Justin McGuirk, Edge City. Driving the Periphery of São Paulo, Strelka Press, Mosca 2012, 955 KB
Questo articolo è stato pubblicato su Domus 961, settembre 2012
Una storia tra due territori urbani: Silicon Valley a Los Angeles (patria pastoral-capitalista di dot-com company come Google, Facebook e Apple) e la periferia di San Paolo del Brasile, patria delle favelas della città non ufficiale. Gli e-book di Alexandra Lange e di Justin McGuirk per la casa editrice fondata di recente dall'Istituto Strelka, di cui McGuirk è direttore editoriale, sono entrambi storie di città divise, una critica all'irresponsabilità di pubblico e privato nella costruzione della città, causa di una polarizzazione degli esiti che, secondo gli autori, spreca l'occasione di un cambiamento positivo. In entrambi i casi gli autori intraprendono un vagabondaggio critico, necessariamente in auto, alla scoperta di queste comunità isolate e scollegate, con una parallela riflessione sulla mancanza della volontà politica di rigenerare i centri urbani.
Lange sostiene che tanto la città quanto le dot-com avrebbero molto da guadagnare se applicassero un po' della creatività, che dedicano a costruire imperi tecnologici online, per impegnarsi sullo spazio che sta tra la metropoli e le loro autoreferenziali enclave suburbane. L'autrice parte da Pastoral Capitalism: A History of Suburban Corporate Landscapes ("Capitalismo pastorale: storia di paesaggi aziendali suburbani"), il libro pubblicato da Louise Mozingo per la MIT Press nel 2011, per sostenere, forse esagerando un po', molte delle sue affermazioni. Entrambe le autrici concordano sul fatto che questi insediamenti non siano sostenibili ma, mentre le obiezioni di Mozingo riguardano la dipendenza dall'automobile, il saggio di Lange fa da sfondo a un'affermazione di portata più vasta: le dot-com favoriscono la creazione di aree chiuse prive di dimensione pubblica, dell'elusivo spazio della differenza. Il lettore, distillando le argomentazioni dalle ampie descrizioni delle particolarità di ciascuna azienda, a poco a poco viene trascinato nella polemica dell'autrice sul carattere chiuso di questi insediamenti e sui suoi costi per l'identità spaziale dello spirito civico inteso come concetto.


Forse il motivo sta nel fatto che questo e-book sostiene che la città non ufficiale non si può integrare in quella ufficiale tramite il miglioramento dei trasporti, delle infrastrutture e dell'occupazione. L'autore si preoccupa delle condizioni delle favelas a rischio di sgomberi, reali e minacciati, in previsione della Coppa del Mondo del 2014, mentre le scelte di vari sindaci che si sono succeduti si rivelano indulgenti nei confronti delle lobby immobiliari che ne hanno finanziato le campagne elettorali, invece che fondate su un programma per le periferie. Che cos'è la città ufficiale? Intasata da strade gremite di traffico, l'autore alla fine la identifica in Alphaville, una delle più grandi comunità recintate del mondo progettata alla metà degli anni Settanta, una città circondata da un reticolato d'acciaio sormontato da filo spinato, che cela linde strade di dimore con piscina. Ma non è così, e il carattere dell'ufficialità non è nemmeno definito compiutamente dal centro storico, che lo si consideri in declino oppure vivificato da un nuovo quartiere, Nova Luz, con un centro culturale di Herzog & de Meuron.




