Gli spazi che la compongono, oltre 5.000 metri quadri accessibili attraverso scale e scaloni – la scala nobiliare, quella della servitù, quella degli inquilini e quella di servizio – si articolano in vari corpi intorno a due corti centrali e sono disposti su sette livelli. Gli appartamenti si diversificavano nel carattere: più sobrii o più sontuosi, talvolta elegantemente affrescati, dotati di camini, di patii o terrazze, godevano di scorci panoramici sulla valle o sulla vicina cupola di San Gaudenzio. Abbandonata per oltre trent'anni, completamente délabré, le stanze scrostate e fatiscenti affacciate sui corridoi, spogliate ormai di ogni cosa tranne qualche raro oggetto di metallo che resta, abbandonato come scheletro, Casa Bossi si offre oggi come teatro di un intervento artistico affidato a Gian Maria Tosatti su commissione del Comitato d'Amore per Casa Bossi, che opera per la riqualificazione dell'edificio e la sua destinazione a centro culturale, e a cura di Alessandro Facente e Julia Draganovic. Dal teatro Tosatti proviene, avendoci lavorato prima di dedicarsi all'arte. Non è un caso che il suo lavoro prenda sempre avvio dai luoghi straordinari che sa individuare, e sui quali la sua immaginazione si innesta, trasformandoli in eloquenti scenografie. Un innesto organico, che parte dagli ambienti, dal loro passato e dal loro presente, dalle storie e dalle memorie che questi custodiscono.
Gli interventi di Tosatti non riqualificano l'ambiente, non ne rivelano nulla di specifico; piuttosto vi aggiungono senso, spessore, intensità; ne accentuano l'aspetto archeologico, di rovina, trasformandolo in spazio interiore, della memoria e mettendo i visitatori nella posizione di testimoni. Amplificano il senso di temporalità. il risultato è profondamente malinconico, ma anche teatralmente seduttivo.
I suoi interventi sono estremamente costruiti, calcolati, ma difficilmente percepibili come effetto della mano dell'uomo.