Le avanguardie europee degli anni Venti, ansiose di rivoluzionare la prassi e la teoria del mondo moderno ma prive dei mezzi per sperimentare le loro idee nella pratica, presentarono il loro lavoro in numerose, piccole ma influenti riviste internazionali. Contemporanea di periodici più noti come De Stijl e L'esprit nouveau fu la testata berlinese G: Material zur Elementaren Gestaltung ["G: materiale per una teoria elementare della forma"], che fino a oggi è stata praticamente ignorata. Un nuovo libro a cura dello scomparso Detlef Mertins e di Michael W. Jennings, entrambi importanti studiosi della cultura dell'epoca di Weimar, recupera G al circuito internazionale illustrandone l'importanza storica come canale del dibattito delle avanguardie.
G: An Avant-Garde Journal of Art, Architecture, Design, and Film, 1923–1926 unisce tre progetti indipendenti in un unico volume dalla vivace copertina rossa. È allo stesso tempo un attento recupero, una traduzione moderna e una storia critica. Se i lettori di oggi devono considerare G come "uno dei primi periodici della moderna cultura visiva", come suggerisce Edward Dimendberg, dovremmo apprezzarne concretamente l'aspetto oltre che i contenuti. E, con nostra grande soddisfazione, è proprio così. Grazie alla precisa ricostruzione grafica e tipografica realizzata dallo studio Chris Rowat Design la recente traduzione del testo si presenta al lettore anglofono proprio come appariva in origine a quello tedesco, compresi i caratteri caduti da tempo nell'oblio e le intricate soluzioni di impaginazione. I primi due numeri sono fedelmente riprodotti in forma di tabloid ripiegati e inseriti nella retrocopertina del volume. I curatori hanno si sono trattenuti dal cercare di correggere o di annotare gli errori e le incoerenze dell'originale, permettendo al lettore di constatare direttamente questi problemi. L'attenzione critica si concentra invece sui saggi di ricerca di Mertins, Jennings, Dimendberg e Maria Gough, cui si aggiunge una prefazione di Barry Bergsoll che analizza G alla luce del luogo e del tempo in cui nacque.
Le rovine del vecchio ordine, ancora fumanti dopo il cataclisma della Grande Guerra, parevano richiedere un nuovo atteggiamento verso ogni aspetto della vita. In un’atmosfera infiammata da continui cambiamenti e dibattiti, molteplici possibilità di futuro facevano la loro apparizione come aeroplani freschi di fabbrica pronti a decollare in differenti direzioni.
Nel suo duplice carattere di risorsa primaria e secondaria, insieme con la sua attitudine a inserirsi senza soluzione di continuità nei dibattiti attuali sulla cultura visiva, il nuovo G offre al lettore strumenti di particolare ricchezza per affrontare attivamente un documento storico. E indubbiamente riesce, per quanto possa farlo uno strumento accademico, a realizzare quella comunicazione reciproca che Maria Gough attribuisce all'opera pionieristica di Bertolt Brecht e di El Lissitzky.
Gideon Fink Shapiro sta preparando il dottorato di ricerca in Architettura presso il PennDesign, la scuola di progettazione dell'università di Pennsylvania. Suoi scritti sono stati pubblicati da DomusWeb, Architect Magazine, Abitare, Crit, Gothamist e Streetsblog.