14 collezioni private d’arte che devi visitare

Dall’impegno sociale di Swizz Beatz e Alicia Keys, all’ex bunker berlinese dei coniugi Boros, dalle collezioni nascoste di Lee Kun-Hee fino alle storie più controverse: migliaia di opere d’arte appartengono a patrimoni privati.

Nell’immaginario collettivo i collezionisti sono figure molto competitive, ma i più autorevoli sono accomunati dall’importanza che questi assegnano non alla competizione, quanto ai legami con famiglia, amici, studiosi, visitatori e addirittura colleghi collezionisti nati e rafforzatisi negli anni, tramite la loro stessa collezione. Lo sottolinea il modo in cui descrivono spesso i loro acquisti, rivelando il ruolo centrale dell’elemento sociale. Solo molto raramente questi fanno cenno ad un incontro solitario con un’opera d’arte, o alla curiosità sul passato.

L’arte è la via con cui l’artista da sempre esprime i propri pensieri, le proprie opinioni ed emozioni: ciò che i collezionisti hanno appreso è che l'arte può fungere da veicolo espressivo anche per loro.

Nel Rinascimento sono i Medici di Firenze, i Gonzaga di Mantova, i Montefeltro di Urbino e gli Este di Ferrara a formare le prime ricche collezioni d’arte di sculture antiche, opere commissionate e arte decorativa. Nel tardo ‘700, l’eco di questa passione trova espressione in Catherine II di Russia, meglio conosciuta come Caterina la Grande. Ossessionata dalla pittura europea e antica, proclamò: “Ho deciso di adornare la mia residenza con opere d’arte degne di essa e di me”, trasformando così il Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo in una sorta di museo personale e centro culturale. Nei primi anni ‘40 del XX secolo, una figura emblematica come quella di Peggy Guggenheim emerge, incarnando un impegno senza tempo verso l’arte contemporanea. Con una dedizione che attraversa interi decenni, confessò di aver volontariamente dedicato “tutta la vita alla collezione d’arte”. 

Russell W. Belk, accademico e ricercatore americano specializzato in collezionismo sostiene che gli oggetti che fanno parte di una collezione, tendono ad acquisire uno status “sacro”. Sacro nel senso di straordinario, capace di generare riverenza.

I collezionisti sono anche motivati dal messaggio che possono inviare, tramite la propria collezione, una volta che le reti sociali sono state create. L’arte è la via con cui l’artista da sempre esprime i propri pensieri, le proprie opinioni ed emozioni: ciò che i collezionisti hanno appreso è che l'arte può fungere da veicolo espressivo anche per loro. E a noi non resta che il compito (splendido) di riconoscere l’impegno e il desiderio che si cela dietro questi patrimoni culturali, scovandone i molteplici possibili significati. E osservando i nostri tempi, di identificare coloro che stanno dando forma alle collezioni che – forse al pari di quelle storicizzate – ci troveremo a considerare dei punti di riferimento imprescindibili per la comprensione della cultura e dell’arte.

1. Collezione Maramotti

A Reggio Emilia, il fondatore di Max Mara, Achille Maramotti, ha trasformato l’ex stabilimento della moda, progettato nel 1957 dagli architetti Pastorini e Salvarani, nella sede di questa strabiliante collezione. L’architetto Andrew Hapgood ha rinnovato lo spazio optando per un approccio rispettoso, che ne conservasse l’essenzialità originaria. Lucernari lineari e nuovi volumi interni creano dialogo naturale tra arte e luce, così come le gallerie si aprono generosamente alla luce naturale.

Il percorso della collezione si apre con una selezione di quadri europei appartenenti alle correnti espressioniste e astratte degli anni ’50, proseguendo con una serie di dipinti che vanno dalla Pop Art romana all’Arte Povera, dalla Transavanguardia al neo-espressionismo tedesco e americano, fino ad arrivare alle opere della New Geometry americana degli anni Ottanta e Novanta.Nel 2019, in occasione del progetto Rehang, le ultime stanze del secondo piano sono state rinnovate per ospitare una selezione di progetti esposti nei primi dieci anni di attività della Collezione Maramotti, celebrando così il suo ricco percorso storico.

2. Collezione Famiglia Niarchos

Vincent van Gogh, Portrait of Père Tanguy, 1887. Courtesy Niarchos Family Collection

Philip S. Niarchos, figlio del magnate greco Stavros Niarchos, è proprietario ed erede di una delle più importanti collezioni private d’arte impressionista e contemporanea al mondo. Oltre che membro del consiglio di amministrazione del MoMa. 

Per comprendere lo spessore della collezione, è sufficiente sapere che una delle acquisizioni più significative del padre, l’opera Yo, Picasso (1901) di Pablo Picasso, è avvenuta nel 1989 con una cifra di 47,8 milioni di dollari. Niarchos ha proseguito e tuttora prosegue l’ampliamento della collezione, con opere di altrettanto valore come Autoritratto con l’Orecchio Bendato di Vincent van Gogh, ottenuta ad un’asta di Christie’s per ben 71,5 milioni di dollari. Nel 2007 invece si dice che Niarchos abbia speso un prezzo record di 17 milioni di dollari per Green Burning Car I (1963) di Warhol.

La collezione non è visitabile, ma le singole opere vengono cedute in occasione di mostre internazionali, come è accaduto per la retrospettiva in onore del centenario della morte di Van Gogh, dove cinque opere – tra cui Portrait of Père Tanguy (1887) sono state esposte al Museo Van Gogh di Amsterdam.

3. Collezione Eli e Edythe Broad

Interni della Broad Art Foundation. Foto Joshua White, Courtesy The Broad

I coniugi Eli e Edythe Broad sono filantropi da tutta la vita, non solo nel mondo dell’arte. In circa quarant’anni, hanno dato forma alla collezione di arte post-bellica e contemporanea più importante al mondo: la Collezione Eli and Edythe L. Broad visibile presso la Broad Art Foundation. Data la dimensione della collezione, circa 2.000 opere firmate da più di 200 artisti, a partire dal 1984, la Broad Art Foundation ha operato come una sorta di “biblioteca di prestito mondiale” consentendo a 8.000 opere di viaggiare verso circa 500 musei, gallerie, istituzioni universitarie e di aprirsi al pubblico internazionale.

Nel settembre 2015, il Broad inaugura nella sua sede di Los Angeles, ospitando sia il museo d’arte contemporanea che la sede della Broad Art Foundation e quindi della collezione. Progettato da Diller Scofidio + Renfro in collaborazione con Gensler, l’edificio, segue il concetto di “velo e volta”, fondendo insieme due elementi chiave dell’edificio: lo spazio espositivo e la sede della collezione.

La “volta” sottolinea l’importanza della collezione nell’esperienza museale. La sua superficie opaca e pesante resta sempre visibile, sospesa a metà dell’edificio. Il suo lato inferiore dà forma al foyer sottostante, mentre la sua superficie superiore diventa il pavimento dello spazio espositivo. La volta fa anche da deposito per le opere non allestite, ecco perché i progettisti hanno ideato delle finestre da cui i visitatori possono ammirare gli interni. Il “velo”, una struttura leggera e a nido d’ape ricopre su tutti i lati la volta e si estende lungo la galleria, permettendo alla luce naturale di filtrare al suo interno.

4. David e Ezra Nahmad

Claude Monet, Canotiers à Argenteuil, 1874. Courtesy David e Ezra Nahmad

Ossessionati dai maestri del XX secolo come Picasso, Rothko, Renoir, Monet e Matisse, i fratelli Ezra e David Nahmad, originari della Siria, hanno saputo tessere nel tempo una ricca rete di influenze e relazioni che li ha resi due dei mercanti d’arte più influenti del mondo. 

La portata della loro collezione è stupefacente, tanto in termini di volume quanto di valore: con un corpo di circa 4.500 opere custodite a Ginevra che oscilla tra i 7 e gli 8 miliardi di dollari, è un testamento tangibile dell’impatto che hanno avuto nel mondo dell’arte. 

il loro approccio si è sempre distinto per una particolare filosofia, espressa perfettamente da David Nahmad: “La quantità non conta, è la qualità delle opere che possiedo che le rende preziose”. Nonostante la Collezione resti privata, grazie ai frequenti prestiti le opere collezionate dai Nahmad arrivano nei musei di tutto il mondo. Recentemente, nel 2022, 16 loro dipinti di Henri Matisse sono stati esposti presso il Musée Matisse, in occasione della retrospettiva “Matisse in the Nahmad Collection”.

5. Dean Collection, Swizz Beatz e Alicia Keys

Derrick Adams, Woman and Man on Grayscale, 2017. Courtesy Swizz Beatz and Alicia Keys

La Dean Collection di Swizz Beatz, produttore hip-hop, e sua moglie, la musicista Alicia Keys è una delle più importanti collezioni private al mondo di opere di artisti afroamericani, tra cui Lorna Simpson, Derrick Adams, Mickalene Thomas e Nina Chanel Abney. Postasi a sostegno dei diritti degli artisti, con l’obiettivo di portare sotto l’attenzione la questione delle royalties sul mercato secondario sostiene iniziative come “Dean’s Choice”, per una maggiore equità nel mondo dell’arte.

“Siamo giovani artisti di colore e abbiamo davvero una focalizzazione sulla raccolta di giovani artisti di colore”, ha spiegato Keys, aggiungendo che considera tale concentrazione un dovere culturale. 

In dieci anni, la Dean Collection ha raccolto oltre milleopere di un’ampia varietà di artisti, tra cui Kehinde Wiley, Kaws, Jeffrey Gibson e Ansel Adams. I temi delle opere riguardano spesso questioni di potere, storia, razza e genere. La collezione si distingue anche per l’alto numero di artiste, come Toyin Ojih Odutola, Deana Lawson e Deborah Roberts, oltre che artisti autodidatti, come il giovane pittore Reginald Sylvester II.  Immergendosi nell’arte nera, Dean ha realizzato che “non c’erano abbastanza di noi che collezionavamo noi stessi”. 

6. Collezione Lee Kun-Hee

A detta di alcuni commercianti d’arte, il numero esatto di opere che dà corpo alla collezione del defunto Lee Kun-Hee, ex presidente di Samsung, resta un mistero. Molte opere infatti sarebbero ancora rinchiuse nei bunker di famiglia. Quello conosciuto costituisce già di per sé un patrimonio straordinario, di 23mila opere. 

Tra gli artisti coreani figurano opere di Jeong Seon, Kim Whanki e Lee Jung-seop. Opere di grandi maestri come Claude Monet, Salvador Dalí, Pablo Picasso e Marc Chagall fanno parte della selezione di opere d’arte occidentali. Dopo la scomparsa di Lee nel 2020, gli eredi hanno donato le opere a diversi musei, evitando così tasse sull’eredità e sollevando non pochi dibattiti sulla politica culturale della Corea. L’obiettivo è rendere la collezione fruibile al pubblico entro il 2027.

Intanto il Leeum Museum of Art di Seoul, voluto da Lee nel 2004 è rinato sotto la guida del figlio Lee Seo-hyun, che sta portando avanti il compito della promozione dell’arte, sia tradizionale sia contemporanea, con opere di giganti come Alberto Giacometti, Kim Whanki, Lee Bul e Mark Rothko. Si tratta di una produzione grandiosa, con tre edifici progettati da architetti di fama mondiale: Rem Koolhaas, Jean Nouvel e Mario Botta.

7. Collezione Agnelli

La Collezione d’Arte Agnelli è una delle più importanti d’Italia, Purtroppo è divenuta oggetto di attenzione mediatica a causa delle contese legate alla sua eredità. Fondamentale nella storia di questa collezione è la figura di Gianni Agnelli, imprenditore e patron della Fiat, scomparso nel 2003, e di sua moglie Marella Caracciolo, deceduta nel 2019. La coppia, condividendo una profonda passione per l’arte, ha raccolto nel corso della vita centinaia di pezzi. Ha inaugurato nel 2002 la Pinacoteca Agnelli, situata all’ultimo piano del Lingotto a Torino, realizzato su progetto di Renzo Piano.

Alla morte dell’Avvocato, tre proprietà immobiliari contenenti opere d’arte sono passate alla moglie Marella, e successivamente a Margherita Agnelli, loro figlia. Queste opere, tra cui quadri di artisti come Bacon, Monet, Balla, de Chirico e Gérôme, sono state recentemente al centro di una controversia legale, poiché sembra che alcuni di questi pezzi siano scomparsi. 

Auspicando che queste opere tornino il prima possibile alla luce e fruibili, la Pinacoteca Agnelli rimane un punto focale di interesse per la comprensione del gusto dei coniugi Agnelli. Lo Scrigno, la struttura sospesa sul tetto del Lingotto, accoglie infatti 25 capolavori, parte della collezione, che spaziano dal Settecento alla metà del Novecento, tra cui Méditation di Henri Matisse e La Baigneuse blonde di Pierre-Auguste Renoir. 

8. Collezione Famiglia Rubell

Yayoi Kusama, Infinity Mirrored Room - Let’s survive forever, 2017. Foto Chi Lam, courtesy Rubell Museum.

Visite agli studi d’artista, presso spazi espositivi, fiere, gallerie, biennali e musei. Lunghe conversazioni con artisti, curatori e galleristi. Questa è la metodologia con cui i coniugi newyorkesi Mera e Don Rubell, sono divenuti proprietari di una collezione straordinaria che ha permesso, nel tempo, la realizzazione di circa 50 mostre, tra cui le emblematiche “30 Americans”, “Keith Haring: Against All Odds” e “No man's lands”, allestite nei più grandi musei internazionali.

Fin dal 1965, quando Don e Mera Rubell acquistarono la loro prima opera con un pagamento a rate, hanno sempre prediletto opere di artisti emergenti e/o trascurati dal mercato, molti dei quali sono poi diventati celebri: Jean-Michel Basquiat, Cecily Brown, Keith Haring, Yoshitomo Nara e tanti altri.

Oggi la collezione di circa 7.400 opere si divide in due sedi: il Rubell Museum, situato nel quartiere di Wynwood a Miami e aperto nel 1993 e il Rubell Museum Dc, inaugurato nel 2022 nel quartiere Southwest Waterfront di Washington, D.C. che ne rappresenta un’espansione significativa.

9. Gianni e Laura Mattioli

Medardo-Rosso, La-Portinaia - The-Concierge, 1890-1893. Courtesy Laura Mattioli

Nel 2022, in un articolo a lei dedicato dal New York Times, Laura Mattioli è stata definita “la Peggy Guggenheim di Soho”. Un parallelismo che ben le si addice: proprio come Guggenheim infatti, anche Mattioli ha fuso la passione e l’impegno per l’arte alla propria vita personale, trasferendosi da un continente all’altro, da Milano a New York, per far conoscere al pubblico americano e internazionale l’arte e la cultura italiana.

La collezione che Laura Mattioli eredita dal padre, Gianni, ha inizio negli anni ‘30. Ai tempi, il futuro collezionista lavora come fattorino per un mercante di cotone, ma amico dei futuristi Depero e Azari, inizia a collezionare opere con lo scopo di creare una raccolta di selezionati capolavori dell’arte del Novecento. Con opere di Umberto Boccioni, Balla e Severini tra cui Forme uniche della continuità nello spazio e Velocità astratta + rumore, la Collezione cresce fino a diventare una delle più rilevanti sul futurismo italiano e nel 1950 viene aperta al pubblico. 

Alla sua morte nel 1977, Laura – assieme ai suoi figli – diviene erede di questa Collezione in continuo ampliamento e nel 2013 fonda a New York il Center for Italian Modern Art (Cima), istituzione di riferimento dell’arte italiana negli Stati Uniti e centro di formazione rivolto a giovani ricercatori e studenti.

10. David Geffen

David Hockney, Portrait of an Artist (Pool with Two Figures), 1972. Courtesy David Geffen

Con un patrimonio di circa 7,7 miliardi di dollari, Geffen è tra gli uomini più influenti al mondo. La sua storia incarna il mito del sogno americano: nato da immigrati ebrei a Brooklyn, ha iniziato la sua carriera nell’ufficio postale dell’agenzia William Morris, per poi diventare agente e infine fondatore di grandi etichette e case di produzione come Asylum Records e Dreamworks. 

La sua collezione d’arte, stimata attualmente intorno ai 2,3 miliardi di dollari, è composta principalmente da opere di esponenti dell’espressionismo astratto e dell’arte pop, come Jackson Pollock, Willem de Kooning, Mark Rothko, David Hockney e Robert Rauschenberg. Paul Schimmel, ex curatore del Moca di Los Angeles, ha affermato: “La collezione di Geffen è per l’arte americana post bellica quello che la Frick Collection è per la pittura dei Maestri Antichi.”

Nonostante sia in possesso di opere di grande valore culturale, Geffen raramente concede prestiti alle istituzioni museali. Con le sue donazioni però sostiene varie organizzazioni tra cui il Los Angeles County Museum of Art (Lacma) a cui nel 2017, dona 150 milioni di dollari. E a tal proposito, si dice che proprio a loro il Geffen potrebbe lasciare una parte della sua collezione. 

11. Collezione Zabludowicz

Amalia Pica, Farewell, 2009. Courtesy Zabludowic Collection

Di proprietà dei coniugi Anita e Poju Zabludowicz, noti filantropi, La Zabludowicz Collection, che oggi include circa 500 opere, rappresenta una delle iniziative culturali più significative, che va ben oltre la raccolta di opere. Fondata nel 1994, la collezione promuove lo sviluppo delle pratiche degli artisti, includendo opere d’arte internazionale a partire dagli anni ‘60, con un focus sugli artisti attivi in Europa e Nord America dagli anni ‘90 ad oggi. Vanta pezzi di Albert Oehlen, Josh Smith, Rosy Keyser, Alex Hubbard.  ma anche di artisti emergenti come Michael Armitage e Avery Singer. La collezione valorizza la scultura con opere di Damien Hirst, Sarah Lucas, e Rachel Kneebone, e installazioni immersive di Haroon Mirza e Toby Ziegler. 

Nel 2007 inaugura la sede a Londra, con un programma che supporta artisti e curatori emergenti che possono interagire con le opere della collezione, affermandosi così come un punto di riferimento nel campo dell’arte contemporanea.

12. Sammlung Boros: Collezione Boros

Yngve Holen, Fod, 2021. Courtesy Boros Collection

Nel cuore di Berlino, un ex bunker sulla Reinhardtstraße, cela un ricchissimo patrimonio artistico: la collezione privata Boros. Dove ieri si intrecciavano cunicoli soffocanti, oggi c’è una collezione di opere di artisti internazionali come Ai Weiwei, Olafur Eliasson, Alicja Kwade, Michael Sailstorfer, Thomas Scheibitz, Wolfgang Tillmans e Danh Vo. 

Possessore della collezione è Christian Boros, il quale nel 2003 – assieme alla moglie Karen Boros - ha deciso di acquistare questo edificio per trasformarlo in uno spazio espositivo che la ospitasse in tutta la sua grandezza. Qui Boros ha scelto anche di vivere, in una penthouse che ha fatto costruire sul tetto, ispirandosi al padiglione Barcellona di Mies Van der Rohe. Visto dall’esterno, l’edificio appare come una fortezza impenetrabile, con mura di cemento armato e cupe feritoie. Tocchi decorativi di chiara ispirazione rinascimentale ricordano la prima destinazione delll’edificio, concepito come rifugio per proteggere il personale e i passeggeri della stazione di Friedrichstrasse dai bombardamenti degli inglesi. Successivamente, sotto il regime nazista è stato trasformato in un simbolo della visione di una capitale mondiale ideata da Hitler e Speer.

L’operazione di ristrutturazione viene realizzata dagli architetti Jens Casper, Petra Petersson e Andrew Strickland i quali hanno dovuto praticamente sventrare l’edificio. Il risultato finale è uno spazio che conserva tutte le sue precedenti identità, con aperture improvvise sulle opere d’arte in un percorso fatto di scale a doppia spirale, corridoi, vuoti improvvisi e camerette claustrofobiche. La collezione Boros diviene così emblema della trasformazione della città di Berlino e, tramite opere che spesso riflettono sui temi di controllo e libertà, delle fasi – diverse e contrastanti – che ha vissuto.

13. Marciano Art Foundation

La Marciano Art Foundation è una fondazione artistica non-profit con sede nel quartiere Mid-Wilshire a Los Angeles, in California. Di proprietà dei co-fondatori di Guess, Maurice e Paul Marciano, la fondazione apre le porte al pubblico nel 2017, con una collezione composta da circa 1.500 opere d’arte contemporanea.

La Marciano Collection riflette non solo le tendenze artistiche, ma anche le questioni e le sfide sociali che caratterizzano il nostro tempo. Attraverso l’acquisizione variegata di opere prodotte sia da artisti internazionali affermati, mid-career che emergenti, tra cui Tomas Saraceno, Gabriel Sierra, Goshka Macuga, Jpw3 e Wyatt Kah, si pone come un punto di riferimento significativo per la comprensione dell’arte contemporanea e il suo impatto sul contesto sociale e culturale globale.

La sede viene scelta grazie a un suggerimento dell’artista Alex Israel nel 2013: si tratta dell’ex Tempio Massonico Scozzese, acquistato per 8 milioni di dollari. La trasformazione in spazio espositivo viene affidata all’architetto Kulapat Yantrasast dello Studio Why Architecture and Design. Con i suoi 110.000 mq distribuiti su quattro piani, la struttura è paragonabile per dimensioni al The Broad. All’ingresso, un giardino di sculture di 5.000 mq ospita tra gli altri le opere di Oscar Tuazon, Danh Vō e Thomas Houseago.

14. Valeria Napoleone

Courtesy Valeria Napoleone

Friedman, Judith Hopf, Frances Stark e Andrea Büttner. Opere d’arte singolari, che interrogano la nostra epoca e il nostro rapporto con i cliché, la sessualità, l’economia e la libertà. “Sono diventata collezionista nel posto e nel momento giusto, New York negli anni ‘90, un periodo in cui questa città abbondava di artisti. Era l’epicentro dell’arte contemporanea. Un numero significativo di donne attirava l’attenzione, come Cindy Sherman, per esempio.” ha condiviso la collezionista.

Napoleone si distingue per il suo impegno femminista e contribuisce attivamente nella creazione di una community di donne di diverse età e nazionalità, le cui pratiche variegate si stringano attorno ai valori di coraggio e audacia, lontano dalle regole del mercato dell’arte. Oltre ad essere una collezionista è anche una filantropa che incentiva anche la produzione di libri e cataloghi delle mostre personali delle artiste. 

La collezione di Napoleone è più di una semplice raccolta di opere d’arte; è un impegno attivo nella costruzione di un futuro più inclusivo e accessibile.

Immagine di apertura: Pinacoteca Agnelli, interni, vista delle opere di Henri Matisse

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