Patricia Urquiola Hidalgo nasce a Oviedo, Asturie spagnole, nel 1961, da una famiglia di origini basche. La matrice della cultura figurativa e materiale delle sue terre d'origine sarà fortemente presente nella sua opera; ma è in Italia che questa matura la sua forma, a partire dal periodo degli studi. Urquiola comincia un percorso da architetto, studiando prima alla Universidad Politécnica de Madrid, trasferendosi poi al Politecnico di Milano dove nel 1989 si laurea con Achille Castiglioni. É lui ad indirizzarla dall'architettura verso il campo del product design, e da lui Urquiola dichiara di aver ereditato un approccio al design per analogia, dove oggetto chiama oggetto, un oggetto nasce dall'interpretazione di un altro.
Castiglioni mi ha svelato il valore del design – quando ancora credevo che l’architettura fosse un’arte superiore – il piacere di pensare un oggetto. L’ironia, il divertimento, il non prendersi troppo sul serio, anche quando si prendono molto sul serio le cose che si fanno.
La carriera della designer spagnola si sviluppa quindi in ambito italiano, prima come assistente di Castiglioni e Eugenio Bottinelli a Milano e a Parigi (1990-92), poi nello sviluppo nuovi prodotti per De Padova con Vico Magistretti - altra esperienza per lei informativa, nell'approccio del maestro Milanese ad un'attenzione verso tutti i pazzi del progetto creativo, e tutti i livelli della concezione di un oggetto.
Dal 1996 è nel gruppo design di Lissoni Associati con Magistretti, per poi aprire nel 2001 il suo studio indipendente. Da lì opera in diversi campi della progettazione: cuore delle attività è il product design ma anche interior design e architettura guadagnano uno spazio sempre più rilevante tra le realizzazioni. Nell'ambito del product, la casa è il luogo cui si rivolge la progettazione di Urquiola, in cui vengono sperimentati quei principi di design per analogia così come di ripresa di tecniche e materiali della tradizione nell'ottica di una loro reinterpretazione innovativa.
Per me la curiosità è unita al desiderio delle cose e il desiderio deve essere 'friendly': devi avere voglia di toccare un oggetto, devi conservare uno stato d'animo che non sia mai algido.
I materiali, le tipologie e i brand con cui si confronta sono i più differenti: dal vetro dei vasi per Baccarat (Variations, 2012) o del tavolino Shimmer per Glas Italia (2014), alle terrecotte per Mutina — in una lunga collaborazione da cui nascono l'iconica collezione Azulej (2012) e quella dei bassorilievi componibili delle Tierras (2014); dai tessuti alle plastiche; da maniglie, elementi bagno e oggetti da tavola fino alla sua produzione più famosa di sedute e divani. Qui la ricerca si apre ad una ulteriore molteplicità di approcci, tra le sedie comback di Kartell (2010), la chaise longue Antibodi per Moroso 2006 col suo lavoro sui moduli risvoltati di rivestimento, le rivisitazioni degli intrecci negli Objets Nomades per Louis Vuitton (2018) come nella collezione Anatra per Janus et cie. (2019); fino ai divani per B&B Italia concepiti come aggregazioni di cuscini come il Tufty Time del 2005 e il Bend Sofa del 2010. Una delle sue collaborazioni più rilevanti è poi con Cassina, di cui diventa direttrice artistica nel 2015. Tra gli altri marchi per cui ha realizzato prodotti figurano Alessi, Axor-Hansgrohe, Boffi, Driade, Flos, Gan, Kettal, Kvadrat, Molteni, Rosenthal.
Credo che si debbano 'digerire' tutti gli elementi che fanno parte delle nostre origini per riuscire a creare un nuovo linguaggio personale.
Molti anche i suoi prodotti esposti in collezioni permanenti nel mondo, tra cui Museum of Modern Art di New York, il Musée des Arts Décoratifs di Parigi, il Museo di Design di Zurigo, il Vitra Design Museum di Basilea, il Victoria & Albert Museum di Londra, lo Stedelijk di Amsterdam e il Museo della Triennale di Milano.
Nel suo graduale ampliarsi, la sua attività le è valsa anche molti riconoscimenti tra cui la Medalla de Oro al Mérito en las Bellas Artes e l’Ordine di Isabella la Cattolica in Spagna (2011), e l’attività come docente e lecturer presso Domus Academy, Harvard University e Politecnico di Milano.
Questo ritorno, attraverso un ampliamento del campo d'azione del design, alla scala dell'architettura è mediato da diversi livelli di ricerca. Urquiola ha innanzitutto concepito diversi sistemi di arredo alla scala dell'intero ambiente (come la cucina Salinas del 2015 per Boffi) ed esteso direttamente la progettazione dal singolo oggetto allo spazio abitativo integrato, come nel caso dei suoi studi sul bagno realizzati per Axor-Hansgrohe nel 2008. Un altro luogo intermedio del progetto esplorato da Urquiola è quello dell'allestimento, da quelli vari per brand in destinazione tanto commerciale quanto curatoriale (fiere ed eventi come le Design Week milanesi) a quello di intere mostre, come Ferrari: Under the Skin al Design Museum di Londra per i 70 anni della Casa di Maranello, o la mostra dedicata al suo maestro Achille Castiglioni (A Castiglioni, Triennale di Milano, 2018).
I temi progettuali caratteristici della designer asturiana si ritrovano nel suo passare alla scala completamente architettonica. Nel campo degli interni ha realizzato molto in ambito retail, come i numerosi showroom tra cui quelli per Molteni a Milano (le installazioni del 2009) e Tokyo (2015) o per Moroso e Flos a Londra (2009). Ha poi dedicato molta attenzione al tema di una ricettività degli ambienti capace di integrare — e a volte, invece, alternare — saperi e culture locali con ricerche materiali innovative (come nel recente ristorante Eneko di Bilbao, del 2018, o ancora nello showroom Molteni di Tokyo); reinterpretazioni di una dimensione domestica e valorizzazione di preesistenze con ricchezza di dettagli mirati ad ottenere un unicità dell'esperienza dello spazio (come nelle molte strutture ricettive da lei concepite: il Room Mate hotel Giulia a Milano (2014) come il Mandarin Oriental a Barcellona (2010); la sauna del Four Seasons di Milano (2011) e il Das Stue a Berlino del 2012 come il Sereno hotel sul lago di Como del 2016).