Archivio con/fusione
Vulcanico creatore di forme e figure sulle corde dell'architettura, del design, della fotografia e delle arti figurative tutte, Cesare Leonardi è una figura tanto di spicco quanto trascurata della cultura architettonica: anzitutto, e forse soprattutto, locale. All'attenzione che gli hanno dedicato negli anni alcune riviste straniere piuttosto che non prestigiose istituzioni museali – quali il MOMA di New York, il Centre Georges Pompidou di Parigi, il Victoria and Albert Museum di Londra, il Kunstgewerbemuseum di Berlino (che hanno acquisito sue opere per le proprie collezioni), fa riscontro il discreto silenzio che lo circonda, a Modena (dove vive e lavora da sempre) e in Italia. Certo non deve aver aiutato il suo aspro carattere, e la connessa attitudine istintiva alla piena libertà di giudizio e di espressione: valga d'esempio il recente passo secondo cui "[...] la cultura in questa città [Modena] ha sempre avuto un ruolo marginale [...] sia nella pubblica amministrazione, sia tra i privati". [Leonardi 2004/120]). No, questo non aiuta.
L'archivio di Cesare Leonardi, nella casa-studio di Modena, è un caso davvero interessante e ricco di peculiarità. Nel 2010 è nata un'associazione culturale, l'Associazione Archivio Cesare Leonardi, che ha come finalità prima proprio la tutela e la valorizzazione di questo complesso documentale di cui ha in animo di condurre un programma di riordino e inventariazione scientifica sotto la supervisione della Soprintendenza archivistica per l'Emilia-Romagna (che ha avviato la pratica di riconoscimento di questo archivio quale bene culturale di pubblico interesse). Un aspetto fondamentale di questa realtà è la connessione inestricabile dell'archivio con il luogo in cui è prodotto quotidianamente (da anni) e in cui si accumula e conserva. Questa 'fusione' determina un interessante problema per il suo trattamento archivistico, perchè è finanche difficile capire, per esempio, dove inizia e dove finisce l'archivio in quanto tale.
Una fertile con/fusione regna sovrana in questo universo, tra documenti (che rimandano ad altro da sé) e cose (che valgono di per sé, autoreferenziali – siano esse opere o supellettili dello studio).
Mi viene spontaneo suggerire, in conclusione, che Cesare Leonardi non avrebbe mai potuto ragionare come gli architetti di cui dicevo prima, per i quali era l'opera costruita l'unico documento da indagare e studiare, mentre il disegno, il plastico, la fotografia rimangono prodotti di passaggio, eventi trascurabili una volta raggiunto il termine del processo creativo-realizzativo. Il suo caso si presta come stimolante esperienza dove misurare la possibilità di costruire un nuovo prototipo di archivio, in cui documenti e opere e luogo si confondono e contaminano in maniera fertile.
Riferimenti bibliografici:
[Leonardi 2004] Cesare Leonardi, "Occasioni mancate". Sta in: Laura Montedoro, Andrea Costa (a cura di), "La città razionalista. Modelli e frammenti. Urbanistica e architettura a Modena 1931-1965", RFM ed., Modena 2004 (pagg. 115-123).