Il libro proposto si divide in due parti: una prima con due testi di "incipit" e una breve nota in chiusura costituisce, in accompagnamento alle tavole pittoriche dell'autore, la parte più privata e volutamente "criptica", ricca di anagrammi di nomi e ideogrammi. Per copertina un paesaggio astratto; segue un olio su tavola che mostra un arciere nudo: colpisce la luna con due frecce e gocce di sangue si tramutano a terra in due cuori. Poi in chiusura il "cacciatore di lune", con altre frecce al suo arco, colpisce la luna nel cielo stellato notturno e ora le gocce di sangue cadono nell'acqua del mare e un grosso pesce affiora allontanandosene.
Anche Tobiolo conosce il grosso pesce sopra il portale esterno della Chiesa dell'Angelo Raffele a Venezia. In chiusura una tempera dal titolo "autodifesa" in cui, come nel teatro delle ombre, l'arciere si difende puntando la freccia contro la sua stessa ombra ingigantita alla parete.
La seconda parte, a formare il libro in sé, illustra undici realizzazioni recenti: qualche immagine, alcuni disegni e contributi critici di autori noti e meno noti, ma tutti amici dell'autore.
Occasioni di lavoro le più diverse, l'una vale l'altra: un monile d'argento, una ciotola di legno di ulivo, muri candidi e superfici in cemento lisciato per esporre pittura antica tra la più bella del mondo.


La critica dovrebbe osservare che per la prima volta, con questo libro, Tobia si presenta solo. Poco più di cento anni fa Paul Gauguin nella Polinesia Francese dipingeva il suo testamento pittorico, un grande telero di sette metri per tre e mezzo, e lo titolava "da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo". Nei suoi scritti del "Noa Noa", proclamata la "necessità" della pittura della letteratura e della musica dichiarava su tutte la preminenza della "visione" della pittura: "solo la vista è capace di immediate emozioni"[1]. E spesso ripete al suo lettore: "questo non è un libro"; similmente Tobia fa un libro che "non è un libro", è una traccia, un documento per dirci "io sono qui", questa è la mia vita. Non si spaventa di affermare ancora nell'incipit la "ricerca della sacralità nell'atto materiale della progettazione"; e poco oltre ribadire "desidero cercare il sacro che rimane nascosto nella materia e in noi stessi".
Tobia fa un libro che "non è un libro", è una traccia, un documento per dirci "io sono qui", questa è la mia vita

Dovevamo essere sospettosi perché "il padre architetto, una zia pittrice, una grande quantità di amici artisti e poeti", schiudono uno scenario di giovanile formazione e continuo riferimento mentale che confermano necessariamente vocato a "dare forma alle funzioni della vita" il suo stesso progetto di vita.



[1]. Paul Gauguin, "Noa Noa e altri scritti"- Milano 1972, pag.151
[2]. Rudolf Arnheim, "Guernica, genesi di un dipinto"- Milano 1964, pag.11
[3]. Manlio Brusatin, "Arte come design", Torino 2007 pag.69 e altre
[4]. Claudio Magris, "un altro mare" – Milano 1991, pag.11