Legate agli elementi naturali, vivaci e interattive, ecco come sono apparse le cinque installazioni sparse per la città durante il London Design Festival 2016.
Più dinamico che mai, il London Design Festival ha coinvolto numerosi ed entusiasti visitatori attraverso installazioni temporanee immersive e interattive. Abbiamo giocato con le piante bio-reattive nel cuore di Soho, meditato nelle mini giungle urbane di Asif Khan del Shoreditch più underground e sperimentato i limiti strutturali del legno camminando nel tunnel sospeso al Chelsea College of Art, senza dimenticarci di due pilastri british: Shakespeare, con le lettere mosse dal vento al citizenM Hotel nel Bankside District, e l’ossessione per il meteo, con l’installazione di Barber & Osgerby alla Somerset House.
Alison Brooks Architects ha realizzato una struttura in legno massiccio al Chelsea College of Art a Londra. Si tratta di una sorta di esperimento dal vivo, una struttura innovativa che cambia gli orizzonti della costruzione. Se la metà del XX secolo è stata caratterizzata dall’uso del cemento e la fine del XX secolo dall’uso dell’acciaio, il XXI secolo sembra caratterizzarsi per l’uso del legno massiccio.
Il nome The Smile deriva dalla forma che la fa assomigliare ad una bocca sorridente. Lungo 34 metri e alto 3, il padiglione è composto di tuliper americano suddiviso in 12 pannelli, composti ognuno da 5 strati, lunghi 14 metri e profondi 4,5. I pannelli sono intrecciati tra loro come le dita di una mano, impilati e poi, a strati alternati, incollato o pressato. Durante questo processo, 6 dei 12 pannelli sono stati leggermente incurvati.
Le due estremità a sbalzo, lunghe 12 metri, sono bilanciate e stanno in equilibrio grazie alla base su cui poggia l’intera struttura, anch’essa in legno massiccio. La struttura è imbullonata alla base con circa 2000 viti autofilettanti. In realtà l’intera struttura è una sfida all’ingegneria e lo è stata sicuramente per gli ingegneri Arup. La stessa Brooks ha detto che questa è un’opportunità per portare il materiale verso il suo limite strutturale.
La composizione è resa più complicata dai fori posti lungo la struttura, più fitti laddove la tensione è minore e più diradati verso il centro. La loro funzione è per lo più decorativa: di giorno, con la luce, si creano giochi di ombre all’interno, mentre di sera il padiglione illuminato dall’interno sembra una torcia nel buio della notte.
L’Eden di Perrier-Jouёt, curata dal designer parigino Noè Duchafour-Lawrance, omaggia non solo lo champagne della casa, ma anche il primo giardino bio-reattivo di Bompas & Parr. È una sorta di nuova esperienza sensoriale, all’interno di un luogo in cui potersi rilassare a Soho, una delle zone più trafficate di Londra.
Lo spazio è diviso su due livelli. A livello della strada, si trova l’installazione vera e propria. Un sistema verticale di elementi stampati in 3D che pendono dall’alto su pilotis in ottone. L’idea è quella di una pergola da cui pendono i rami della vite, alternati a calici di cristallo pronti per essere riempiti di champagne. Il calice è stato creato ad hoc e decorato con fiori e boccioli con un richiamo all’Art Nouveau.
Al piano sottostante si trova il giardino bio-reattivo. Un’installazione piena di piante che mimano il movimento di chi le esplora. Il movimento è attivato da alcuni sensori che rilevano la presenza, in questo caso dell’uomo, e attivano il meccanismo.
Ci trova di fronte a rami di vite che si aprono, creando un arco di piante mentre ci si passa sotto, entrando nel giardino; a un albero ballerino che si piega sui lati, avanti e indietro, seguendo i movimenti dello spettatore, e infine allo specchio verde che reagisce come se fosse un animale che va alla scoperta di chi gli sta di fronte. Si ritira se il movimento è brusco o frettoloso, va verso lo spettatore se questo si muove in modo lento e delicato.
Il citizenM Bankside Hotel, per il 400esimo anniversario della morte di Shakespeare, ha scelto di collaborare con il Globe e con la designer Hannah Yates, creando un giardino segreto che si svela poco a poco. Dalla strada non lo si percepisce, bisogna entrare dentro e curiosare, quando poi, d’un tratto, si apre davanti agli occhi un piccolo atrio, contornato da alberi, tavolini e sedie e una vera e propria foresta di lettere.
Le lettere dell’installazione compongono la frase Speak low if you speak love. Sono appese per tutta l’altezza del giardino, sfruttando lo spazio in ogni modo, e girano se mosse dal vento. La stessa designer, Hannah Yates, dice che il movimento lento fa sì che le parole si rivelino pian piano come si svela un segreto.
Speak low if you speak love è una frase di Don Pedro nell’atto 2, scena prima della commedia di Shakespeare Molto rumore per nulla (1598–1599). L’intera commedia è basata su divertenti malintesi verbali, in cui appare chiaro come la realtà, una volta svelata, sia più importante di ogni altra cosa.
Edward Barber e Jay Osgerby hanno rappresentato il Regno Unito alla London Design Biennale 2016. Collaborando con il Victoria&Albert Museum, hanno creato un’installazione che risponde al tema della Biennale “Utopia by Design”. La curatrice del V&A, Victoria Broackes, spiega che Forecast, oltrepassando la linearità del tempo, suggerisce un’utopia che non è irraggiungibile, ma può essere qui e ora.
L’installazione, che domina il cortile centrale della Somerset House, è alta 14 metri e pesa circa 7,5 tonnellate. È stata costruita da Litestructures con l’aiuto degli ingegneri di Arup, unendo acciaio, alluminio e fibra di carbonio. Il nome Forecast, si riferisce all’ossessione nazionale per il tempo atmosferico. La struttura ricorda una turbina eolica e una stazione metereologica. Il movimento viene attivato quando il vento la colpisce o cambia direzione, dando vita a una semplice scultura cinetica che risponde agli elementi.
MINI, Your Side of Town, fa parte del programma MINI Living, dell’architetto Asif Khan, esposto anche al Salone del Mobile di Milano. A Londra, nella zona di Old Street – Shoreditch, Khan ha dato vita a quello che lui chiama, traducendo letteralmente dal giapponese “shinrin yoku”, il bagno nella foresta. Ovvero l’assorbimento, attraverso i sensi, dell’atmosfera della foresta, gli odori, i suoni, persino la terra sotto i piedi.
Khan ha creato tre spazi differenti per allontanarsi dalla frenesia contemporanea. In pratica sono tre spazi riconducibili ai nostri ambienti privati in cui ci rilassiamo, invitiamo amici o lavoriamo. Le tre strutture offrono al loro interno la possibilità di sedersi, per chiacchierare o lavorare, e una vasta quantità di piante, che delimitano il pubblico dal privato: per sentire uno spazio più nostro, siamo soliti mettere delle piantine. In questa installazione ci sono dei momenti in cui le piante, viste da fuori, sembrano persone.
I tre spazi che ha identificato sono Connect, per incontrare le persone in modo spontaneo in uno spazio stretto e lungo, con piante su entrambi i lati e due lunghe panche su cui ci si può sedere. Ricorda un vecchio tram, ma circondato da piante “a cielo aperto” (il soffitto è aperto in corrispondenza delle piante).
Il secondo spazio, Create, è una sorta di isola per creare o produrre. Si tratta di uno spazio decisamente più largo del precedente, formato da gradoni circondati da piante. Se i primi due danno l’idea di essere ancorati a terra, quindi “solidi”, il terzo spazio – Relax – al contrario dà l’idea di staccarsi dalla realtà, con una struttura rialzata su quattro pilotis. Lo spazio è molto alto, con due sedute, e tutto il resto è destinato alle piante, favorendo un senso di estraniamento.