Nel 2000 chiude lo studio e si dedica completamente alla onlus da lei fondata insieme al marito la Heritage Foundation Pakistan, che si occupa anche di conservazione del patrimonio architettonico. Ha ricevuto numerosi premi per il suo lavoro con la fondazione, ultimo, nel 2016, il Fukuoka Prize for Arts & Culture in Giappone.
Dal 2010 ha costruito più di 36.000 case per gli sfollati da inondazioni e terremoti nel suo paese. Il suo lavoro si basa sul recupero di tecniche tradizionali, sottoposte a controllo attraverso i più moderni sistemi di verifica strutturale prima della produzione. La realizzazione delle case come delle cucine, di cui ha scritto per Domusweb, è di regola affidata alle popolazioni destinatarie dell’intervento, opportunamente formate.
Yasmeen Lari crede fermamente che l’architettura possa essere uno strumento di trasformazione sociale. E il fatto che ci creda lo fa diventare reale.

“Karima è una mendicante che vive di elemosine con la sua famiglia all’ombra della necropoli di Makli, a Thatta, inserita dall’Unesco nel Patrimonio dell’Umanità. Per tutta la vita ha usato un fornello fumoso, fatto di tre mattoni appoggiati a terra, dove polvere e inquinanti del suolo si mescolano agli alimenti che cucina. In caso di pioggia o allagamento il fornello viene sommerso, impedendole di cuocere il cibo per la famiglia anche quando dei filantropi le forniscono sacchetti di riso e di farina.
La sua vita è cambiata da quando ha imparato a costruire il chulah pakistano, privo di emissioni di carbonio e di fumo, efficiente nei consumi.

Il chulah pakistano risponde ai bisogni delle donne delle zone rurali del Terzo mondo. Dato che a cucinare per la famiglia sono soprattutto le donne, sono loro le maggiori vittime. Le malattie oculari e dell’apparato respiratorio in cui incorrono rimangono in gran parte senza cure per tutta la vita. Il cibo cucinato sui fornelli individuali appoggiati al pavimento porta a un’alimentazione antigienica ed è causa importante di diarrea, soprattutto nei neonati e nei bambini.
Il chulah pakistano dà alla famiglia uno spazio pulito per pranzare, su una piattaforma sopraelevata di terra battuta. Alimentato com’è da rifiuti agricoli, piccoli rami o panetti di segatura, evita alle donne di impiegare troppo tempo nella ricerca del combustibile. Impedisce anche di usare biomasse per cucinare. Ci risulta che 2,4 miliardi di persone si servano di biomasse per cucinare e riscaldarsi, producendo un degrado ambientale di vasta scala.
Il chulah pakistano viene collocato su una piattaforma sopraelevata di terra battuta stabilizzata con la calce. È costruito secondo i principi della DDR (Disaster Risk Reduction, riduzione del rischio di incidenti) e non viene danneggiato dalla pioggia, dagli allagamenti né dai terremoti. Le tecniche della costruzione in terra battuta sono ispirate alle tradizioni vernacolari del Pakistan. Le donne delle campagne sono particolarmente abili nella costruzione di strutture di terra battuta, spesso ricoperte di stucco applicato con amore e con attenzione per abbellire il nucleo della parete di terra. Lo stucco spesso viene mescolato con paglia ed escrementi bovini, che gli conferiscono elasticità e levigatezza. Con l’aggiunta del fango, da noi raccomandata, le strutture diventano più solide e non sono più soggette allo sfarinamento tipico delle superfici terrose. L’aggiunta di calce è ispirata alla cultura tradizionale pakistana che risale al XIII secolo, oltre che alle piramidi egiziane e agli acquedotti romani.
Con la collocazione di un doppio fornello sulle piattaforme di terra battuta si ottiene un ambiente igienico dove cucinare. Deiezioni animali e sporcizia – elementi comuni nei fornelli aperti collocati sul pavimento – non inquinano più il cibo nel corso della cottura.
Una condotta di controllo dell’aria permette di trasferire il calore dalla camera di combustione alla camera secondaria, rendendo così possibile cuocere su entrambi i fornelli anche se il combustibile è usato in uno solo di essi. Il camino integrato nel progetto emette fumo solo quando il fuoco è acceso, e comunque a pieno regime, evitando i disturbi comunemente associati con i tradizionali fornelli di fortuna.
Tra le altre caratteristiche c’è una parete contenitore nella parte posteriore del fornello, dove gli utensili di cucina possono essere conservati o messi in mostra. C’è anche una piccola piattaforma per lavarsi le mani che, in mancanza di acqua corrente, integra in alto una tanica d’acqua per consentire le abluzioni.

Quando ho progettato il chulah pakistano prevedevo solo vantaggi limitati: salute, rispondenza ai requisiti per la riduzione degli incidenti, igiene, facilità di cottura e benefici per l’ambiente. Ma ci sono degli splendidi risultati imprevisti: il chulah è diventato un fattore di cambiamento della vita delle donne, elevando la loro condizione a un livello inimmaginabile prima della sua introduzione.
Le donne, che ordinariamente si accovaccerebbero al suolo, mostrando la loro condizione di impotenza e di apatia, hanno acquisito una condizione elevata. Le piattaforme di terra battuta sono diventate letteralmente il sinonimo di un trono, permettendo loro di star sedute in una postura eretta. Le donne si sono trasformate in vere e proprie dispensatrici di cibo alla famiglia, che ora siede di fronte a loro come in posizione supplice.
La piattaforma sopraelevata di terra battuta è diventata una sala da pranzo dove, per la prima volta nella vita, i membri della famiglia socializzano tra loro e dove le nonne ora possono intrattenersi nei loro racconti.
Oltre a diventare lo spazio della famiglia è anche diventato uno spazio sociale comunitario, dove le donne delle case vicine siedono o stanno in cerchio, interagendo le une con le altre.
In assenza di ogni spazio di lavoro destinato alle donne, il piedestallo di terra battuta è diventato la loro piattaforma operativa. Quando non cucinano, le donne lo usano per i loro lavori d’artigianato: ricamo, cucito e perfino l’antica pratica artigianale della realizzazione di piastrelle invetriate.

Ma soprattutto le donne sono state in grado di esprimere le loro doti di creatività e di innovazione. Hanno risposto alla mia fede del perseguimento accanito di un’architettura sociale, in cui il progetto architettonico sia solo una tela che favorisca la liberazione dell’impulso artistico dell’utente.
L’espressività creativa delle donne che hanno costruito la loro cucina si è dimostrata straordinaria. Partendo dagli elementi originari del progetto del fornello li hanno adattati alle loro esigenze. Hanno usato l’immaginazione per decorare le cucine con motivi folclorici che avevano appreso dalle madri, che li avevano ereditati dalle loro madri. Hanno adottato la vivacità del progetto vernacolare per personalizzare quelli che di solito vengono considerati banali fornelli di terra battuta. E quindi li hanno personalizzati uno per uno come fornelli di design, con l’orgoglio e il senso di appartenenza del pioniere.
Grazie alla genialità delle donne delle campagne del paese il chulah pakistano non è una cucina: è qualcosa di affine all’opera d’arte.”

La collezione Pipe, tra essenzialità e carattere
Progettata da Busetti Garuti Redaelli per Atmosphera, la collezione Pipe introduce quest’anno il divano a tre posti.