Nel Costruttivismo si fanno comunemente confluire le evoluzioni delle avanguardie russe all’indomani della rivoluzione del 1917.
Questo evento determina infatti una svolta per molte correnti che, da diverse direzioni, si stavano contrapponendo a classicismi e accademismi: dalle tendenze romantiche il cui eclettismo riscopriva la cultura nazionale, alle esperienze dei laboratori artigiani che intendevano dare nuova vita all’artigianato tradizionale slavo; dalla pittura espressionista del Circolo di Abramtsevo fino all’Organizzazione per la Cultura Proletaria, il Proletkult, fondata nel 1906 dall’economista Aleksandr Bogdanov, che si poneva lo scopo di costruire la cultura per una nuova collettività, “dove scienza industria e arte si dovevano unire per innalzare sia la cultura tradizionale sia la produzione materiale” (Frampton, 2000). La grafica assume un ruolo cruciale nello riunire attorno a messaggi nuovi espressi in toni e codici visuali dirompenti una popolazione intera, in larga parte analfabeta.
Nella Russia post-rivoluzionaria prende dunque piede un discorso di sintesi tra le arti, la produzione, la tecnica e l’ideologia, che si sviluppa parallelo — e in larga parte analogo — a quello del coevo Bauhaus, che ne sarà anche influenzato. Nel 1920 infatti vengono creati l’Inkhuk (Istituto di Cultura Artistica) e i Vkhutemas (Studi Superiori Artistici e Tecnici) che articolano questo approccio e dove già si delineano correnti differenti nella sua applicazione. L’arte di totale astrazione del suprematismo di Kazimir Malevič — e anche di Wassily Kandisnsky nei suoi anni pre-Bauhaus — era contrastata dalle proposte di Vladimir Tatlin, Aleksandr Rodchenko, Aleksei Gan.
Il Costruttivismo è infatti definibile come movimento, perché si riunisce attorno a manifesti, addirittura a più di uno. Ci sono infatti il Manifesto del Realismo (1920) di Naum Gabo e Anton Pevsner e il Programma del Gruppo produttivista (1920) di Rodchenko, Vesnin, Liubov Popova e Varvara Stepanova (in seguito messi a sistema da Konstruktivizm di Gan, 1922) a incarnare le due nature dell’approccio alle arti nel periodo della Rivoluzione. La corrente cosiddetta produttivista, più legata alle capacità espressive della tecnica, è incarnata dal progetto di Tatlin per un Monumento alla Terza Internazionale (1919-20), un intreccio di due tralicci a spirale che salendo fino a 400 metri di altezza doveva sostenere una serie di volumi trasparenti, rotanti a velocità diverse.
Una figura trasversale a discipline e posizioni sarà, invece, quella di El Lissitzky, che traduce in forme architettoniche le composizioni spaziali dei Proun, forme ibride tra arte e architettura, evoluzioni delle astrazioni suprematiste di Malevich, presenti nelle iconiche visioni che Lissitzky produrrà di grattacieli orizzontali, o nel suo progetto del 1920 di una tribuna per Lenin.
Anche nell’ambito specificamente architettonico, poi, il Costruttivismo si esprime con un ulteriore molteplicità di voci. Oltre alle vicende di Tatlin, o dei fratelli Vesnin, noti per progetti come la sede per la Leningradskaja Pravda a Mosca del 1924, si apre in seno ai Vhutemas quella dell’Asnova (Associazione dei nuovi architetti), formata su iniziativa di Nikolai Ladovsky, cui si uniscono El Lissitzky ed un altro architetto di cruciale importanza, Konstantin Melnikov. Quest’ultimo tradurrà in molti iconici progetti — realizzati e non — una sintesi tra le linee del sapere artigianale russo (Mercato Sucharev a Mosca, 1924-5) e quelle che davano il primato alle geometrie come strumento per veicolare messaggi e impianti ideologici, tramite lo spazio sia pubblico (padiglione dell’URSS all’Exposition des Arts Décoratifs di Parigi, 1925) sia privato (come mostrato dalla sua casa-studio cilindrica presso Mosca, del 1927 ).
Con un cambio delle priorità politiche ed economiche dello Stato sovietico all’instaurarsi della Nuova Politica Economica (1924), la casa diviene ufficialmente “la questione più importante per la vita dei lavoratori” (Frampton, 2000) e in critica al presunto formalismo circolante nei Vkhutemas si crea il gruppo OSA, diretto da Moisei Ginzburg. Il suo complesso residenziale Narkomfin a Mosca (1929), incarna in architettura questa svolta politica, con la grande enfasi data agli spazi comuni, la riduzione delle unità private e le estetiche ricondotte ad una essenziale funzionalità. Il discepolo di Ginzburg, Ivan Leonidov, vorrà ancora invece conciliare nuove linee politiche e principi suprematisti, progettando megastrutture pubbliche dal carattere fantascientifico, come l’istituto Lenin per Mosca, del 1927.
La stagione costruttivista, già minata lungo il suo percorso da varie divergenze tra governo e intellettuali, giunse alla sua conclusione col venire meno dei principi internazionalisti del socialismo sovietico, che con l’età stalinista incalzante dagli anni ’30, si riorienta su un nazionalismo russo e su una collegata immagine improntata a un monumentalismo storicista.