Capire come, attraverso una particolare maniera di lavorare, nasce e si sviluppa il processo creativo è sempre stata materia di ricerca per studiosi e filosofi. Spesso, il luogo del lavoro è un fattore determinante. Artisti e architetti scelgono con attenzione il loro atelier, specchio della loro personalità e delle loro opere.
Le Corbusier, per esempio, aveva uno spazio per dipingere diverso da quello che usava per fare architettura. Era un luogo a lui molto caro, al settimo e ottavo piano di un edificio parigino nella zona di Porte Molitor. Vi si recava ogni mattina, dipingeva per ore e lasciava i suoi grandi quadri esposti in una stanza caratterizzata da pareti con mattoni a vista. Allo stesso tempo, amava però anche lavorare nel suo Cabanon, piccola casa/studio di fronte al mare, a Cap-Martin nel sud della Francia.
Diana Carta: Seguendo il filo di questo discorso, può raccontarci in che modo lei si rapporta al luogo dove lavora e, in particolare, al suo piccolo studio Round Lake Hut?
Steven Holl: Per me il vero luogo della contemplazione è questo aquerello di 12,5 x 18 cm. Da oltre 30 anni lavoro in questo modo: il primo schizzo, o meglio il primo schizzo concettuale di ogni mio progetto inizia in qualche modo da qui. E posso farlo solo in questo formato perché questa dimensione mi permette di lavorare ovunque mi trovi, perfino sul tavolino di un aereo, nei miei viaggi tra gli Stati Uniti e la Cina. Anche quando il quaderno è aperto, ho lo spazio per tenere al suo fianco i colori e dell’acqua per lavorare con questa tecnica. È questo quindi il vero luogo del mio lavoro, una superficie 12,5 x 18 cm; ci sono sono ben 20.000 acquerelli archiviati qui in studio. Ho un tavolo per disegnare anche nel mio appartamento nel Village, ma il mio luogo preferito è a bordo lago, nel Round Lake Hut. Questa maniera di lavorare crea – per così dire – una regola che mi consente di avere una visione chiara e completa di quello che sto facendo. Tutto viene archiviato in ordine cronologico e così mentre lavoro su un progetto posso vedere cosa è accaduto prima e cosa invece sta andando avanti e quale direzione sta prendendo. Ritengo poi che sia importante studiare il programma, analizzare tutti gli aspetti del progetto e visitare il sito; ma non puoi prevedere quando si presenterà la vera idea creativa. Il mio metodo è iniziare a disegnare la mattina presto, subito dopo essermi svegliato, ancora prima di fare colazione o di parlare con qualcuno. Prendo solo del tè verde e preferisco rinviare la lettura dei quotidiani, nel corso della giornata, proprio per non interrompere questo momento poetico. Lavoro così per una o due ore facendo disegni e acquerelli che non sempre riguardano il progetto.
Diana Carta: La presenza del lago è un elemento che ha portato alla scelta di questo luogo? Osservando la mappa, è ampio quasi quanto l’area dell’intera proprietà. Inoltre ho letto delle origini norvegesi della sua famiglia e, in qualche modo, questo paesaggio richiama i laghi e boschi di quel Paese.
Steven Holl: Il lago, o meglio la presenza dell’acqua, richiama il paesaggio dove sono cresciuto a Puget Sound, Seattle. Sembra veramente scandinavo. Quando il sole sorge, si crea una condizione di luce incredibile, riflessa nell’acqua. A Rhinebeck il lago è una presenza forte nel paesaggio; la sua dimensione è quasi uguale a quella dell’intera proprietà. Lo specchio d’acqua enfatizza la presenza dei colori del cielo, degli alberi che cambiano con le stagioni. E il riflesso dei colori a volte è ancora più intenso del colore dell’elemento stesso. Quando lavoro nel Round Lake Hut, posso sentire questo profondo legame con la terra, ma allo stesso tempo la mia mente è legata ai contesti e situazioni dove si realizzano i miei lavori. Per esempio, questo disegno riguarda un progetto di concorso per il New Shanghai Museum in Cina, ed è stato fatto all’interno del Round Lake Hut: ero lì, ma la mia mente era rivolta ai problemi di Shanghai. Questa idea progettuale nasce dal rapporto dialettico tra ciò che è poetico e ciò che è sistematico. Ho pensato a una lezione tenuta da Karl Popper chiamata “Clouds and Clocks”. Le nuvole sono l’elemento poetico e gli orologi rappresentano tutto ciò che è pragmatico, che nel progetto corrisponde alla griglia sistematica degli uffici. Ora ci stanno lavorando 10 persone per la preparazione di 16 tavole e tre plastici; ma tutto è iniziato qui e su questi due fogli.
Diana Carta: Osservando la planimetria dell’area, il Round Lake Hut sembra far parte di un progetto di più ampia scala…
Steven Holl: Si, è un progetto che coinvolge tutti gli 11 ettari di terreno della proprietà. Tra gli elementi che caratterizzano quest’area, c’è il T-Space che è operativo come galleria da ormai cinque anni. Attraverso la conversione di un rifugio da caccia già esistente abbiamo ottenuto poi un secondo spazio espositivo e, a fianco a questo, si trova uno degli ultimi lavori sperimentali dello studio: Exploration of In. Sarà una residenza per artisti, le installazioni a volte richiedono giorni di allestimento e l’artista, volendo, può quindi vivere nel luogo dove il suo lavoro verrà esposto.
Diana Carta: Ho letto che questo spazio interno è il risultato dell’intersezione di quattro sfere. Inoltre è una riflessione sul significato dello spazio, interno ed esterno, su cio che è contenuto e ciò che contiene.
Steven Holl: Quest’ultimo spazio nasce dalla compressione e intersezione di quattro sfere con un Tesseract e la casa rappresenta una sorta di memoria vuota del lago. Michael Bell l’ha appunto chiamata “A lake of the mind”.
Diana Carta: Pensando a questi diversi edifici nell’insieme, il Round Lake Hut rappresenta il luogo dove nascono le idee ma allo stesso tempo appartiene anche al luogo dove viene costruita e sperimetata la sua architettura. Potrebbe essere considerato come un punto di partenza (e di ritorno) di un ciclo continuo della sua produzione architettonica?
Steven Holl: Recentemente ho tenuto una lezione che ho chiamato “Time in architecture”, nella quale ho identificato nove tipi di tempo e vorrei fare una riflessione sulla durata degli edifici che vengono realizzati oggi e che, essendo spesso pensati come qualcosa di temporaneo, sono realizzati con materiali economici. Mi piace invece pensare all’architettura come a qualcosa che ha una vita, che prosegue nel tempo. Nel 2017, il mio progetto della capella di Sant’Ignazio compirà 20 anni ed è rimasta in perfette condizioni, fatta semplicemente di cemento. Mi piace poi l’idea che a Princeton stiamo costruendo l’edificio Lewis Center for Perfoming Art utilizzando la pietra di Lecce. È una pietra che ha 21 milioni di anni e proviene da una cava aperta fin tempi dei Romani, da quindi circa 2.000 anni. Trovo interessante questo aspetto temporale dell’architettura. Penso ai Greci e alla loro concezione del tempo circolare, sequenziale, mitica, che ha permesso loro di perfezionare costantemente quello che facevano, in un movimento ciclico, e li ha resi così perfetti nel fare architettura. Oggi, all’opposto, il tempo è concepito in maniera lineare, e questo porta alla continua necessità di avere sempre qualcosa pronto, passando da una moda a un’altra in una linea appunto continua, che non si sa dove porta.
Penso che il ciclo delle stagioni sia una cosa importante: permette di rimanere ancorati, ma allo stesso tempo non va lungo una direzione lineare. Questo mi dà equilibrio. Inoltre l’idea del sequenziale, del mitico, è circolare e comprende diverse cose. Cos’altro è circolare? La luna, il ventre di ogni madre, la comunità dove viviamo e la famiglia sono circolari. Viviamo sulla Terra che è circolare, i pianeti e il loro moto sono anch’essi circolari.
Tutte queste dimensioni di circolarità hanno a che fare anche con la comprensione di ciò che riguarda l’interno. Per questo mi piace usare la metafora di quattro sfere che s’intersecano: è come un “Lake of mind”, perché riguarda un’ulteriore compressione verso qualcosa che è sempre più piccolo. Avremmo potuto costruire qualsiasi cosa in quest’ampia riserva, no? Abbiamo fatto invece una piccolo casa di 85 mq, ma lo spirito dello spazio non è piccolo quando vi si entra: tutto è curvo e spazioso e si percepisce l’intersezione delle sfere quindi sì, è una “questione mentale”.
Diana Carta: Come vede il futuro sviluppo di questo luogo?
Steven Holl: L’obbiettivo è preservare il paesaggio. È come una riserva naturale. È un progetto che prevede invece un ritorno alla natura. È ben chiaro quale spazio è occupato dall’uomo e quale invece dall’ambiente naturale. È un terreno nel quale era prevista una divisione della proprietò in cinque parti per destinarla ad altrettante abitazioni. La nostra operazione è stata riunire questi lotti in un unico terreno per poi localizzare al suo centro una piccola casa di legno, nata dall’intersezione di queste quattro sfere.
Diana Carta: Osservando attentamente il suo lavoro, c’è una sorta di polarità tra i progetti costruiti nella campagna – dove la scala è contenuta e sono ancorati a contesti naturali molto forti – e i grandi progetti urbani – anch’essi ancorati al luogo, ma allo stesso tempo proiettati verso il futuro sviluppo della città in una scala più grande, urbana. Dicevamo poco fa che, a volte, il luogo del lavoro riflette un legame con il lavoro stesso.
Steven Holl: Nel mio lavoro ci sono entrambi. Progetti ad alta densità in contesti altamente urbanizzati, con edifici “ibridi” e multifunzionali; insieme con progetti isolati, inseriti in un contesto completamente diverso, naturale. Molti dei miei progetti urbani in Cina – come l’Horizontal Skyscraper a Shenzhen – sono stati disegnati qui, nell’Hut. È incredibile l’estremo cambio di scala e come, lavorando su un foglio di soli 12,5 x 18 cm, si possa vedere prendere forma un progetto di grattacielo orizzontale da 190.000 mq.
Diana Carta: Cosa pensa riguardo queste due diverse direzioni del suo lavoro?
Steven Holl: Adoro questa cosa. Credo fermamente nell’urbanesimo. Nei progetti ai margini delle città, nell’idea di creare una maggiore abitabilità all’interno del contesto urbano con edifici “ibridi” e la possibilità quindi di creare una densità che garantisca la qualità del vivere. Ritengo sia molto importante la presenza degli spazi pubblici nel mezzo, che diventano un nuovo spazio urbano con diversi tipi di abitazioni, funzioni culturali ed educative, luoghi commerciali, del lavoro, culturali, cinema, e così via. Allo stesso tempo, credo che sia altrettanto importante preservare il paesaggio naturale. Il processo del pensiero umano ha bisogno di essere collegato con il ciclo della natura e delle stagioni.