

Francesca Esposito: Come vengono realizzate queste immagini?
Andrea Minini: In realtà non c’è un disegno o una progettazione vera e propria, il mio intento è riuscire a ottenere una forma complessa utilizzando il numero minimo di linee che poi vengono interpolate fra loro. La difficoltà sta proprio nel fare una sintesi formale di quello che viene rappresentato. C’è qualcosa che puoi togliere, qualcosa che puoi lasciare, l’importante che il tutto abbia un aspetto fluido.

Francesca Esposito: Less is more, graficamente parlando?
Andrea Minini: Sia dal punto di vista della forma dell’illustrazione sia da quello dell’approccio, ho sempre cercato di mantenere la regola etica di Mies van der Rohe. Per quest’ultima serie dell’architettura ho utilizzato codici base, linee tratteggiate, spigoli, linee rette, per poter rappresentare qualcosa di più complesso.
Francesca Esposito: Hai cambiato il soggetto, sei passato dagli animali all’architettura, parlaci di questa nuova serie.
Andrea Minini: Mi piace quel filone della fotografia che cattura l’architettura in maniera minimalista, immortalando solo i dettagli, come il tetto, la fuga di un angolo, la geometria degli edifici. L’architettura in questo senso si presta molto al mio stile e sposa l’aspetto matematico, semplice ma complesso allo stesso tempo, delle mie illustrazioni che per qualcuno sono simili a carte topografiche. L’architettura ragionata in questi termini, quindi per argomenti minimi, mi sembra un buon argomento. Ho quindi creato prospettive, utilizzando solo linee tratteggiate e angoli, ho giocato con gli spessori e attraverso questi elementi sono arrivato a qualcosa di complesso.

Francesca Esposito: Tutto calcolato, quindi?
Andrea Minini: L’obiettivo è quello di avere il controllo sulle cose ma, come nella matematica e nella fisica, anche nella grafica è presente un elemento di casualità. Nelle mie illustrazioni, c’è in minima parte nell’utilizzo delle curve, ovvero quando avviene l’interpolazione automatica delle linee. Per il 90% delle volte la devo rifare perché l’effetto è sbagliato, però il 10% delle volte riesce bene. È un po’ come una macchia di colore sulla tela.

Francesca Esposito: Cosa comporta l’errore?
Andrea Minini: Quando sperimenti qualsiasi tipo di strumento, che possa essere una matita o un software, c’è sempre qualcosa che va fuori dal controllo. Mi sono accorto che proprio nell’errore, quando per esempio un tipo di curva si comporta in un determinato modo, si nasconde qualcosa di creativo. Le mie illustrazioni sono frutto di un lavoro di ricerca e di sperimentazione, oltre che di un metodo progettuale e di uno stile rigido.

Francesca Esposito: È difficile catturare l’attenzione attraverso un’immagine?
Andrea Minini: In un giorno vedi 5.000 immagini, un bombardamento continuo, per questo è importante riuscire a far cogliere, in un attimo, la bellezza. Il segreto sta proprio nel fatto di spiegare le cose con un’immagine sola. E il fatto di essere minimi e non ridondanti, puliti e non complicati, è un valore assoluto.