di Fabrizio Zanni
Lluís Domènech i Montaner, AA.VV. Santa & Cole, Barcelona, 2005 (pp. 234)
Lluís Domènech i Montaner è, con Josep Puig i Cadafalch, Salvador Valeri i Pupurull, Joan Rubiò i Bellver e, naturalmente, con Antoni Gaudí, una delle figure principali del Modernisme catalano, permeato, oltre che da idee di rinnovamento disciplinare, da un “insieme di razionalità costruttiva e di ornamentazione fantastica, ispirata all’architettura ispano-araba” (X. Figueras e I. Munté). Questo movimento è caratterizzato inoltre dallo stretto rapporto che si viene a determinare tra architettura, arti decorative e artigianato. Quest’ultimo, in particolare, si era sviluppato in Catalunya come sintesi di sapere costruttivo e abilità manuale avendo nei Maestros d’Obras delle fondamentali figure intermedie tra l’architetto, il costruttore, l’artigiano, il quale però, con le parole di Adolf Loos, in quella particolare situazione storica, ambientale e culturale, “aveva studiato il latino”.
Le opere più rilevanti di Domènech i Montaner sono, a Barcellona, il Palau de la Mùsica Catalana, del 1908, caratterizzato dagli interni che si articolano in cavità stalattitico-stalagmitiche, sorta di grotte artificiali, di grottesche alla cui forma cooperano soffitti, decorazioni murarie, lampadari. L’esterno è invece caratterizzato da temi floreali, articolati in mosaici, inserti ceramici, vetrate. L’edificio è stato dichiarato nel 1997 “patrimonio dell’umanità”. Altra sua opera fondamentale è l’Ospedale di Sant Pau; progettato nel 1901, la cui realizzazione si protrasse fino al 1930 con profonde modifiche al progetto originario. Esso si sviluppava su ben nove isolati-tipo della maglia di Ildefons Cerdà (113 per 133 metri con strade di 20 metri di larghezza) e si articolava originariamente in 48 padiglioni.
Notevole è l’interesse dell’architetto catalano per le nuove tipologie edilizie complesse, di utilità civile. come ospedali, hotel, sale di concerto e in generale per gli spazi di interesse collettivo. Ne sono testimoni, per esempio, il poco citato Cimitero di Comillas, in Cantabria, o l’Istituto Pere Mata, il cui padiglione principale è dominato da una torre neomedievale di trenta metri d’altezza. Ampia e testimoniata dal volume curato da Lourdes Figueras è invece la produzione di elaborate architetture d’interni, partiti decorativi ed elementi d’arredo. La pietra lavorata, il ferro battuto, il legno e il vetro ne costituiscono gli elementi primari: materiali che vengono assemblati talvolta in “paesaggi interni” dotati di grande plasticità.
Lluís Domènech i Girbau afferma, nel saggio introduttivo, che una delle chiavi fondamentali dell’architettura del suo bisavolo è da ricercare nella continuità, intesa come ‘concerto’ formale di discipline, materie, competenze diversificate che si integrano in una struttura unitaria che ordina e disciplina i ‘frammenti’ decorativi. Egli considera questa poetica un radicale superamento, orientato verso la modernità, dell’atteggiamento artistico romantico. Il volume, di grande formato, prende in considerazione la sola opera di interior design e di disegno di elementi di arredo, fatta salva una sezione che raccoglie bellissime prospettive a mano libera di alcuni tra i principali edifici realizzati o progettati. Esso è organizzato in tre sezioni: la prima raccoglie i saggi introduttivi di Girbau e Figueras; la seconda consiste in un ampio “archivio di disegni”, che in realtà vede prevalere l’apparato fotografico sul repertorio grafico-rappresentativo.
L’ultima parte, denominata “archivio bibliografico”, raccoglie scritti dello stesso Montaner, tra cui l’interessante anche se storicamente datato En busca de una arquitectura nacional, scritti d’epoca riferiti alla produzione, anche teorica, del maestro catalano e infine alcuni saggi a noi contemporanei, come quello di David Mackay sul Palau de la Mùsica, del 1963, oppure quello di J.F. Rafols su Il decorativo nell’opera di Domènech del 1956. Una sintetica cronologia biografica e architettonica chiude il volume.
Fabrizio Zanni Professore di Progettazione architettonica al Politecnico di Milano
Un modernista catalano
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- 15 febbraio 2006