'immaginario urbano del popolo romano. Le differenti forme delle lettere, abilmente incise su linoleum, accompagnano il lettore in una rassegna-tributo alla città più stratificata della storia urbanistica.


E' degno di nota il felice connubio tra tipografia e illustrazione, costante punto debole, a parte rari casi, della produzione di volumi illustrati in Italia. Sarebbe stato interessante per registrare una soluzione differente per le note a fine volume, residuo gutemberghiano poco in linea con le tavole illustrate. L'architettura del libro è ben organizzata: tre sedicesimi cuciti a filo refe e rilegati in brossura, per un formato forse troppo piccolo, sottile richiamo alle guide tascabili, croce e delizia di ogni turista.
Le differenti forme delle lettere, abilmente incise su linoleum, accompagnano il lettore in una rassegna-tributo alla città più stratificata della storia urbanistica

passanno còr marito
sotto l'arco de Tito,
vidde una Gatta nera
spaparacchiata fra l'antichità.
– Micia che fai? – je chiese: e je buttò;
un pezzettino de biscotto ingrese;
ma la Gatta, scocciata, nu' lo prese:
e manco l'odorò.
Anzi la guardò male
e disse con un' aria strafottente:
Grazzie, madama, nun me serve gnente:
io nun magno che trippa nazzionale!"
Trilussa, Romanità, 1913
