Per quanto possa sembrare strano, un buon punto di partenza per una critica dell’“ambiente terapeutico” è Charles Jencks. Il grande teorico aveva scritto già nel 1977 un’opera storica sull’uso di tratti simbolici e ironici del linguaggio visivo nell’architettura postmoderna. Gli edifici erano pensati come una “gigantesca metafora che proclama la loro funzione”.
Un esempio di questa architettura retorica è l’Odakuyu Drive-In Restaurant progettato da Kurokawa. Consisteva in una struttura d’acciaio con un contenitore galleggiante (in riferimento alla sua funzione di ristorante) e in un telo da vele anch’esso galleggiante (in riferimento alla funzione di bar). Casa Batlló di Antoni Gaudí è anch’essa un esempio di edificio che genera nuovi significati tramite un gran numero di metafore e di riferimenti simbolici.
Meno noto è il ruolo di Charles Jencks nello sviluppo di Maggie’s, fondazione per l’assistenza ai malati di cancro istituita dopo la morte della moglie. Dal 1995 in tutta la Gran Bretagna sono stati fondati circa venti centri di assistenza. Sono concepiti come centri autonomi che affiancano i principali ospedali del Servizio sanitario nazionale.
Meno noto è il ruolo di Charles Jencks nello sviluppo di Maggie’s
Di progettare questi Maggie’s Centre sono stati incaricati alcuni architetti di primo piano. Rem Koolhaas, Zaha Hadid, Kisho Kurokawa, Richard Rogers, Norman Foster, Frank O. Gehry e molti altri celebri architetti sono autori di tutta una serie di interessanti edifici, uno più folle e più bizzarro d’aspetto dell'altro. Lo scopo era istituire una ‘piastra di Petri architettonica’ in cui ,sulla base degli stessi requisiti, si creavano forme completamente diverse.
Per esempio la “centralità della cucina” è un elemento ricorrente nei progetti di tutti i Maggie’s Centre. Ognuno è costruito intorno a una cucina collocata centralmente all’ingresso dell’edificio. La cucina è simbolo di ospitalità e di incontro. In queste cucine si dispiega la logica postmoderna degli anni Settanta. In realtà l’intero edificio è un gigantesco monumento che si contrappone alle fabbriche ospedaliere istituzionali.
L’architettura simbolica si rivelò un’interessante prospettiva commerciale. Con una certa ironia Jencks ammette apertamente che l’impegno dell’impressionante elenco di divi dell’architettura ha procurato parecchia pubblicità gratuita su giornali e riviste. L’architettura simbolica andava benissimo per raccogliere finanziamenti. Tuttavia la domanda fondamentale è se l’architettura abbia anche un’incidenza positiva sulla salute.
In uno dei suoi saggi Jencks descrive come, nel corso di un’intervista radiofonica della BBC, si trovasse in imbarazzo proprio di fronte a questa domanda. Era sua opinione che, se anche l’architettura avesse un’incidenza positiva, sarebbe comunque praticamente impossibile verificarlo. Nei momenti del dolore e del lutto un’espressione come “ambiente terapeutico” suona profondamente inadeguata.
Jencks racconta poi come, nella stessa intervista, venisse contraddetto da un medico del Servizio sanitario nazionale, appassionato devoto dell’architettura simbolica. Il medico vedeva l’importanza dell’eccezionale qualità dei Maggie’s Centre non nella supposta capacità terapeutica, ma nella gradevolezza dell’ambiente di lavoro. Sosteneva che il personale medico che sta bene fornisce cure migliori a chi ne ha bisogno.
L’architettura genera un effetto psicologico sul personale: il medico appare un perfetto discepolo del Postmodernismo
In questo caso l’incidenza dell’architettura dell’assistenza mostra un lato differente. L’architettura genera prima di tutto un effetto psicologico sul personale. Sotto questo aspetto il medico appare un perfetto discepolo del Postmodernismo. Cosa più importante è l’ampliamento del tema dell’architettura dell’assistenza. Il medico spostava il centro del concetto di “ambiente terapeutico” dal paziente al personale.
Jencks colloca il secondo effetto psicologico dell’architettura dei Maggie’s Centre in quello che definisce l’“effetto Hawthorne”. Il personale non si sentiva meglio in conseguenza di un nesso causale diretto tra forma o colore e comportamento umano, ma perché per la prima volta gli si chiedeva da parte della direzione che cosa significasse concretamente uno spazio di assistenza di alta qualità nel luogo di lavoro.
Il progetto degli ospedali viene considerato troppo spesso come una tecnocratica applicazione allo spazio di una visione statica della terapia
Il che sposta ulteriormente la discussione sull’architettura dell’assistenza. Al di là del progetto di uno specifico spazio, un ambiente terapeutico è questione che riguarda anche la meticolosità del processo progettuale. Il progetto degli ospedali viene considerato troppo spesso come una tecnocratica applicazione allo spazio di una visione statica della terapia. I Maggie’s Centre dimostrano invece come l’architettura si faccia realtà attraverso una profonda considerazione dell’utente.
Meglio di tutto sarebbe non concedere l’etichetta di “ambiente terapeutico” con troppa facilità, come scusa a buon mercato per la nuova decorazione di vecchi ospedali. L’architettura dell’assistenza richiede in primo luogo una nuova cultura del progetto, in cui l’attenzione critica può essere applicata dagli uffici direzionali al posto di lavoro.