La guida di Domus a Copenaghen capitale mondiale dell’architettura 2023

La nostra guida alla città che quest’anno è la prima vera Architecture World Capital: dal Centro Danese per l’Architettura ai 13 padiglioni, passando per la mostra sull’Intelligenza Artificiale e… una corsa. 

di Matteo Pirola

Tutto comincia con una corsa. Contro il tempo o meglio con il tempo, come il vento – che spesso spazza la città e rinvigorisce gli abitanti – per accelerare le esperienze.
Una vera e propria gara podistica (frequentatissima e accompagnata da una passeggiata e da un bike tour che ne moltiplicano la portata) per attraversare i luoghi più significativi della città, organizzata dal Dac (Danish Architecture Center) per dare il via ai lavori del World Congress of Architects, che si è svolto a Copenaghen dal 2 al 6 luglio.

Questo insieme di eventi, per ora unico al mondo, è l’apice delle celebrazioni dell’Architecture World Capital 2023, che per tutto l’anno vede la capitale danese come centro di interesse internazionale e ufficiale della cultura del progetto. 
Uia (Unione Internazionale degli Architetti) insieme all’Unesco ha lanciato l’iniziativa Capitale Mondiale dell’Architettura per sostenere e confrontarsi con l’Agenda delle Nazioni Unite 2030 per uno Sviluppo Sostenibile, presentata nel 2015 con lo scopo di porre fine alle disuguaglianze, implementare il rispetto universale di tutti i diritti e le dignità umane, e rendere le città e gli insediamenti abitativi inclusivi, sicuri, resilienti e, appunto, sostenibili.

Rio de Janeiro è stata nominata prima Awc nel 2020 ma la pandemia ha costretto una riprogrammazione nel 2021 e poi l’iniziativa è stata svolta solo online, mentre oggi, finalmente, si può vivere l’esperienza dal vero e dal vivo, come offre e richiede l’architettura. L’architettura la si comprende e capisce solo vivendo gli spazi, provando l’azione anche temporanea di abitare un luogo, non solo da lontano, da fuori, ma da dentro, permeando e sentendosi permeati.

Dac – Danish Architecture Center. Foto Jesper Værn Jensen

Ogni tre anni, la città nominata Capitale Mondiale dell’Architettura diventa un forum globale in prima linea nelle discussioni sull’urbanistica contemporanea e sulle questioni architettoniche. Una nuova occasione per celebrare l’architettura, iniziata con l’intento di offrire un momento continuo di riflessione sullo stato dell'arte dell'abitare umano e sui diritti fondamentali di tutti ad avere un riparo. 

Tutti – non solo gli architetti e i designer – devono poter avere la possibilità e la responsabilità di partecipare alla progettazione del futuro della propria abitazione, e quindi delle città e dei territori, così non solo i professionisti sono invitati a frequentare le mostre e le conferenze, ma anche – e forse soprattutto – la più grande quantità possibile di visitatori comuni che – come direbbe Gio Ponti – dovrebbero “amare l’architettura”.
 


Oltre al congresso, che affronta 6 aree scientifiche e tematiche – adattamento climatico, ripensamento delle risorse, le comunità resilienti, la salute, l’inclusività e la partecipazione – e ospita i più importanti progettisti globali rappresentanti di una nuova generazione – tra cui il solo italiano Carlo Ratti – il programma è fitto di appuntamenti continui e duraturi tra mostre ed eventi, guide e tour, conferenze e presentazioni, che invitano quindi anche il grande pubblico a farne parte lungo tutto l’anno solare.

La città

L’architettura danese contemporanea è nota per la sua attenzione alla scala umana e per il suo approccio democratico, e Copenaghen rappresenta perfettamente la cornice migliore in cui lo sviluppo urbano innovativo, insieme alle sue grandi ambizioni in termini di rispetto ambientale, soluzioni di sostenibilità e opportunità di vivibilità offrono esempi concreti e attuali.

Da circa 20 anni Copenaghen ha iniziato un lungo, proficuo e ancora in progress processo di riqualificazione e rigenerazione, e visitando la città tutti i quartieri emanano un’energia vitale, tra edifici residenziali innovativi e comunitari, spazi urbani per abitanti di ogni età, dai più piccoli ai più anziani e diversamente abili compresi, aree ricreative e ristorative sulle sommità degli edifici, piste ciclabili più numerose e importanti delle strade carrabili, fino alle numerose piscine galleggianti nel porto ramificato.

Sluseholmen, foto di Krisztian Tabori su Unsplash

La città vive il più possibile il suo infinito water front, con accessi all’acqua per imbarcazioni ma soprattutto per attività ludiche e sportive a corpo libero e fa del riuso e riqualificazione di grandi aree ex industriali o periferiche e abbandonate un sistema policentrico e prolifico.

Per l’occasione sono state create delle nuove guide disponibili al pubblico che conducono ad esempi costruiti e visitabili, da singoli edifici fino ai nuovi quartieri come Sluseholmen, un insieme di abitazioni a diretto contatto con l’acqua costruite su isole artificiali collegate con piccoli ponti, o Ørestad, un “parco giochi” per star dell’architettura, tra cui il più rappresentativo a livello internazionale è Bjarke Ingels (BIG).

13 padiglioni

Per rendere ancora più ricca la città, oltre i suoi monumenti permanenti, antichi o contemporanei, nel centro storico sono stati realizzati e distribuiti in varie aree, 13 padiglioni temporanei, piccoli edifici in scala 1:1 sempre accessibili e costruiti ponendo attenzione sul consumo responsabile dei materiali con relativo piano di riciclaggio, riassemblaggio o il riutilizzo degli elementi dopo la chiusura dell’esposizione.

Ogni padiglione è il risultato di una collaborazione tra architetti, produttori, istituzioni e associazioni, tutti impegnati insieme a porre le basi di nuove risposte alle domande contemporanee relative alla costruzione del futuro, in relazione agli obiettivi dell’Agenda UN per lo Sviluppo Sostenibile.

Dac - Danish Architecture Center

Il centro e quartier generale di tutte le attività della Capitale Mondiale dell’Architettura è il Dac, Danish Architecture Center, edificio chiamato Blox e realizzato nel 2017 da Oma (Office of Metropolitan Architecture – Rem Koolhaas) e dedicato alla promozione, esposizione, confronto e dibattito sulla cultura architettonica contemporanea.

L’edificio, caratterizzato da una volumetria regolare ma molto articolata e quasi decostruita, e una permeabilità su vari fronti stradali, pedonali, aerei e acquatici, contiene spazi espositivi, uffici e spazi di co-working, un caffè, una libreria, un centro fitness, un ristorante, appartamenti e un parcheggio pubblico sotterraneo.

Tra le numerose attività espositive ha recentemente aperto una galleria permanente che indaga la storia e le caratteristiche dell’architettura e del design danese, “So Danish!”, dai primi insediamenti vichinghi al design contemporaneo, e una che parla propriamente dell’assetto attuale della città in pieno sviluppo “Copenaghen in Common”.

La mostra “Copenaghen in Common”

“Copenaghen in Common”. Foto Astrid Maria Rasmussen

La mostra temporanea principale al centro è intitolata “Copenaghen in Common” e già dal titolo si preannuncia una modalità tipica di questo popolo e di queste latitudini nel vivere democraticamente, con partecipazione e in comunione l’architettura e la città e con un modello che spesso cresce dal basso e non viene imposto dall’alto. Gli spazi urbani soprattutto, ovvero gli ambienti pubblici e aperti che fanno la tessitura della città con i suoi nodi e la sua trama, oltre i blocchi privati delle singole abitazioni collettive che comunque hanno sempre più di un aspetto comunitario. La città ha oggi circa 800.000 abitanti e cresce di circa 10.000 unità ogni anno. L’età media della popolazione è 36 anni (!) e circa il 25% dei cittadini sono immigrati o con origini diverse dalla Danimarca.

La città si è sviluppata con un primo piano di sviluppo urbano nel 1947 con il famoso “Finger Plan”, ovvero la sovrapposizione della figura di una mano con 5 dita il cui palmo coincide con il centro storico mentre le direttrici principali si sviluppano nell’entroterra dell’isola di Zealand, lasciando delle grandi aree triangolari a verde destinate alla natura e alle attività ricreative all’aria aperta.

Il primo aspetto che si evidenzia è chiamato Blue City, dove vedere come la città e i cittadini si occupano del loro essere soprattutto una città di porto. Banchine, ponti, piscine galleggianti, club di natanti e pescatori, parchi pubblici con accesso all’acqua, sono oggi ovunque in una città che solo 40 anni fa era molto inquinata e piena di fabbriche pensati.

“Copenaghen in Common”. Foto Astrid Maria Rasmussen

Il secondo aspetto che caratterizza ulteriormente la sensibilità ambientale di questo luogo è la cosiddetta Green City, ovvero il corrispettivo vegetale del mondo acquatico. Nonostante la popolazione cresca continuamente e le stagioni rigide non permettano apparentemente una vita agile all’aria aperta, ogni isolato ha una grande percentuale di verde pubblico, attrezzato o selvatico. 

La densità e quindi la concentrazione delle attività nel rispetto degli spazi aperti e liberi, è il terzo punto della mostra, Dense City, quindi la logica propone abitazioni di dimensioni contenute con spazi comuni in condivisione e un servizio di trasporto pubblico ottimizzato che permette i più veloci spostamenti sui mezzi di terra, d’acqua o sulle onnipresenti e ubique biciclette (la media di percorrenza di ogni cittadino e di quasi 10 km al giorno).

Infine un’ultima sezione pone l’attenzione sulla Mixed City, dove tenere sempre presente e insieme, e con il miglior equilibrio, diversità di origine, classe sociale, attività lavorative e livelli di qualità secondo il reddito diverso di tutte le diverse persone che gravitano insieme necessariamente nel tessuto urbano e fanno funzionare la città per tutti.

Fuori dai percorsi ufficiali

Reset Materials – Towards Sustainable Architecture (2023). Installation view at Copenhagen Contemporary (2023). Photo: Hampus Berndtson

Uscendo un po’ dai numerosi percorsi ufficiali, pur restando nell’orizzonte di questo appuntamento straordinario per comprendere come e dove l’architettura e il design stanno andando, segnaliamo la mostra “Reset Materials” presso il CC - Copenaghen Contemporary, un nuovo centro di ricerca ed esposizione di arte contemporanea che ha deciso di dedicarsi per l’occasione all’architettura.

Curata da Chrissie Muhr, un architetta e ricercatrice indipendente, realizzata in collaborazione con l’Associazione Danese degli Architetti (Arkitektforeningen), progetto di allestimento di Archival Studies e progetto grafico di Studio Atlant, questa mostra presenta 10 installazioni architettoniche, che rimettono in discussione il tema dei materiali da costruzione, per struttura o rivestimento esterno e interno, e soprattutto vanno molto oltre, potremmo dire in profondità, al tema della materia cosiddetta “naturale”.

Reset Materials – Towards Sustainable Architecture (2023). Installation view at Copenhagen Contemporary (2023). Photo: Hampus Berndtson

Quale significato dare veramente o nuovamente alla abusata parola sostenibilità? Si può fare architettura con i funghi, con la terra, con le ortiche, con la canapa, “coltivando mattoni” o elementi costruttivi? Partendo dal presupposto che l’architettura è una delle attività umane più inquinanti, soprattutto per l’uso di risorse naturali destinate alla costruzione e abbandonate dopo la demolizione, è urgente per gli architetti, per i costruttori e per la società, attuare delle trasformazioni e delle evoluzioni anche nei metodi che si considerano più tradizionali.

Questa mostra esplora un universo di sperimentazioni possibili e già attuabili, e ha il pregio di essere realizzata con tutte risorse locali, da quelle hardware degli elementi fisici utilizzati a quelle software delle idee e degli autori in campo. 

Il design nell’epoca dell’intelligenza artificiale


Infine chiudiamo questa potenzialmente infinita recensione di una manifestazione che appare senza confini temporali e spaziali, con la visita ad un nuovo luogo pubblico di ricerca e sperimentazione per il design, Space 10, ricavato in una parte degli ex macelli e magazzini alimentari, dietro la stazione centrale della città.

Questo centro di cultura, ricerca, esposizione e condivisione è finanziato da Ikea che qui sviluppa i temi progettuali più interessanti della contemporaneità.

Sono esposti 4 progetti speculativi co-creati tra studi di design e intelligenza artificiale generativa, dimostrano come l’intelligenza umana e informatica si possano unire per migliorare sicuramente almeno i processi in attesa dei nuovi prodotti per una nuova società che dovrà essere un po’ reale e un po’ virtuale, tra sapere e sentire antico e primario insieme – e non più in opposizione – alla tecnologia informatica più avanzata e futuribile.

Conclusioni

Foto Rasmus Hjortshoj

Dopo la corsa iniziale, per molti giorni lungo tutto l’anno e soprattutto d’estate, singoli esploratori, professionisti o appassionati, grandi gruppi di architetti, designer, turisti, cittadini, studenti, riempiono ancora la strade, le piazze, i ponti, i tetti, le caffetterie, i ristoranti, i moli, le spiagge e i musei della città, dove con un ritmo più rilassato lasciarsi condurre come le onde del mare e sedurre da angoli segreti tutti da scoprire e comprendere tra vita, architettura e natura.

Appuntamento alla prossima World Capital of Architecture che sarà a Barcellona nel 2026.

Ultimi articoli di Architettura

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram