Lamberto Cremonesi dirige una trentina tra architetti e ingegneri che lavorano su grandi progetti in tutto il mondo. A febbraio porta a termine i cantieri delle 16 stazioni che nel 2001 è stato incaricato di progettare dalla società, a partecipazione pubblica, Brescia Mobilità. Sfida ambiziosa, quella di una ferrovia lunga 13,7 km, che attraversa il centro storico, taglia il comune da nord a sud e si muove in trincea, in rilevato e in profondità. Quasi un milione gli euro spesi in dieci anni, anche se l'intuizione di dotare l'industriosa Brescia di un trasporto veloce, risale a metà degli anni '80, in quel periodo di fanta-benessere che ha visto successivamente partire altri progetti analoghi, grazie anche a una legge del 1992 che finanziava il trasporto rapido di massa.
In quegli anni a Milano proseguivano i lavori della linea 3, a Catania cominciavano quelli per la ferrovia urbana, a Brescia veniva annullata la prima gara d'appalto per la metro e la Cina era un paese in via di sviluppo. Oggi, proprio nell'industriosa Cina, troviamo gli investimenti maggiori per questa tipologia di trasporto urbano rapido. Le città orientali sono quasi le uniche al mondo in grado di sostenere i costi per una mobilità di questo tipo, le altre economie considerate in via di sviluppo, come quelle sudamericane, rinunciano ai treni sotterranei preferendo i più economici trasporti su gomma e ripiegando sulle meno pubblicitarie, ma più ecologiche, piste ciclabili.
Una continuità esterno-interno, molto nordeuropea, rende i luoghi della metropolitana una diretta prosecuzione degli spazi cittadini, come piazze coperte, ben illuminate e accoglienti in cui è possibile anche prendere il treno. In realtà cos'altro sia possibile fare sarà da vedere, perché non esistono servizi accessori come bar, giornalai, negozi e non troviamo nemmeno i servizi igienici, che secondo i progettisti avrebbero causato più disagi che benefici. Sarà le gente che potrà impossessarsi degli spazi in maniera spontanea, dal basso e auto-organizzata. Se, e come questo avverrà potrà essere considerata una parziale risposta alla domanda: "La metropolitana è bella?".
Un'essenzialità frugale permea tutto il progetto che è stato lungo, complesso e che ha subito molte varianti. Le soluzioni adottate coniugano abilmente tecnologia, struttura e plasticità spaziale, come risposte agli antichi dettami di firmitas, utilitas e venustas. L'elegante soluzione della parete inclinata rivestita in lamiera d'acciaio, traforata e lucida, cela gli impianti che permettono l'evacuazione, oltre a sostenere la spinta del suolo. Lo stesso piano inclinato slancia il volume, rifrange la luce e diventa motivo ricorrente in tutte le stazioni profonde. I monumentali puntoni tagliano lo spazio cavo, caricandosi di forza sotto la luce che piove dai sei lucernai piramidali. Il rivestimento di gres porcellanato, veste i setti portanti e modula la profondità degli scavi di modo da non avere mai tagli extra nei pannelli.
Duecentomila il numero dei bresciani che in controtendenza attendono il loro treno senza pilota, incaricato di produrre un addensamento urbano lungo l'asse forte della linea, e portare Brescia al pari di altre città europee
Fotografia: Stazioni Metropolitane Underground/Upperpeople, a cura di Loris Zanirato, ed. Bresciamobilità