Il video dell’esperimento giapponese su come e quanto rapidamente il Coronavirus riesca a diffondersi durante un buffet è diventato, triste ironia, letteralmente virale. Quando si spengono improvvisamente le luci, e la lampada di Wood rivela la presenza un po’ ovunque del liquido fluorescente usato per la simulazione — e di cui all’inizio erano state cosparse le mani di un solo “untore” — alcuni dei protagonisti si mettono istintivamente a ridere. È una risata imbarazzata e vagamente colpevole, anche se lo scopo del test documentato dall’NHK, l’emittente nazionale giapponese, era senza dubbio didattico, ma viene comunque da pensare che non c’è proprio niente da ridere. Due fotografi che prendono la cosa molto sul serio sono Marco Casino e Pietro Baroni. Il germe di Pandemic Stains (pandemicstains.com), il loro lavoro a quattro mani e tuttora in corso su più piattaforme, si sviluppa durante il lockdown di marzo e aprile, e nasce da un’idea tanto semplice da pensare quanto complessa da realizzare: rendere visibile l’invisibile. Ogni giorno ci lasciamo infatti dietro, nei luoghi che frequentiamo, tracce di saliva, sudore, impronte e persino urine e feci, tutti potenziali veicoli di diffusione di microrganismi virulenti: ma la nostra è una scia per l’appunto invisibile, impossibile da tracciare senza appositi strumenti professionali. È così che Casino e Baroni contattano l’unica ditta italiana che distribuisce i grandi, complessi e costosi generatori di luce multi–spettro usati dalla polizia scientifica e, dopo un training a distanza, cominciano a scandagliare gli ambienti, pubblici e privati, in cui è statisticamente più facile che avvenga la contaminazione. Le immagini sono spiazzanti — specie se messe a diretto confronto con le versioni scattate con luce bianca — poiché dietro la superficie pop rivelano tutte le tracce biologiche che lasciamo al nostro passaggio e che, in caso di positività al virus, potrebbero rappresentare un motivo di contagio.
La pandemia sotto una nuova luce
Il progetto multimediale Pandemic Stains getta letteralmente una nuova e inquietante luce sui luoghi e gli oggetti familiari dove è più facile che il Coronavirus si annidi.
Porta di uscita di un appartamento con cane, Maciachini, Milano
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- Raffaele Vertaldi
- 07 novembre 2020
Condizione necessaria per realizzare le fotografie è il buio completo, che limita il campo d’azione e allunga i tempi di esposizione, costringendo a una fotografia lenta e meditata, dove l’esperienza già accumulata dai due autori in anni di reportage sociale e progetti multimediali deve necessariamente confluire in un approccio nuovo, anche e soprattutto per un argomento così massivamente attuale. Innestando una componente scientifica nella logica, molto umana, di una naturale curiosità, Casino e Baroni ottengono immediatamente due dei tanti risultati sperati, l’uno il risvolto dell’altro: da un lato immagini di forte impatto prima estetico e immediatamente dopo emotivo, e dall’altro un potenziale educativo senza pari, non a caso già indirizzato verso le scuole: mentre è ancora attiva su IdeaGinger (fino a inizio dicembre) la campagna di crowdfunding per la pubblicazione di un libro che rappresenterà solo il primo capitolo del progetto, con l’aiuto del collettivo di Arcipelago19 una versione più ampia e ambiziosa di Pandemic Stains arriva già tra gli studenti di secondarie di primo e secondo grado, degli istituti tecnici che prevedono classi di storia dell’arte, fotografia e cinema, e dei corsi privati di arti visive. E, causa nuovi possibili lockdown, lo fa con un avvincente programma già calibrato per la cosiddetta Didattica Digitale Integrata. Malgrado il libro, grazie alla sua facile e collaudata diffusione e agli approfondimenti dei molti esperti coinvolti, sia al momento il principale obbiettivo da raggiungere perché Pandemic Stains cominci a contribuire con immediatezza non solo al dibattito nazionale ma anche e soprattutto a una decisa presa di coscienza di un tema così importante da parte della collettività, sarà probabilmente proprio in questa sua incarnazione parallela che il profondo senso civico e la portata etica del progetto si dimostreranno — o semplicemente mostreranno — con la forza di tutte le cose belle e utili quando vengono rese finalmente visibili.
Mascherina KN95 ffp2 (dopo mezz giornata di utilizzo), sandali, smartphone, chiavi dell'auto
Treno per pendolari, Greco, Milano
Fotocopiatrice nell'ufficio di un co-working, Lodi, Milano
Cassetta degli attrezzi in un'officina di ferramenta, Bovisasca, Milano
Carrelli per la spesa, Barona, Milano
Interno di un auto per car sharing, Chinatown, Milano
Bicicletta per food delivery, Turro, Milano
Cucina di un appartamento condiviso da quattro persone, Bovisasca, Milano
Bagno degli uomini in un co–working, Lodi, Milano
Camera da letto dell'appartamento di una famiglia di tre componenti, con due bambini, SantAmbrogio, Milano
Confessionale, Lima, Milano