È tuttavia un caso molto raro poter vedere, solo per citare alcune delle molte esposte, opere come: Igloo di Giap (Merz, 1968), Penne di Esopo (Pascali, 1968), Soffio 6 (Penone, 1978) o il celebre Senza titolo del 1968 di Anselmo in cui un blocco di granito sembra stia fagocitando un cespo di lattuga, quasi congiuntamente a lavori di esponenti del Radicale quali la Tecnica Povera di Dalisi con la sua Sedia in cartapesta (1973), o i Modelli delle abitazioni verticali (1975) realizzati da un Michele De Lucchi ancora studente della facoltà di Firenze. E anche, sempre di Dalisi, le immagini del suo lavoro svolto nelle periferie di Napoli come l’Animazione del Rione Traiano (1971-75), i progetti Archizoom di Gazebi ideati per “Pianeta Fresco” (1967), i Disegni per i destini dell’uomo (1973), lavori di Sottsass, frutto delle sue peregrinazioni in zone desertiche della Spagna e, a dominare la sala, la grande installazione di Gianni Pettena Wearable chairs frutto della performance svolta negli Stati Uniti (1971).
I Poveristi e i Radicali sono stati accomunati dall’esaltazione del carattere empirico della loro ricerca che rendeva esperibile, fisicizzabile, nell’oggetto-opera il processo di pensiero che ne era all’origine. Hanno posto in essere un dialogo vivace tra la dimensione materiale e quella immateriale del fare artistico, preteso un’inedita contiguità tra il corpo e l’ambiente come in un sistema di vasi comunicanti.
fino al 29 agosto 2016
Un art pauvre
Centre Pompidou, Parigi
Curatore: Frédéric Paul