Testo di Fulvia Grandizio
C'è fusione profonda tra mondo naturale e mondo mentale nella fotografia di Alessio Guarino. Il suo sguardo sa cogliere il legame tra giardino e paesaggio, suggerire lo scarto tra naturalità e artificio progettuale. Guarino fa della luce la sua complice inconsapevole: ora cruda nello stagliare i profili delle dimore e degli alberi contro cieli di nuvole barocche, ora morbida nel pennellare le ombre sulle texture vegetali di prati, foglie, siepi. I suoi scatti non rappresentano il paesaggio, ci sono dentro. Se c'è interpretazione è nel guidare l'osservatore nella comprensione del procedimento di pensiero che ha orientato le scelte progettuali di Porcinai.
Il fotografo possiede l'istinto di evocare immagini ancestrali, mettendo a confronto il paesaggio antropizzato della campagna toscana con il paesaggio "controllato" progettato del giardino. E così, osservando le immagini, ti ritrovi a immedesimarti nella mente del progettista del giardino quando ha "ascoltato" il sito per coglierne il genius loci e, come in un gioco di scatole cinesi, nella mente delle generazioni di uomini che con la loro opera hanno plasmato l'ambiente naturale che accoglie il giardino, di quelli che ne hanno semplicemente goduto la bellezza o che, come Guarino, ne hanno tratto ispirazione artistica e, colmo di significati espressi e taciuti, diventi anche tu parte del divenire del paesaggio. Fulvia Grandizio
Testo di Marco Mazzi
Il Novecento ha spesso dimostrato di pensare che la compiuta teorizzazione di un lessico stilistico non sia costretta a confrontarsi con una tradizione consolidata, ma debba piuttosto infrangere quegli schemi e quelle istanze formali che producono un determinato codice estetico. La rigidità della metodologia, spesso segnata da un contrasto esplicito con dei modelli canonici ed epistemologici ancora legati al passato, ha cercato, con le esperienze di Bauhaus, di Futurismo, di Dada e Surrealismo, di liberare l'arte da legami di dipendenza con forme espressive obsolete e linguisticamente infedeli alla proposta originaria di un'arte che avrebbe dovuto risolvere il rapporto antitetico e ideologico, legando l'individuo alla realtà sociale e culturale del suo tempo. I giardini del paesaggista fiorentino Pietro Porcinai (1910-1986) rappresentano una griglia interpretativa che ci permette di cogliere la complessità dell'esperienza e della meditazione sul paesaggio moderno, inteso come disegno totalistico, fondato sull'espressione di una visione del mondo su cui si colloca l'esperienza umana e immaginaria dell'infinito.