Molas ha una serie di caratteristiche piuttosto classiche (pensiamo all'abbinamento dei colori, al materiale) combinate però ad alcune innovazioni tipologiche e funzionali. Qual è stata l'idea di partenza del progetto?
In questo progetto il materiale, il processo e – più in generale – l’innovazione tecnologica che tanto ci piacciono non sono più in primo piano. L’interesse qui verte sull’archetipo dell’oggetto-madia a cui abbiamo dato la nostra personale interpretazione. Molas è una madia in cui le ante – di solito elemento identificante – non sono più tali e, proprio per questo, non necessitano più dei sofisticati e classici sistemi di apertura (cerniere, pushpull, pomoli e freni). L’apertura avviene come se si trattasse di una tenda costituita da un gran numero di elementi in legno imperniati tra loro. Uno studio sul colore abbinato a questo sistema di assemblaggio ha permesso di tessere una sorta di arazzo, cuore di tutto il progetto. Molas è il nome degli abiti tipici dell’artigianato panamense, costituiti da pezzi di tessuto che, cuciti insieme, creano disegni saturi di colore. Lo stesso approccio progettuale di Molas l’abbiamo applicato anche a Palafitte per l’azienda polacca Comforty, a Bahia per Foscarini, Whisk per Normann Copenhagen.
Come viene realizzato il mobile? Quanto conta l’aspetto artigianale?
Come per Raphia, il nostro primo progetto per Casamania, anche qui c’è un aspetto artigianale, legato prevalentemente alla fase di preparazione e assemblaggio del disegno frontale. I piccoli tasselli in legno, infatti, vengono tinti accuratamente a gruppi di colore con aniline fatte ad hoc, in cui coprenza e venatura del legno trovano il giusto equilibrio. Vengono poi posizionati su una maschera di assemblaggio secondo il disegno prestabilito e infilati in serie su perni in metallo. Tutto il contrario dei processi per il contenitore e i piedi di supporto, organizzati secondo logiche più industriali, vicine al mondo del mobile prodotto in grande serie.
Per quale azienda è stato progettato e come si è sviluppato il rapporto/processo di progettazione e produzione?
Non c’è alcun editore dietro questo progetto. L’abbiamo realizzato perchè ci credevamo molto e perché ci ha creduto subito anche chi ha realizzato il prototipo: una realtà produttiva ben strutturata, in grado di gestire al contempo processi flessibili e grandi volumi con un’ottima qualità, a due passi dal nostro studio, in Slovenia. Normalmente lavoriamo a stretto contatto con l’azienda e con essa condividiamo informazioni, esperienze, fornitori cercando assieme di centrare la giusta estetica, funzionalità e prezzo. In questo caso, invece, si è trattato di una ricerca totalmente personale e fine a se stessa; svincolata fin da subito dalle logiche commerciali e produttive. Non è comunque escluso che vada sul mercato se troveremo l’imprenditore giusto.
Per chi è pensato un arredo di questo tipo?
Durante il percorso progettuale, il mercato non è stato preso in considerazione per evitare i compromessi che deviano, in modo più o meno significativo, dall’idea iniziale. Molas infatti è un “contenitore” a cui abbiamo concesso alcuni difetti che la maggior parte dei commerciali non tollererebbe: entra la polvere, non si può esporre nulla, non è sobria e non può entrare in tutte le case. È il risultato di una pura ricerca personale. Il mercato non è il presupposto ma, semmai trovassimo il giusto imprenditore, potrebbe diventare la conseguenza.
Come nasce un progetto nel vostro studio? Il disegno è ancora uno strumento importante o preferite sperimentare su modelli e prototipi in scala reale?
Il disegno è sicuramente molto importante ed è quasi sempre il punto di partenza dei nostri lavori. Produciamo quaderni di schizzi, ognuno a modo suo, seguendo dinamiche creative diverse. Ovviamente, si tratta solo della fase iniziale di un progetto. Il nostro approccio non si può certo considerare formale in senso stretto, abbiamo la necessità di testare (e tastare) con mano le nostre idee, capire se possono funzionare e soprattutto se possono diventare prodotti industriali di serie. Per esempio nel caso del tavolo Boiacca e di Aplomb è stato necessario realizzare dei campioni in scala reale per dimostrare, prima a noi e poi al cliente, che la nostra strada progettuale era percorribile. Altrimenti ci saremmo presentati solo con una tesi tutta da confutare, una semplice dichiarazione d’intenti. Da Kristalia abbiamo portato una gamba che pesava inizialmente 8 Kg. Era pesantissima, ma è stata una prima conferma di fattibilità che ci ha reso tutti più convinti nello sviluppo di quello che sarebbe poi diventato il tavolo Boiacca.
Come state vivendo questo periodo di crisi? Quali strategie avete adottato?
Cerchiamo sempre di ragionare anche con la testa dell'azienda, di progettare cose non banali, non futili, con un'estetica a "lunga durata" e di trovare il giusto compromesso tra innovazione e mercato. Miriamo a prodotti concreti, reali, funzionali che stiano ben lontani dalle mode. Il tutto cercando di centrare il giusto costo. Sono le basi per un buon risultato, poi decide il mercato. La crisi richiama necessariamente alla concretezza e crediamo che oggi le aziende vincenti siano quelle che sanno coniugare un'idea progettuale interessante con il giusto valore sul mercato. Come studio stiamo cercando di diventare sempre più internazionali, andando alla ricerca di nuovi brand anche all'estero e di aprirci a nuovi settori merceologici.