DOMUS: Casa Bern Heim Beuk, casa BM a M e casa Rot Ellen Berg sono tre progetti molto diversi tra loro, per budget, tipo di committenza e temi che affrontano, di conseguenza raccontano storie molto diverse. Qual è il filo conduttore che li lega?
Jo Taillieu: Da un certo punto di vista possiamo dire che il nostro studio si sta allargando, stiamo affrontando progetti sempre più grandi, ma quelli di piccole dimensioni continuano a rappresentare un importante campo di ricerca, non tanto dal punto di vista economico quanto da quello umano. In definitiva ogni progetto è un esperimento nel senso che ti permette di approfondire la ricerca su un determinato tema, dalla stratificazione dello spazio domestico alla relazione con il contesto.
Jan De Vylder: La connessione è che noi in qualsiasi momento, in qualsiasi condizione, ci disponiamo di fronte al progetto con l'attitudine che si ha di fronte a un foglio bianco. Non ci accingiamo a progettare con l'idea di applicare un repertorio precostituito di dettagli, nel senso di adattare ogni volta a un nuovo contesto un certo tipo di visione estetica. Ogni progetto esprime un proprio contesto. Contesto non significa solo il luogo ma comprende le persone, la cultura... L'imprenditore edile è contesto, il budget è contesto, come contesto sono i progetti che abbiamo già affrontato.


Nel nostro lavoro cerchiamo di evitare quegli elementi che diano l’impressione di una qual certa ‘identità aziendale’, per così dire. Per noi, l’architettura è ancora qualcosa che ha a che fare con la vita quotidiana.

Alla fine il tema dell'albero ha ispirato anche il disegno a croce delle fondazioni; per certi versi assomiglia al telaio che a tutt'altra scala è usato per gli alberi di Natale nel senso che mutua l'idea di appoggiare l'albero–pilastro a un sistema che distribuisca le forze al terreno senza che la casa si appoggi direttamente ad esso. La casa rimane sospesa per permettere alle radici di continuare a crescere sotto di essa.

Jo: Il sito della casa è un bosco, con molti alberi, e il tema era insediare una casa al suo interno. Non avevamo intenzione di perdere neanche un esemplare, perché la loro presenza è anche la ragione che rende così speciale questo luogo. Così, siamo partiti da un rilievo molto accurato degli alberi, della loro posizione e del loro diametro, e da qui abbiamo incominciato a disegnare. A un certo punto abbiamo disposto tutte le funzioni una accanto all'altra, e questa sequenza ha preso naturalmente la forma di un cerchio. Il cerchio offre il vantaggio di farti vivere in mezzo agli alberi. Dietro, davanti, attraverso… dovunque ci si volti ci sono solo alberi. La casa è parte della foresta. È un continuo tra gli alberi che non ha né fronte, né retro, né inizio, né fine: come il bosco. In un certo senso esprime il dilemma della casa infinita che ha una lunga storia.
Jan: Non si tratta di costringere le persone ad abitare in un concetto. Si tratta d'imparare, come architetto, a lasciare che il concetto cambi e si trasformi in architettura reale. Nel caso di questo progetto bisogna sottolineare che la casa non ha a che fare tanto con il concetto di cerchio quanto con quello di stanza, o meglio di sequenza di stanze.

Jan: Lampens potrebbe essere considerato un brutalista per il semplice fatto che usava il cemento per costruire, ma non credo affatto che il suo lavoro sia paragonabile al brutalismo per come si è espresso come movimento. Semplicemente conosceva il materiale e ne esprimeva la qualità.
Jo: Noi abbiamo lavorato a stretto contato con il costruttore per far emergere la tessitura del cemento, definendo per esempio, come far incontrare le tavole delle casseforme per creare un disegno che diventasse una sorta di decoro.

Jan: Il confine tra interno ed esterno è qualcosa che sei portato a esplorare. Probabilmente c'è una certa affinità con uno spirito giapponese rispetto al tema del rapporto tra interno ed esterno e alla presenza di uno spazio intermedio, ma ha molto in comune anche con il nostro mondo e il modo di abitare fiammingo. A noi interessa esplorare il significato di stanza. Nei nostri progetti, infatti, anche l'esterno è considerato, nel suo insieme, una stanza con accade per Bern Heim Beuk. La casa stessa è un insieme di stanze: qualcuna all'interno, qualcuna all'esterno dell'edificio. Penso che in futuro la differenza tra superficie reale (in termini di metri quadri) e percezione dello spazio sarà sempre più importante: è un tema piuttosto intrigante. Si fa un gran parlare di architettura sostenibile ma si rischia di ridurre tutto alla questione energetica. Penso invece che la percezione dello spazio non sia data solamente dalla quantità di metri quadri e che questa soluzione della stanza esterna offra una percezione dello spazio domestico che si estende ben oltre l'effettiva superficie a disposizione. La questione energetica si può risolvere riducendo il fabbisogno energetico e riducendo la superficie senza inficiare l'effettiva percezione dello spazio e senza bisogno di aumentare la quantità di materia necessaria all'isolamento. La tradizione stessa dell'abitare c'insegna che la gente era abituata, d'inverno, a ritirarsi in una parte della casa rispetto all'estate quando gli spazi si dilatavano: l'ambiente di vita cambiava con il ritmo delle stagioni. L'idea quindi è costruire più strati da aggiungere o togliere per ampliare o restringere lo spazio e servire da elemento di climatizzazione. Questo meccanismo emerge chiaramente nel progetto di casa Rot Ellen Berg.

Jan: Questo progetto ci ha dato l'occasione per approfondire la ricerca sul tema della stratificazione dello spazio domestico. Per noi è stato un esercizio interessante sul diverso modo di vivere durante l'inverno e l'estate. Abbiamo realizzato una casa di vetro, una specie di serra, dentro il perimetro della casa originale di mattoni. In inverno si chiude la parete scorrevole in vetro (la stufa riscalda l'ambiente), mentre d'estate si apre lo spazio creando un ambiente indistinto. È un meccanismo affine a quello descritto prima per il progetto della casa Bern Heim Beuk, ma più dinamico.
Casa Rot Ellen Berg sembra uno di quei progetti che possono esistere solo grazie allo speciale rapporto che si crea con i committenti: è un progetto che racconta molto bene la vostra idea di casa ma è anche uno straordinario ritratto della personalità dei due committenti. Com'è nato il vostro incontro?
Jan: La casa ha un connotato autobiografico perché è frutto di un processo di autocostruzione. La casa stessa si può leggere come un diario del progetto che prende forma nel corso degli accadimenti che si dispone a raccogliere. La sua storia ha inizio con una telefonata: un giorno ho risposto al telefono e a bruciapelo mi sono sentito chiedere se il nome di René Heyvaert mi dicesse qualcosa. Questo momento ha segnato l'incontro con i due committenti, Piet e Ellen, e l'inizio della nostra amicizia. Piet è una persona che ha molta dimestichezza con l'arte e l'architettura, e proprio su quest'affinità è scattata la nostra sintonia. Nella famosa telefonata ha introdotto la conversazione citando René Heyvaert, un architetto che adoriamo fin da quando eravamo studenti. Piet e Ellen avevano in parte ereditato e in parte acquistato questa casa che si trovava in pessime condizioni. Due giovani committenti, budget minimo, pessime condizioni di conservazione: che fare?
Melden è un tipico villaggio fiammingo di case di mattoni. Non avevamo intenzione di aggiungere nulla. Così quando si è trattato di trovare una soluzione per il rivestimento del muro esterno che determina il disegno della facciata a nord (data la necessità uno strato d'isolamento), abbiamo deciso di sovrapporre alle scandole a forma di diamante il disegno dei mattoni per non perderne la memoria.
Quando poi si è trattato di ricostruire il tetto, dato che l'ingegnere ha calcolato che la nuova struttura di legno doveva appoggiarsi su un cordolo continuo di cemento di 20 cm di spessore, poiché non ci convinceva l'idea di lasciare a vista la trave di cemento, abbiamo pensato di camuffarla con uno specchio che corre sotto la linea di gronda. L'uso degli specchi e il disegno dei mattoni sono gli unici interventi.
Per quanto riguarda l'interno, invece, dato che il budget si aggirava attorno a circa 70.000 €, abbiamo cercato un sistema compatibile con i meccanismi dell'autocostruzione. Tutto il sistema di costruzione contiene quest'idea di usare le componenti edilizie come elementi di un montaggio. Ci interessava definire una sorta di meccano con cui facilitare l'assemblaggio della casa e così abbiamo adottato un sistema prefabbricato usato per costruire i casseri per i getti di cemento insieme a un altro sistema, sempre prefabbricato, usato per realizzare le serre, e gli abbiamo adattati all'esigenze del contesto.

Jan: Sì, è stata una tappa importante proprio perché fino a quel momento (che coincide con l'invito di Kazuyo Sejima a partecipare alla Biennale di Venezia) non eravamo ancora arrivati a confrontarci con la richiesta di una riflessione sul nostro lavoro. Affrontando il progetto della mostra e dei libri abbiamo dovuto fare una riflessione alla radice. Alla fine abbiamo trovato la soluzione di una serie di stanze (e di capitoli) che raccontassero una serie di approcci (o di attitudini se preferite) per evitare di chiuderci in una visione definitiva e a senso unico. È l'approccio a contraddistinguere il nostro lavoro. Con tutte le dovute differenze, ci piace pensare che ci sia una similitudine con il modo che aveva Constantin Brancusi di rimontare gli oggetti e le sculture presenti nel suo studio ogni giorno in un modo diverso, che poi fermava in una fotografia con la macchina che gli aveva donato Man Ray. Gli approcci di cui parliamo non sono definitivi, assoluti. Nel nostro lavoro cerchiamo di evitare quegli elementi che diano l'impressione di una qual certa 'identità aziendale', per così dire. Per noi, l'architettura è ancora qualcosa che ha a che fare con la vita quotidiana.

Progetto: architecten de vylder vinck taillieu (Jan De Vylder, Inge Vinck, Jo Taillieu & Joris Van Huychem)
Design Team: Jan De Vylder, Inge Vinck, Jo Taillieu, Joris Van Huychem, Sander Rutgers, Lauren Dierickx
Strutture: Studieburomouton BVBA, Ghent
Finiture: Bouwonderneming Verfaillie BVBA, Beernem
Muratura: Martens BVBA Houten ramen en deuren, Sint-Laureins
Arredi: Atelier Ternier BVBA, Ghent, Atelier 7
Paesaggio: Patrick T'Hooft, The Flemish Primitives, Landegem and Paul Luttik
Superficie costruita: 304 m2
Concept: 2007—2011
House Bern Heim Beuk
Progetto: architecten de vylder vinck taillieu (Jan De Vylder, Inge Vinck, Jo Taillieu)
Design Team: Jan De Vylder, Inge Vinck, Jo Taillieu, Lauren Dierickx, Gosia Olchowska
Strutture: UTIL Structuurstudies CVBA, Bruxelles
Finitureg: Bouwonderneming Verfaillie BVBA, Beernem
Soffitti: Ducla BVBA, Beernem
Muratura: Dirk Janssens BVBA, Zaffelare
Total Floor Area: 99 m2
Concept: 2009—2011
Construzione: 12/2010—09/2011
House Rot Ellen Berg at O
Progetto: architecten de vylder vinck taillieu (Jan De Vylder, Inge Vinck, Jo Taillieu)
Design Team: Jan De Vylder, Inge Vinck, Jo Taillieu, Sebastian Skovsted, Olivier Goethals
Strutture: Arthur De Roover Structureel Ontwerp, Ghent
Finiture: Van Eegh em BVBA, Sint-Amandsberg; Alumetal BVBA, Wingene
Soffitti: Ducla BVBA, Beernem
Muratura: Gebroeders De Clercq BVBA, Lochristi
Superficie costruita: Area 99 m2
Concept: 2007—2011


