Come è arrivato all'idea della mostra? Vorrei sapere dell'intero percorso, dall'inizio all'idea finale.
Alla Biennale di Venezia il Ruanda presenta i risultati di un lavoro sviluppato negli ultimi due anni dall'Atelier Rwanda, che è un centro di ricerca sul progetto africano. La mostra si concentra sui singoli prodotti usciti dal progetto: gioielli in fibre naturali e materiali da costruzione ricavati dal legno delle piante della banana e del caffè, che ne sfruttano le particolari caratteristiche.
Quali strumenti visivi e spaziali userà per esprimere questa idea?
Per motivi di organizzazione il nostro lavoro è esposto in due mostre. Una alla Fondazione "Claudio Buziol", dove i visitatori possono vedere singoli oggetti in un allestimento progettato specificamente per questo progetto, e l'altra ai Magazzini Ligabue, sede centrale dell'Università IUAV di Venezia, dove, a partire dal detto africano che recita "Il momento migliore per piantare un albero è trent'anni fa", abbiamo realizzato alberi di rattan e bambù documentando il processo di cooperazione tra IUAV e paesi africani.
Che cosa pensa che il pubblico dirà e penserà all'uscita dal padiglione?
L'Africa sta uscendo da una visione "etnica" del progetto per investire su una ricerca in grado di promuovere l'uso di materiali locali e tecniche tradizionali.
Qual è la sua personale opinione sulla Biennale? Pensa che sia un modo utile di presentare le idee?
La mia prima esperienza alla Biennale risale all'inizio degli anni Ottanta, e credo ancora che sia una delle occasioni più importanti di osservare il lavoro internazionale sui temi del progetto.
Quali sono i problemi più importanti che l'architettura ruandese deve affrontare oggi?
Attualmente il Ruanda concentra i suoi sforzi in due direzioni: la formazione, con l'apertura della prima facoltà d'Architettura al KIST (Kigali Institute of Science and Technology), e la promozione dell'uso di materiali naturali nell'edilizia.
Padiglione del Ruanda, Tradition and innovation in vegetable fibres
Commissario: Gaddo Morpurgo
Curatori: Bettina Scholl-Sabbatini, Gaddo Morpurgo