Casa dolce casa, home sweet home, è per i più un modo di dire popolare internazionale, un modo di sentire civile, che si rifà all’Ottocento, primo periodo di grandi conquiste coloniali, di ridefinizioni nazionali e quindi di spostamenti, smarrimenti e ritrovamenti di “patria”. L’origine deriva da un motivo musicale dell’operetta “Clari, or the Maid of Milan”, messa in scena 200 anni fa a Londra nel 1823, che narra la vita di una giovane milanese trasferita per amore ma sempre in cerca di un luogo da chiamare “casa”. A Milano presso il Palazzo dell’Arte della Triennale, “Home Sweet Home” è il titolo di una mostra organizzata per “Triennale 100 Sweet Years” – che apre le celebrazioni del centenario della I Biennale di Arti Decorative di Monza del 1923 (poi Triennale di Milano dal 1933) insieme ad altre manifestazioni (come il nuovo allestimento del Museo del Design Italiano) che per tutto l’anno celebreranno la storia di questa fondamentale istituzione per le arti e il progetto.
Che cos’è una casa? Una mostra cerca la risposta
“Home Sweet Home” alla Triennale di Milano esplora l’evoluzione del concetto di casa attraverso un caleidoscopio di punti di vista e un confronto tra passato e presente.
View Article details
- Matteo Pirola
- 30 giugno 2023
Curata da Nina Bassoli (già membro del comitato scientifico per architettura, rigenerazione urbana e città della Triennale), con approfondimenti di 5 sezioni storiche svolti da ricercatrici internazionali (Florencia Andreola, Imma Forino, Maite García Sanchis, Annalisa Metta, Azzurra Muzzonigro, Gaia Piccarolo) che hanno lavorato sul prezioso archivio storico delle Esposizioni Internazionali, questa mostra indaga le trasformazioni e le evoluzioni della casa come idea di abitare. “Abitare è essere ovunque a casa propria” è una celebre frase che ricordiamo di Ugo La Pietra ripresa dall’Internazionale Situazionista e che negli anni radicali ha aperto a nuovi orizzonti il ripensamento di questo rifugio privato, e un altro passaggio della canzoncina iniziale dice “There is no place like home”: ma che cos’è una casa?
Per provare a rispondere, la ricerca per la curatela e l’ordinamento della mostra non si è limitata al passato ma apre al contemporaneo con una rilettura dei temi principali attraverso delle installazioni site-specific di un nutrito gruppo di 10 progettisti contemporanei, Assemble Studio, MAIO, Giovanna Borasi per il CCA - Canadian Centre for Architecture, Sex & the City, Céline Baumann, Matilde Cassani Studio, DOGMA e con opere ambientali di Diller + Scofidio, Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Lacaton & Vassal. In somma, quindici mostre in una, e il risultato è un caleidoscopio di punti di vista, uno spazio espositivo eterogeneo dove passato e presente si incontrano e si incrociano, dove emergono le contraddizioni di epoche diverse e affiorano nuovi linguaggi, nuove aspirazioni e nuovi programmi per l’architettura che aprono un dibattito per la ridefinizione del progetto domestico.
L’allestimento è stato affidato all’emergente studio Captcha Architecture (Margherita Marri e Jacopo Rosa con Luca Monaco) che hanno avuto l’arduo compito di essere registi di una sequenza alternata di agili strutture tridimensionali sviluppate ad hoc da ospiti invitati e di densi piani d’archivio (che riportano le ricerche documentali) quali pause di approfondimento ricchissime di informazioni, documenti e immagini, allestiti su dei banchi longitudinali che recuperano e riusano frammenti, elementi e sostegni di strutture di mostre precedenti e offrono al visitatore delle schede di approfondimento che possono essere collezionate, per costruirsi il proprio portfolio di esperienze storiche. Il percorso comincia e si attiva con un dispositivo scenografico estroflesso, uno specchio e un lavandino molto simile alla serie Ideal Standard di Gio Ponti, che cattura il visitatore e che deriva anch’esso dall’ultima Triennale del 2022 dov’era collocato nel Corridoio Rosso di Margherita Palli. Completa l’ouverture, prima di attraversare una grande tenda/filtro di perline colorate, una matrice di piedistalli in cui si trovano oggetti di produzione industriale destinati alla pulizia della casa e alla cucina, insieme a 3 sculture di figure femminili.
Varcata la soglia, ci si trova immersi in un arcipelago di situazioni e storie, che fanno zigzagare il visitatore tra le 10 installazioni e lo riportano sulla “retta via” nelle 5 parentesi d’archivio. In sintesi si affrontano e sviluppano temi tra: la cucina e il convivio; “A section of now” dove riallestendo una parte di mostra del CCA di Montreal si offre una immagine della società contemporanea che è molto più complessa e variegata di quella tradizionale; una riconsiderazione dei ruoli di genere nella storia e nell’attualità della casa; la casa come contenitore di possibilità e attività dal riposo alla cura del corpo, al tempo libero, al lavoro, al rituale quotidiano; i rapporti con la ”natura” vegetale all'interno degli spazi domestici fino alla relazione con l’esterno e il paesaggio circostante. Chiude la mostra un trittico serrato di opere/dediche che mettono in una scena spaziale tre capitoli e capisaldi di architettura contemporanea: un raffinatissimo lavoro di Diller e Scofidio del 1986, “Three Windows”, riesumato dagli archivi e restaurato per l’occasione; un omaggio al lavoro di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, “Lifespan”, in cui l’architettura della casa non è mai un processo concluso ma si adatta con la vita dell’abitante e allora disegno euristico e disegno tecnico si alternano e si alimentano; infine la riproduzione fotografica a grande scala di facciate e interni di un progetto di Lacaton&Vassal per 530 appartamenti a Bordeaux, il cui titolo “Trasformare, non demolire” è una dichiarazione di intenti sempre attenta e ottenuta da questo studio che da sempre non applica la loro firma e la loro forma ma parte dal presente e dalle presenze per riconsiderare il progetto di architettura soprattutto come manifesto sociale, ecologico, economico e politico.
Oltrepassando un grande sipario fotografico si esce e conclude involontariamente il percorso un’opera che, pur permanente, perfettamente si adatta a questa mostra temporanea e che accidentalmente si trova sulla via d’uscita: Casa Lana di Ettore Sottsass, dove senza troppe “parole” vedere e vivere intensamente uno spazio totale abitabile, una casa appunto, “un po’ dolce, un po’ amara” direbbe Sottsass.
Home Sweet Home
Triennale di Milano
Fino al 10 settembre 2023
A cura di: Nina Bassoli
Progetto di allestimento: Captcha Architecture, Margherita Marri e Jacopo Rosa con Luca Monaco Sezioni storiche: Florencia Andreola, Imma Forino, Maite García Sanchis, Annalisa Metta, Azzurra Muzzonigro, Gaia Piccarolo
Progetti site-specific di: Assemble Studio, Céline Baumann, CCA – Canadian Centre for Architecture, DOGMA, MAIO, Matilde Cassani Studio, Sex & the City Opere di: Diller + Scofidio, Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Lacaton & Vassal
Home Sweet Home
Assemble Loves Food, Assemble Studio
Foto: Melania Dalle Grave, DSL Studio
Home Sweet Home
CCA – Canadian Center for Architecture, Una sezione di “A Section of Now” / A Section of “A Section of Now”
Foto: Melania Dalle Grave, DSL Studio
Home Sweet Home
MAIO, Urban K-Type
Foto: Melania Dalle Grave, DSL Studio
Home Sweet Home
Céline Baumann, Il parlamento delle piante d’appartamento / The House-Plant Parliament
Foto: Melania Dalle Grave, DSL Studio
Home Sweet Home
Lacaton & Vassal, Trasformare, non demolire / Transformation, no Demolition
Foto: Melania Dalle Grave, DSL Studio
Home Sweet Home
Matilde Cassani, La gabbia degli orsi. Un diorama per esseri umani / The Bear Pit: A Diorama for Human Beings
Foto: Melania Dalle Grave, DSL Studio
Home Sweet Home
Veduta dell’allestimento
Foto: Melania Dalle Grave, DSL Studio
Home Sweet Home
Veduta dell’allestimento
Foto: Melania Dalle Grave, DSL Studio
Home Sweet Home
Veduta dell’allestimento
Foto: Melania Dalle Grave, DSL Studio