ecologEAST

Al PAV l’indagine sul rapporto tra arte, politica ed ecologia prosegue con una mostra dedicata alle ricerche sulla salvaguardia dell’ambiente degli artisti est europei tra gli anni ’60 e ’70.

Ana Lupas, Humid installation, 1970, fotografia stampata su carta, 70x100 cm, Courtesy dell'artista e P420 Gallery, Bologna
Curata da Marco Scotini, “EcologEAST” è la prima mostra a presentare in Italia le ricerche artistiche di un’avanguardia non ufficiale impegnata con l’ambiente e disseminata soprattutto nel Centro Europa: dalla Polonia alla ex-Cecoslovacchia, dalla Romania all’Ungheria e alla ex-Jugoslavia.

All’inizio degli anni Settanta la questione ambientale, che in Occidente emerge in tutta la sua evidenza, non pare arrestarsi di fronte alla Cortina di Ferro. E ciò non perché la crisi della natura si pone, per statuto, come esterna all’economia, alla società e alla politica e dunque sarebbe tale da spiegarsi da sola. Ma all’opposto, proprio perché l’origine del degrado è tutta interna a questi fattori, dobbiamo chiederci cosa è allora che accomuna tanto l’Est che l’Ovest sotto questo aspetto.

Uno dei padri dell’ecologia politica come André Gorz risponde, a caldo, che il problema sta nell’aver concepito in entrambi i casi la “crescita” come la terapia di tutti i mali.

Petr Štembera, serie di fotografie: Transposition of Two Stones (1971); Sleeping on the tree (1975); Eating the Leaf Dduring a Few Days Ascetism (1973), Courtesy dell'artista e P420 Gallery, Bologna
Petr Štembera, serie di fotografie: Transposition of Two Stones (1971); Sleeping on the tree (1975); Eating the Leaf During a Few Days Ascetism (1973), Courtesy dell'artista e P420 Gallery, Bologna

Contro-cultura post sessantottesca, innovazione tecnologica e dibattito ecologico sono al centro di una nuova tendenza radicale che dalla seconda metà degli anni Sessanta vede una serie di artisti dell’est, in differenti contesti regionali, sviluppare una moltiplicazione di pratiche effimere (performative e concettuali) come azioni dirette svolte per lo più nell’ambiente naturale ai margini delle città e registrate in documentazioni fotografiche, oppure denunce dell’inquinamento attraverso video o cartoline, mappe grafiche e cosmologie visive come nel caso di Rudolf Sikora, recuperi delle tradizioni locali e ricorso a materiali organici (Imre Bukta, Teresa Murak e Ana Lupas), impianti d’irrigazione e associazioni comunitarie come quella inaugurata dal Gruppo OHO vicino Šempas, oppure manifestazioni pubbliche urbane con coinvolgimento del pubblico, come nel caso del TOK Grupa di Zagabria.

L’importanza di queste azioni molecolari sta nel rapporto inverso tra visibilità e invisibilità che esse mettono in scena così come nella fine della prospettiva umanistica che perseguono, tanto in Petr Štembera che in Gruppo OHO o in Pécsi Műhely, tra gli altri. Il paesaggio ne risulta trasformato quasi impercettibilmente proprio perché ogni gerarchia tra uomo e natura viene annullata. Ma soprattutto il compito che sta dietro queste azioni è la loro possibilità di criticare indirettamente temi politici del momento servendosi però del concetto di crisi ambientale che, come tale, sembrava apparentemente svincolato da implicazioni espressamente ideologiche. Mentre, al contrario, l’intento era proprio quello di rivendicare una soluzione politica.


fino al 26 giugno 2016
ecologEAST
Arte e Natura al di là del Muro

Peter Bartoš, Imre Bukta, Stano Filko, Ana Lupas, Teresa Murak, Gruppo OHO, Pécsi Műhely, Zorka Ságlová, Rudolf Sikora, Petr Štembera, Gruppo TOK, Jiří Valoch
a cura di Marco Scotini
PAV
via Giordano Bruno 31, Torino

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