In un mondo dove le città si fanno sempre più grandi e affollate, i movimenti migratori diventano emergenze umanitarie e l’aumentare dell’aspettativa di vita costringe a ripensare le dinamiche di vita in età avanzata, quali sono le prospettive di una nuova economia urbana e sostenibile? E in che modo il design dello spazio può contribuire a definire queste nuove dinamiche? È da queste premesse che parte l’edizione 2016 di IABR, la Biennale Internazionale di Architettura di Rotterdam, confermandosi dinamica e proiettata al futuro.
The next economy
Puntando sul dialogo, la settima Biennale di Architettura di Rotterdam continua a rafforzare il suo ruolo di hub all’interno di un complesso network internazionale.
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- Nicola Bozzi
- 19 maggio 2016
- Rotterdam
Si nota già dal luogo prescelto per l’evento: la propaggine portuale di Katendrecht. Già Chinatown più grande d’Europa e distretto a luci rosse, in questi anni l’area è diventata parte della rigenerazione creativa del lato sud della città. Rispetto ai contesti istituzionali della Kunsthal e del NAI, teatri delle ultime due edizioni, fa piacere avventurarsi su quel lato del fiume, recentemente benedetto anche da un teatro, una food-court dal sapore mediorientale e un birrificio.
Anche l’area espositiva è ben organizzata: i progetti sono esposti per lo più orizzontalmente, appoggiati su una serie di tavoli, e questo dà una generale sensazione di spaziosità, mentre gli elementi multimediali sono più periferici. Prima di entrare si è invitati a indossare un visore VR per calarsi nei panni di un cittadino della metropoli che verrà: a parte pop-up tridimensionali e viaggi su rotaie sospese, ci ritroveremo ancora afflitti da problemi come la cura degli anziani, il cui costo di mantenimento in ospizi high-tech diventa insostenibile se non per i più abbienti. Un’altra installazione interattiva – Testing the Coal Track, progetto a cura di Z33 e Architectuurwijzer – mette in scena un carrello da miniera, che il visitatore è invitato a manovrare lungo il perimetro dell’inutilizzata infrastruttura industriale del Limburgo belga, protagonista di un case-study che ne propone la conversione a network-city con economia circolare. Degno di nota è anche il video documentario Next Africa, un ritratto del continente come una realtà sfaccettata dove identità, moda, design e cultura giovanile sono in evoluzione, contro lo stereotipo che la vede come una singola nazione afflitta da povertà debilitante.
Il profilo molteplice e dinamico dell’Africa odierna è senz’altro uno degli aspetti più eccitanti di questa edizione della biennale. Mentre l’esempio di Suame Magazine in Ghana – un “ecosistema industriale” di officine, fabbriche, negozi e workshop dove migliaia di macchine europee vengono riparate e adattate per le caotiche strade dell’Africa occidentale – dimostra come l’industria manifatturiera sia capace di reinventarsi, quello di Afrilabs – organizzazione ombrello che mette in comunicazione hub tecnologici in tutto il continente, a sua volta catalizzata da una piattaforma open-source operata da blogger e programmatori africani chiamata Ushahidi – ne rivela il potenziale innovativo. A proposito d’innovazioni tecnologiche, un case-study interessante è quello di M-pesa, un sistema di micro-credito e trasferimento di denaro tramite cellulari che non ha bisogno di appoggiarsi a banche fisiche. Per la sua flessibilità e i bassi costi, è diventato popolarissimo in Kenya e Tanzania e si sta affermando anche in India ed Europa dell’est.
Se i progetti africani riguardano spesso flussi economici e creativi volti all’attivazione di risorse, tra quelli asiatici è invece ricorrente la preservazione di dinamiche umane ed economie urbane minacciate dalla costruzione rampante e da infrastrutture fuori scala. È il caso di Didi Hitch, app cinese di car-sharing che ha spostato il proprio focus dal route-matching al social-matching, trasformando un modo di rendere il trasporto più efficiente in un’occasione di stabilire nuovi contatti umani. C’è poi Stag, progetto di Parallel Lab che si concentra invece sulle migliaia di venditori di strada che animano i vicoli interstiziali di Hong Kong, per i quali lo studio ha progettato uno speciale sgabello/zaino pensato apposta per il necessario nomadismo urbano.
Non si può parlare del futuro delle città senza parlare di formule abitative. Tra gli esempi più interessanti, troviamo lo studio di John Tubles & Sarkis Sarkisyan sul cimitero nord di Manila, divenuto una vivace città informale per circa 1.000 famiglie, e il più grande progetto di alloggi in cooperativa di Berna: basato sul riutilizzo di un ex inceneritore invece di una costruzione nuova, il Warmbächliweg vanta 50.000 mq dove gli inquilini partecipano non solo nei costi, ma anche alla ridefinizione funzionale degli spazi e delle aree comuni.
Come nella scorsa edizione, i progetti olandesi sono abbondanti alla biennale. Il più rilevante è forse uno studio della stessa Katendrecht da parte di IABR, attraverso un documentario sulla costruzione di loft e case sviluppate dagli stessi inquilini all’interno del quartiere allo scopo di mantenere un’idea di comunità che vada oltre la gentrificazione. Non manca prevedibilmente anche una ricerca sul potenziale del paesaggio olandese, pianificato per definizione: in termini di energie rinnovabili, alla luce del Paris Climate Agreement del 2015, H+N+S Architects ha mappato i Paesi Bassi per mostrare quali aree si prestano maggiormente a incontrare la richiesta di stoccaggio di energia e CO2 sotto la superficie.
L’asset più interessante di IABR rimane però senza dubbio l’impegno continuativo nello scambio con le città stesse, attraverso collaborazioni con studi e organi istituzionali in diverse città-atelier. Nel 2016 l’interesse del team si è concentrato molto sul nord e sulla stessa Olanda: Rotterdam, Utrecht, Groningen e Bruxelles costituiscono altrettanti laboratori di ricerca in fatto di energia, salute e produttività, mentre l’Albania rappresenta una sfida di tutt’altro calibro. In collaborazione diretta con l’ufficio pianificazione del ministero dello sviluppo urbano locale (AKPT), un team composto da George Brugmans (IABR), Freek Persyn e Johan Anrys (51N4E, Bruxelles) è impegnato dal 2014 ad analizzare il metabolismo proprio dell’Albania, provando a immaginare un modo per il Paese di fare un salto in avanti secondo le proprie specifiche dinamiche, invece di inseguire i trend europei sugli stessi binari.
Oltre a una collezione di studi e progetti, la biennale quest’anno ha rilanciato sul fattore dialogo. Un piccolo anfiteatro ospita un programma di conferenze su temi come i rifugiati nello spazio urbano, la città come ambiente educativo e la risposta del design alla transizione energetica, mentre una serie di volantini suggerisce percorsi tematici all’interno dell’esposizione e invita a rispondere in prima persona alla domanda: “What’s next?”. La settima edizione di IABR continua a rafforzare il ruolo della biennale come un hub attivo e fisicamente presente all’interno di una complessa rete internazionale, piuttosto che una semplice mostra.
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fino al 10 luglio 2016
IABR 2016: The next economy
7. International Architecture Biennale Rotterdam
Fenixloods II, Amsterdam