Bilbao è bella e ci si vive bene. L’ultimo a dirlo è fDi Intelligence, magazine che parla di investimenti con voce autorevole: tra le città di media grandezza – dai 200 ai 500 mila abitanti – il capoluogo basco attrae talenti e favorisce gli affari. Bilbao piace perché stata ridisegnata dagli architetti, perché persegue la sostenibilità, perché offre una qualità della vita superiore a Madrid e Barcellona (questa volta la classifica è di Ocu, Organisation of Consumers and Users).
Un tour di Bilbao, città resuscitata con l’architettura
Breve guida agli edifici che hanno cambiato aspetto e destino del capoluogo basco: per nuotare nella piscina di Philippe Starck o tifare al San Mamés di César Azcárate, aspettando il nuovo quartiere firmato Zaha Hadid.
Courtesy ©2022 Santiago Calatrava
Foto Jean-Pierre Dalbéra
Courtesy Zarateman
Courtesy Zarateman
Foto © Duccio Malagamba. Courtesy Rafael Moneo
Foto Tomas Fano
Courtesy Xabi1980
Foto Marco Almbauer
Foto Álvaro Ibáñez
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- Cristina D’Antonio
- 19 aprile 2022
Bilbao è un caso unico. Nel 1988 era una città in crisi, ingombra dei resti del porto fluviale, inquinata e degradata. C’è un articolo di giornale a cui si fa sempre riferimento per ricordare quei tempi. Titolava: o ci si dà una mossa, o si muore.
Oggi al posto dei container arrugginiti che soffocavano il quartiere Indautxu c’è il gigantesco Puppy di Jeff Koons e Bilbao è una referenza del contemporaneo: dal museo Guggenheim di Frank Gehry, che festeggia i suoi primi 25 anni (“Sections/Intersections” è la mostra, dall’8 settembre, che esporrà per la prima volta la collezione per intero) al futuro quartiere di Zorrozaurre di Zaha Hadid, che sta finalmente prendendo forma, ogni cosa parla di riconversione ecologica e di rigenerazione urbana.
Perché questo avvenisse, c’è voluta una forte volontà politica e tutto l’orgoglio dei bilbaini: da un lato la creazione di Bilbao Ria 2000, società pubblica finanziata al 50% dal governo centrale e per il resto dalle autorità basche, dall’altro quella di Bilbao Metropoli 30, associazione di università, organizzazioni no-profit, enti pubblici locali, banche e fondazioni. Il progetto ha convinto nel tempo Santiago Calatrava, Norman Foster, Arata Isozaki, César Pelli, Rafael Moneo, Philippe Starck.
Santiago Calatrava ha disegnato la porta di ingresso alla città: l’aeroporto La Paloma (da luglio a ottobre c’è il volo diretto da Milano con EasyJet), che simula un uccello, ha una copertura che vale come una facciata, riconoscibile dall’alto e dalle colline attorno. Calatrava ha anche progettato lo Zubizuri: ponte bianco in basco, inconfondibile per la sua forma e le piastrelle di vetro (scivolose), collega la zona dell’Ensanche con la calle Campo de Volantín, uno dei passeggi preferito della città, che si allunga sulle sponde dell’estuario del Nervión.
Norman Foster ha firmato la metropolitana, che non collega solo la città, ma l’intera valle, e per muoversi utilizza solo energia verde: gli accessi alle stazioni in acciaio, vetro e cemento armato sono chiamati dagli abitanti fosteritos. La stazione di Sarriko, coperta da una volta di cristallo, ha vinto il Premio Brunel per il disegno ferroviario nel 1998. Dato che in città vige il limite dei 30 chilometri l’ora, norma adottata per contrastare l’inquinamento, la metro e i bus Euskotran sono la soluzione.
Arata Isozaki ha progettato con Iñaki Bilbao Aurrekoetxea le due torri gemelle di 23 piani e i cinque edifici, destinate a uffici, dell’Isozaki Atea. Mattoni, vetro, acciaio e pietra naturale ridisegnano l’area di Uribitarte, che un tempo era il magazzino doganale della città. Una scalinata monumentale conduce all’accesso del ponte di Calatrava.
È di César Pelli la Torre Iberdrola, che ha appena festeggiato 10 anni: alta 165 metri, è il grattacielo più alto dei Paesi Baschi (l’accesso è consentito al pubblico quando vengono organizzate delle mostre) ed è il simbolo del processo di riqualificazione di Abandoibarra, ex quartiere industriale, di fatto interdetto a lungo all’uso cittadino.
Rafel Moneo è l’architetto della biblioteca dell’Università di Deusto, in vetro, su 10 piani, di cui 5 interrati, con quasi un milione di volumi (e la più importante della regione): di sera, le piastrelle in vetro che ricoprono l’involucro riflettono il verde in cui è inserito. Vicino c’è il Paraninfo de la Universidad del Pais Vasco disegnato a forma di L da Álvaro Siza.
L’Alhóndiga, il magazzino del vino Art Nouveau creato su disegno di Ricardo Bastida e poi dichiarato bene culturale dal governo basco nel 1999, ha cambiato nome, aspetto e destinazione d’uso grazie a Philippe Starck. Oggi si chiama Azkuna Zentroa, si appoggia a 43 colonne che sono pezzi d’arte, è un centro per attività culturali (qui il programma degli eventi https://www.azkunazentroa.eus/en/activities/) e sportive: all’ultimo piano c’è la piscina con fondo trasparente, che lascia intravedere i nuotatori dal basso (si entra con un abbonamento per la giornata: 7,05€ per la piscina, 10,60€ per piscina+palestra).
La nuova architettura ha cambiato lo skyline della città anche in funzione dello sport. La Bilbao Arena, progetto di Javier Pérez Uribarri e Nicolás Esponisa, partner di IDOM, si appoggia sulla collina di Miribilla, integrandosi al paesaggio grazie alla copertura di piastrelle verdi che richiamano la chioma di un albero. Al piano superiore la zona che ospita le partire della Bizkaia Bilbao Basket, a quello inferiore uffici e piscina e palestra aperte al quartiere.
Anche lo stadio San Mamés di César Azcárate, nel quartiere Ensanche, fa parte dei segni rivoluzionari della nuova Bilbao. Costruito per sostituire la struttura precedente, che non rispondeva ai requisiti imposti dall’Uefa, ha una facciata dalla doppia vita: i pannelli plastici in EFTE sono bianchi alla luce del sole, ma diventano rossi grazie ai 42 mila Led che si accendono di sera (insomma: i colori ufficiali dell’Athletic Bilbao).
Più che un museo, il Guggenheim di Frank Gehry è una scultura: le sue 33mila scaglie di titanio che cambiano colore secondo le ore del giorno sono diventate il simbolo della città. Costato 100 milioni di dollari e quattro anni per costruirlo - dall’ottobre del 1993 all’ottobre del 1997 – il centro dell’arte contemporanea occupa un’area di 24mila metri quadrati: di questi, 11mila metri sono superficie espositiva. All’esterno, oltre al Puppy di Jeff Koons, ci sono i Tulips, sempre di Koons, e Maman di Louise Bourgeois.