Come ti è venuta l’idea di avviare questo progetto?
Da più di vent’anni la mia pratica artistica ha sempre avuto bisogno degli altri per realizzarsi, i miei sono stati sempre progetti tran-settoriali e condivisi.
L’arte, la politica e il sociale sono gli ambiti da cui sono partita, lo strumento quello del laboratorio di ricerca, la formalizzazione dell’opera il risultato di un processo.
Nel 2008 sono tornata in Italia dopo tre anni e mezzo in Argentina dove ho collaborato con associazioni di base in contesti di marginalità sociale ed economica attuando dei percorsi di arte per la trasformazione comunitaria. La Fondazione con il Sud in quel momento aveva aperto un bando su progetti speciali e innovativi da realizzarsi in Sud Italia, a cui potevano accedere anche persone singole. Lì ho canalizzato diversi desideri, vivere in Puglia, mia terra d’origine per parte materna, e realizzare dei laboratori con persone che stimavo.
Così ho immaginato GAP, il territorio come galleria d’arte partecipata.
Perché a Lecce?
Alcuni progetti già avviati dalle associazioni partner erano molto interessanti e complessi, forti della partecipazione delle comunità nei loro territori (come ad esempio il LUA Laboratorio Urbano Aperto, poi diventata l’associazione proponente di GAP, con il bellissimo progetto “Abitare i Paduli”), altre associazioni più giovani invece avevano in sé un forte potenziale e quell’urgenza che avrebbe fatto sperare in una buona riuscita del progetto.
Progetti di questa natura sono ormai relativamente diffusi e non solo in Italia. Ci sono problemi nella gestione di un simile progetto che sono specifici di quel territorio?
Non è stato semplice arrivare da un altro contesto e confrontarsi con dinamiche culturali e politiche preesistenti, costruire relazioni di scambio dove ad ogni soggetto era richiesto di fare un passo verso qualcosa di nuovo o altro da sé. Lavoriamo ogni giorno per costruire un equilibrio dinamico che sappia valorizzare l’esistente arricchendosi però di nuove forze ed esperienze.
E risultati specifici, locali?
I risultati sono stati tanti, alcuni più tangibili, altri fatti di riflessioni che si sono aperte.
Abbiamo lavorato con quattro associazioni (laboratorio urbano aperto, Manifatture knos, Ramdom, Pepe Nero, che rappresenta la rete dei caselli ferroviari) che a loro volta hanno convolto altri con artisti e gruppi nazionali e internazionali. Ogni associazione ha lavorato su un contesto specifico.
LUA ha realizzato insieme all’artista dem il laboratorio Creature, un campo d’arte e natura per bambini all’interno del Parco dei Paduli, e ora insieme a un gruppo di grafici napoletani di Dopolavoro stanno realizzando una mappa interattiva del parco.
Ramdom ha aperto Un’indagine sulle terre estreme tra Leuca e Gagliano, invitando gli artisti Luca Coclite, Andreco e Alessandro Carboni a realizzare un laboratorio e tre interventi d’arte pubblica.
Con le Manifatture knos abbiamo sviluppato due azioni: il primo laboratorio Giardino Radicale è un intervento di trasformazione delle sale comuni in una sezione del carcere maschile di Lecce, realizzato insieme ai detenuti condotti dagli artisti Maurizio Buttazzo e Roberto dell’Orco; il secondo, Fragile è un laboratorio artistico aperto anche ad artisti con disagio sociale e psichico, nella prima fase condotto da Mauro Marino.
Con Pepe Nero invece stiamo lavorando, insieme a Luca di Meo, aka Wuming3, Moving Landscape, un laboratorio di scrittura e lettura sulle nuove drammaturgie del territorio.
Credi davvero che l’arte, che per sua natura non si dà come ‘utile’, possa produrre dei cambiamenti? Quali? A chi riesce a ‘parlare’?
L’arte per me rimane più che mai indispensabile per aprire e re-immaginare altre prospettive e nuove forme di relazione con il territorio di cui facciamo parte, portando occasioni di riflessione e interpretazione della contemporaneità, dell’umano e del collettivo.
Pensare a un progetto di arte per la trasformazione sociale vuol dire saper valorizzare i processi sociali ma anche saper rispondere con dei codici propri dei linguaggi dell’arte. Così si possono produrre dei veri cambiamenti, con onestà, realizzando un confronto che possa innescare una condivisione di esperienze e saperi. E quando l’arte si assume questo ruolo può parlare a tutti, artisti, detenuti, persone fragili, agricoltori, comunità. Le trasformazioni sono piccoli atti di crescita delle persone coinvolte: in questo progetto sono tanti piccoli gruppi di persone che si misurano con problemi di varia natura a cui dare soluzione. Anche se si tratta di soluzioni temporanee il processo utilizzato resta come patrimonio individuale e collettivo.
Ora siete a metà percorso, il progetto dura due anni. Quali i progetti ancora in corso?
Abbiamo realizzato, alla fine di luglio, Tana un workshop di autocostruzione, sull’abitare sostenibile, per la realizzazione e sperimentazione di rifugi temporanei e biodegradabili nel Parco dei Paduli.
Il laboratorio Moving landscape entrerà nella seconda fase con l’arrivo di quattro artisti internazionali che proporranno delle ricerche sul territorio, anche nelle Terre Estreme si continuerà l’indagine invitando nuovi artisti per un art extreme land camp.
Alle Manifatture knos arriveranno Wurmkos e rholing che operano nell'ambito dell'arte contemporanea con artisti con e senza disagio psichico; il regista Paolo Pisanelli costruirà insieme a persone non vedenti dei nuovi percorsi per conoscere la città di Lecce, partiranno dei laboratori aperti di fotografia e serigrafia, e i laboratori iniziati nel primo anno dovranno sviluppare delle azioni per realizzare la sostenibilità dei propri interventi.
Questo sarà il compito più arduo del progetto, far sì che quanto prodotto finora venga curato per poter generare nuove forze e azioni.