Nel video di “Hello” del 2015, Adele dice scusa prima di chiudere il suo telefono a conchiglia. Apparentemente per il segnale scarso, o forse per via della sua assenza dalle scene durata anni, ma riflettendo potrebbe essersi scusata per rialimentare l’interesse in quelle reliquie del primo decennio del 2000: tre anni più tardi le maggiori aziende di smartphone fanno a gara per combinare i formati più popolari dei cellulari degli ultimi due decenni, fondendo gli schermi pieghevoli nello stampo a conchiglia.
Royole, un nuovo brand cinese, è stato il primo a debuttare con un foldable questo novembre a San Francisco, con un telefono non certo sottilissimo chiamato Flexpai, che costerà più di 1000 euro al suo lancio. Un giornalista di Verge l’ha provato, commentando che lo schermo pieghevole funziona proprio come descritto, nonostante la scocca decisamente non entusiasmante sotto il profilo estetico.
Di lì a poco, Samsung ha presentato il suo Galaxy “F”, e le prime notizie suggeriscono che sarà prodotto in un numero ridotto per capire quanto interesse possa raccogliere. Secondo le voci di corridoio, anche il secondo più grande produttore di smartphone al mondo, Huawei, è al lavoro su un dispositivo pieghevole, come un’altra compagnia cinese, Xiaomi, con data di lancio entro il 2019.
Per ora quello che sappiamo di questi telefoni è piuttosto limitato: sono ancora in uno stato di sperimentazione e da alcuni rapporti lo smartphone pieghevole di Samsung può in realtà piegarsi soltanto 200mila volte prima di trasformarsi in un pieghevole che non si piega più. Ma esiste davvero un interesse per questi dispositivi retrofuturistici? Al di là della novità, perché qualcuno vorrebbe comprarli, considerati anche i costi? E poi i normali smartphone senza custodia non sono già abbastanza a rischio di schiantarsi in mille pezzi?
Nonostante questo, gli analisti sembrano fiduciosi. IHS Markit, usualmente affidabile, prevede un boom nelle consegne di schermi AMOLED pieghevoli, che dovrebbero raggiungere i 50 milioni di unità nel 2025.
Ma esiste davvero un interesse per questi dispositivi retrofuturistici?
Le fiere di elettronica di consumo fino a non troppo tempo fa erano dominate da tv 3D estremamente costose. I produttori, i blog, i venditori, le riviste e i produttori di contenuti erano tutti in sella all’hype, ma poi le vendite non sono state quelle che ci si aspettava.
La componente sociale del guardare un film insieme veniva eliminata da ingombranti visori o occhiali che toglievano la vista periferica delle persone con cui solitamente ti diverti a guardare un film: amici, la famiglia, il partner. I primi modelli poi avevano un angolo di visione limitato, con il risultato che c’era bisogno di sedersi esattamente di fronte al dispositivo, e niente di questo era particolarmente divertente, a parte la mera novità della cosa. Ora il mercato tv è dominato da apparecchi ad altissima risoluzione e non più 3D: fanno quello che i televisori hanno sempre fatto, ma molto molto meglio.
Nonostante questo, il brevissimo boom dei tv 3D ha aiutato i produttori di schermi piatti a liberarsi di un eccesso di schermi.
L’elettronica di consumo è un business incredibilmente volubile. Il ritmo a cui si muove può sembrare senza precedente, e i maggiori produttori sono costantemente in cerca di trovate per rilanciare gli acquisti di telefoni, tablet, portatili, console, orologi e così via.
È difficile non essere cinici a riguardo dei telefoni pieghevoli oggi. Ma non mi dispiacerebbe essere contraddetto un giorno.