In apertura: Richard Meier. Photo Yoo Jean Han
Richard Meier
«Evidentemente, io non potevo creare i miei edifici senza conoscere ed amare i lavori di Le Corbusier. Le Corbusier ha esercitato una grande influenza sul mio modo di creare lo spazio» (Richard Meier)
Considerato fra i principali esponenti dell'architettura contemporanea, Richard Alan Meier, noto come Richard Meier, è indicato spesso come il più classico tra gli eredi della lezione modernista e, in particolare, dell’opera di Le Corbusier, maestro conosciuto durante uno dei frequenti soggiorni dell’architetto americano in Europa.
Nato a Newark (New Jersey) il 12 ottobre 1934, Meier si laurea in architettura nel 1957 alla Cornell University e compie le prime esperienze professionali nello studio di Skidmore, Owings e Merrill (SOM) e alle direttive di Marcel Breuer. Nel 1963 inaugura il proprio ufficio a New York, cui è seguito, nel 1986, quello di Pasadena.
Esordisce, come spesso capita, attraverso la progettazione di una serie esemplare di case unifamiliari, che gli procurano l'attenzione della critica: tra queste, l’abitazione per la propria famiglia a Essex Fells (1965); la Smith House a Darien, in Connecticut (1965-1967), che segna il debutto di un processo progettuale basato sulla contrapposizione di componenti opposte ma in equilibrio, come forma e struttura, arte e tecnica, e che introduce il tema della memoria intesa come invenzione (mai abbandonati da Meier); la Hoffman House (1966-1967) e la Saltzman House (1967-1969), entrambe a East Hampton. La residenza per i Saltzman, in particolare, è il primo manifesto di un’architettura fortemente plastica, in cui viene pienamente giocata l’antitetica partita tra pieno e vuoto, tra statico e dinamico, a partire da una pianta quadrata e funzionalmente organizzata in uno schema chiaramente leggibile dai prospetti e dai volumi esterni (basti pensare alla grande vetrata a doppia altezza che denuncia la posizione del soggiorno).
Grazie a queste poche ed embrionali costruzioni Meier conquista, nel 1969, un posto in prima fila sulla scena internazionale: le case infatti vengono presentate alla fortunata mostra intitolata “Five architects”, tenutasi al Museum of Modern Art di New York per presentare al pubblico i lavori di Meier, Peter Eisenman, Michael Graves, Charles Gwathmey e John Hejduk che insieme formano non un gruppo di lavoro progettuale ma una sorta di circolo intellettuale, basato sulle collaborazioni in ambito accademico e sulle affinità elettive dei membri che, nel catalogo della mostra, Drexler definisce "un'alternativa al romanticismo politico".
L'interesse suscitato dagli esordi di Meier è poi confermato dalla Weinstein House a Old Westbury di New York (1969-1971) e dalla Douglas House a Harbor Springs, in Michigan (1971-1973) con quest’ultima spesso considerata omaggio alla celebre Falling Water House di Frank Lloyd Wright.
Seguono i primi incarichi legati a progetti di grande dimensione: il complesso residenziale Twin Parks Northeast (1969-1974) e il Bronx Developmental Center (1970-1976), entrambi a New York; e l’Atheneum di New Harmony, in Indiana (1974-1979): un’architettura celebrativa a plurima destinazione, votata alla pubblica fruizione, che ben rappresenta l’approccio di matrice cubista basato sul movimento e sulla rampa – tale da imporre la lettura tridimensionale dell’opera per comprenderne appieno lo sviluppo - ereditato da Le Corbusier. L’Antheneum è anche uno dei primi esempi (insieme al Bronx Center) dell’interesse di Meier a sviluppare un rivestimento “totale”, realizzato in candidi pannelli metallici prefabbricati, che riducono al minimo le possibilità di imperfezioni esecutive e sostituiscono il linguaggio vernacolare delle assi in legno verniciato – tipiche del New England – che caratterizzano le case del periodo dei Five Architects.
Pannelli che ben presto iniziano a divenire non un semplice rivestimento di facciata, ma l’espressione bidimensionale di un modulo spaziale (stavolta tridimensionale) da cui hanno origine i vari complessi architettonici: ne è testimonianza l’High Museum of Art di Atlanta (1980-1983), le cui lastre definiscono la regolarità di una maglia che consente immediatamente di leggere le proprie variazioni come riflesso dell’evoluzione dello spazio interno, garantendo al contempo la coerenza compositiva che è tipica del lavoro di Meier. Apoteosi di questa fase della carriera dell’architetto americano è il Getty Center di Los Angeles (1985-1997), acropoli dell’arte contemporanea costruita sulla collina di Brentwood, in cui si sublimano riflessioni sugli schemi insediativi delle città collinari dell’Italia centrale e sullo sviluppo a padiglioni distinti della Villa Adriana di Tivoli (cui rimanda direttamente l’uso del travertino). A partire dall’intersezione di due griglie tra loro sfalsate e introdotte per dominare il complesso contesto orografico in cui il complesso s’inserisce. Sequenza di cortili, angoli per la meditazione, belvedere affacciati sulla città, il Getty è stato descritto dallo stesso Meier nei termini di un’architettura emozionale:
Non c’è uno spazio che definisca il Getty. Dipende da come ti senti
Parallelamente alla costruzione di grandi architetture, Meier si dedica fin dagli esordi al design e alla progettazione d’interni, come dimostrano la sala di lettura Aye Simon al Guggenheim Museum di New York (1978), gli arredi disegnati e prodotti da Knoll International e, in anni più recenti, il progetto per il 66 Restaurant a New York (2002-2003). All’angolo tra Church e Leonard street, si trova al piano terra di un edificio progettato da Henry Hardenbergh agli inizi del XX secolo che diviene fulcro dell’intervento di Meier: lo scopo è sottolinearne spazi e strutture attraverso un sapiente uso del colore.
Date le premesse e l’ispirazione lecorbuseriana del proprio lavoro, Meier ha da subito notevole successo anche in Europa, dove costruisce alcune delle opere migliori. Tra le altre, si ricordano il Museum für Kunsthandwerk a Francoforte sul Meno (1979-1984); il Centro culturale a Ulma (1986-1993), il municipio dell'Aia (1986-1993), la sede di Canal Plus a Parigi (1988-1993), il Museo de Arte Contemporáneo a Barcellona (1987-1996). Tre importanti progetti sono in Italia: la chiesa Dives in Misericordia al quartiere Tor Tre Treste di Roma (1996-2003), il museo dell’Ara Pacis (1996), sul Lungotevere capitolino, e il Ponte della Cittadella ad Alessandria (1998-2006). L’edificio religioso, costruito come parte del programma per i festeggiamenti del Giubileo del 2000, è il risultato di un concorso internazionale attraverso cui Meier ribadisce l’interesse per l’autonomia dell’oggetto architettonico, qui declinato in forma di tre scultoree vele direttamente poggiate sul sagrato e realizzate, come il resto del complesso, in un particolare cemento bianco e autopulente (brevettato da Italcementi). Nel caso del Museo della’Ara Pacis, invece, il tema fondamentale è il rispetto della preesistenza storica – l’altare della Pace di Augusto, risalente al IX secolo avanti Cristo – che viene avvolto da una scatola in vetro e pietra organizzata su due livelli.
Meier ha insegnato presso prestigiose università statunitensi, tra cui la Cooper Union a New York (fra il 1963 e il 1973) e la Harvard University a Cambridge (1977, 1980-1981). Fra i maggiori riconoscimenti ricevuti si ricordano il Pritzker Prize (1984), la medaglia d'oro del RIBA- Royal Institute of British Architects (1996) e la medaglia d'oro dell'AIA-American Institute of Architect (1997).
Attraverso le parole di Manfredo Tafuri:
Se l’architettura è segno di struttura pura, Eisenman è quello che più di tutti, in America almeno, si avvicina a tale risultato. Se l’architettura è invece un ‘sistema di sistemi’, se i suoi comunicati appartengono a varie aree linguistiche intrecciate ma distinte, è Meier a cogliere la specificità di quell’intreccio
- 1934–in vita
- architetto, designer, artista