Il 24 novembre, in occasione del domusforum 2021, vanno sul tavolo 7 domande fondamentali riguardo al futuro delle città, e una delle meno prescindibili è “come vivremo assieme?”.
Quasi un secolo fa, la storia della nostra rivista si apriva proprio con Gio Ponti che si poneva una domanda simile; anzi, che già formulava una risposta, un posizionamento della filosofia italiana dell'abitare rispetto al panorama internazionale dell'architettura moderna. Si tratta di uno statement della peculiarità dell'approccio italiano alla casa, dove interno e esterno si compenetrano in una architettura che prima di ogni cosa è esperienza, emotiva e sensoriale, dello spazio e del paesaggio.
L'editoriale, comparso sul numero 1 di Domus nel gennaio 1928, si intitolava, giustappunto, La casa all'italiana.
“La casa all'italiana non è il rifugio, imbottito e guarnito, degli abitatori contro le durezze del clima come è delle abitazioni d'oltralpe ove la vita cerca, per lunghi mesi, riparo dalla natura inclemente: la casa all'italiana è come il luogo scelto da noi per godere in vita nostra, con lieta possessione, le bellezze che le nostre terre e i nostri cieli ci regalano in lunghe stagioni.
Nella casa all'italiana non vi è grande distinzione di architettura fra esterno ed interno: altrove vi è addirittura separazione di forme e di materiali: da noi l'architettura di fuori penetra nell'interno, e non tralascia di usare né la pietra né gli intonaci né l'affresco; essa nei vestiboli e nelle gallerie, nelle stanze e nelle scale, con archi, nicchie, volte e con colonne regola e ordina in spaziose misure gli ambienti per la nostra vita.
Dall'interno la casa all'italiana riesce all'aperto con i suoi portici e le sue terrazze, con le pergole e le verande, con le logge ed i balconi, le altane e i belvederi, invenzioni tutte confortevolissime per l'abitazione serena e tanto italiane che in ogni lingua sono chiamate con i nomi di qui.
Una stessa ordinanza architettonica regge dunque, in diversa misura, nella casa all'italiana, le facciate e gli interni ed ancora regola d’attorno la natura medesima con terrazze e gradoni, con giardini, appunto detti all'italiana, ninfei e prospettive, orti e cortili, tutti creati per dare agio e scena ad una felice abitazione .
La casa all'italiana è di fuori e di dentro senza complicazioni, accoglie suppellettili e belle opere d'arte e vuole ordine e spazio fra di esse e non folla o miscuglio. Giunge ad essere ricca con i modi della grandezza, non con quelli soli della preziosità.
Il suo disegno non discende dalle sole esigenze materiali del vivere, essa non è soltanto una ‘machine à habiter’. Il cosiddetto comfort non è nella casa all'italiana solo nella rispondenza delle cose alle necessità, ai bisogni, ai comodi della nostra vita ed alla organizzazione dei servizi. Codesto suo ‘comfort’ è in qualcosa di superiore, esso è nel darci con l'architettura una misura per i nostri stessi pensieri, nel darci con la sua semplicità una salute per i nostri costumi, nel darci con la sua larga accoglienza il senso di una vita confidente e numerosa, ed è infine, per quel suo facile e lieto e ornato aprirsi fuori e comunicare con la natura, nell'invito che la casa all'italiana offre al nostro spirito di ricrearsi in riposanti visioni di pace, nel che consiste nel pieno senso della bella parola italiana, il CONFORTO.”
Gio Ponti