Il tipo prevalente del catalogo d'esposizione ha un ruolo soprattutto documentario. Sotto forma di 'mattone' di grande formato oppure di agile opuscolo, si limita a documentare una mostra altrimenti effimera, materializzando nella stampa gli intenti del curatore, le opere esposte, le date significative, i nomi dei prestatori. Allineati nelle biblioteche questi cataloghi fungono da reperti fossili di eventi vivi. Gli esemplari più accorti di questa schiatta comprenderanno uno o più saggi nel tentativo di arricchire il significato dell'esposizione fisica con una contestualizzazione più ampia e di dotare di un momento di autocoscienza l'insieme delle opere riunite.
Il catalogo Graphic Design: Now in Production, pur appartenendo in tutto e per tutto alla stessa specie degli altri, è uno dei più evoluti. Realizzato dai curatori Andrew Blauvelt ed Ellen Lupton, è contemporaneamente generale ed esauriente, non ufficiale e serio. I saggi sono intercalati alle opere di cui parlano, a opere di cui non parlano ma che sono pertinenti e a opere che possono non essere direttamente pertinenti al saggio ma che sono verosimilmente pertinenti alle altre opere. I materiali, benché ampiamente tratti da quelli esposti al Walker Art Center e alla Cooper Hewitt l'anno passato, sono organizzati con una fluidità che non appare minimamente ostacolata dai concetti di curatela della mostra fisica. Il libro, più che limitarsi a documentare la mostra, le si affianca, sta in piedi da solo come il suo sommario in forma di libro.
Riproponendo saggi importanti già pubblicati in altra sede, il catalogo di Graphic Design riesce a trattare – sorprendentemente e magari non senza qualche sconcerto – la maggior parte dei principali problemi formali con cui i critici della grafica si sono cimentati nell'ultimo decennio. I primi sette-otto riguardano più o meno direttamente il problema fondamentale dell'essenza del ruolo del progettista, muovendosi intorno alla conversazione Designer as Author ("Il designer come autore") tra Rick Poynor e Michael Rock pubblicata dalla rivista Eye negli anni Novanta. Benché i due testi originali non siano compresi, presumibilmente perché estranei all'attuale prospettiva storica, la spavalda revisione di Michael Rock Fuck Content ("Al diavolo il contenuto") e Designer as Producer ("Il designer come produttore") di Ellen Lupton li sintetizzano a sufficienza. ("Il designer come produttore", in realtà, mi colpisce forse più favorevolmente del termine "imprenditore" di Steven Heller, o per lo meno, nel senso dello Studio System, riesce a mettere insieme correttamente "imprenditore" con "autore".)
Il libro, più che limitarsi a documentare la mostra, le si affianca, sta in piedi da solo come il suo sommario in forma di libro.