Rafael A. Balboa, Ilze Paklone: Il 2013 è stato un anno importante per Kengo Kuma. Abbiamo visto il compimento di molte idee già affrontate in precedenti edifici. In particolare riguardo al tuo progetto più recente, SunnyHills, ci sono evidenti risonanze tra il modello di business del tuo committente e il modo in cui fai architettura in questo momento. L’edificio ricorda in qualche modo le sculture lignee dell’artista giapponese Tadashi Kawamata.
Kengo Kuma: Credo che il modello di business del committente sia davvero senza paragoni, perché non parte da una motivazione di profitto. Il committente possedeva già un’impresa affermata. La sua città si trova in una delle zone più povere di Taiwan, ma è un buon posto per le piantagioni di ananas. Per questo laggiù hanno iniziato a produrre e commercializzare dolci all’ananas. Il dolce all’ananas a Taiwan è decisamente tipico e popolare. Ma lo volevano produrre in modo differente, usando solo i migliori ananas della zona.
Il loro modello di business mi è rimasto simpatico e ho deciso di accettare l’incarico. È molto simile a quel che facciamo in architettura. Lo scopo del progetto d’architettura è anche rendere vive singole località giapponesi e dimostrare la qualità dei materiali. Se si riesce a mettere in luce l’essenza di questi materiali, ciò può essere d’aiuto alle imprese locali. Non nel breve periodo, ma a lungo termine.
Quanto all’opera di Kawamata, è sempre qualcosa di sovrapposto alla struttura preesistente. Quella adottata a SunnyHill è una soluzione decisamente strutturale. Le opere di Kawamata talvolta hanno un carattere più che altro decorativo.
Rafael A. Balboa, Ilze Paklone: L’antico testo filosofico cinese dei Ching invita a considerare il cambiamento come parte della natura umana. L’opera di Kengo Kuma è per l’appunto in mutamento costante, anche quando una linea logica collega un progetto all’altro c’è la chiara intenzione di far evolvere l’uso dei materiali. Come si traduce questa idea in questo progetto?
Kengo Kuma: L’origine della serie è un progetto battezzato Cidori, iniziato nel 2004. Per quel progetto avevamo studiato i giunti dell’architettura giapponese tradizionale e avevano scoperto un sistema molto interessante a Hida Takayama [città della provincia di Gifu celebre per la sua tradizione di carpenteria]. Il sistema Cidori è spiccatamente democratico e nasce dai giocattoli dei bambini. Con questo sistema chiunque, anche un bambino, può partecipare alla creazione di strutture tridimensionali.
Con il sistema Cidori costruimmo, con i miei studenti, un piccolo padiglione a Milano (2007). Fui molto soddisfatto del progetto. Volevo far un passo avanti per costruire non solo un piccolo padiglione temporaneo, ma un edificio permanente. Perciò realizzammo il GC Prostho Museum Research Center di Kasugai (2008-2010). È stata una bella sfida progettare un edificio alto 10 metri con il sistema Cidori. Volevo anche creare uno spazio più dinamico. Nel progetto dello Starbuck Coffee di Daizafu Tenmangu (2011) modificammo il sistema perpendicolare per inclinarlo diagonalmente. La sfida stava nel creare e controllare il flusso spaziale attraverso il sistema strutturale. Era l’opposto dell’architettura di calcestruzzo del XX secolo. L’idea di creare il flusso spaziale è completamente diversa dalla statica delle strutture portanti di calcestruzzo. Se si vuol creare il flusso spaziale con una struttura portante di calcestruzzo si possono aggiungere ulteriori superfici oppure tamponature alla statica della struttura. La struttura portante e la superficie secondaria sono sostanzialmente separate.
Nel XX secolo fare architettura e costruire un edificio erano anche considerate questioni professionali riservate alle grandi imprese dell’edilizia. Ma in Giappone la costruzione in legno, prima del XX secolo, era un sistema molto aperto. Chiunque poteva usarlo per costruire, perché il legno è un materiale semplice da tagliare e da montare. Vorrei ritornare al tradizionale sistema costruttivo democratico. Cidori può essere il miglior esempio di una sistema di questo genere.
Rafael A. Balboa, Ilze Paklone: La distribuzione dei componenti di legno è molto importante per ottenere questo flusso. Il corpo naviga nello spazio prima di tutto in senso orizzontale, e nel caso dello Starbucks Café di Omotesando i componenti seguono questa distribuzione, creando un effetto estremamente dinamico. Nel caso di SunnyHills i componenti sono progettati per essere percepiti verticalmente: dicci qualcosa di questa soluzione.
Kengo Kuma: A SunnyHills abbiamo ulteriormente elaborato l’idea del sistema strutturale diagonale che avevamo già usato per il progetto Starbucks. L’ingegnere strutturista Jun Sato ha proposto una soluzione interessante per sostenere i tre piani dell’edificio. Era ispirata al sistema di giunti Jiigoku Gumi. Tradizionalmente le tamponature shoji vengono messe in opera con il sistema Jiigoku Gumi senza chiodi né collanti. Finora non era mai stato usato per costruire un edificio.
Il sistema Jiigoku Gumi consiste nella sovrapposizione di sue strati [di sottili bacchette di legno] mantenute compatte da un terzo strato. Qualcosa di simile al tessuto o alla maglia. L’adattamento del sistema Jiigoku Gumi è strutturalmente molto più resistente di quello che abbiamo usato nello Starbucks, che sostiene unicamente il tetto. E si tratta di un adattamento e di un’invenzione di Sato san. In questo senso si verifica un incontro fra il sistema tradizionale e un sistema strutturale pienamente contemporaneo.
Rafael A. Balboa, Ilze Paklone: Hai appena parlato della democrazia di questo sistema, ma nell’architettura tradizionale giapponese talvolta il sapere più profondo rimaneva segreto, Guarda per esempio gli schemi di carpenteria contenuti negli Shomei (i manuali di progettazione mantenuti segreti dalle famiglie dei carpentieri). Talvolta in Giappone l’affinamento tecnico ha prodotto un sapere decisamente esoterico, ma a quanto pare tu cerchi di riportare in uso questo sapere.
Kengo Kuma: In origine bere il tè faceva parte di una cultura profondamente democratica. Poi i maestri del tè cercarono di costituire una loro setta. Lo sviluppo delle costruzioni di legno ha una storia analoga. In origine la costruzione di legno era molto democratica. Con il tempo questo genere di sistema flessibile finì con il diventare un segreto. Gli Shomei e i carpentieri sukiya cercavano di tenere riservati il loro sapere e la loro competenza.
La base della mia attività professionale è il Modernismo. Nel XX secolo la costruzione tradizionale giapponese in legno si insegnava e si imparava secondo sistemi differenti. Togo Murano, Isoya Yoshida e altri maestri sukiya avevano ciascuno la sua scuola e sistemi separati. A loro questo genere di raffinatezza piaceva. Io voglio eliminarlo, direi che è il mio obiettivo.
Rafael A. Balboa, Ilze Paklone: Di recente il governo giapponese ha ripreso a favorire l’uso del legno nelle aree urbane da parte dell’industria edilizia. Sulla base di questa politica quali altri aspetti intendi continuare a sperimentare riguardo a questo materiale?
Kengo Kuma: Prima dell’epoca Meiji Tokyo era una stupefacente, densa megalopoli di edifici di legno. I punti deboli erano gli incendi e i terremoti. Ma poiché la tecnologia di oggi può rendere il legno ignifugo e arrestarne il deterioramento, possiamo riportare il legno nelle grandi città.
La cultura e la mentalità del Giappone sono state influenzate dall’uso urbano del legno, dalla morbidezza del materiale e dalla scala umana delle costruzioni. Nel XX secolo, all’arrivo in Giappone del calcestruzzo, questo genere di cultura venne devastato. Il prezzo è la perdita della nostra identità. Se riesco riportare i legno nelle grandi città e a farlo ridiventare il materiale principale, è possibile recuperare la cultura giapponese. È il mio sogno.
Rafael A. Balboa, Ilze Paklone: Il legno possiede qualità positive e vincoli come ogni altro materiale. Ma per quanto riguarda l’invecchiamento?
Kengo Kuma: Credo che l’invecchiamento del legno sia un bene. È molto naturale. L’invecchiamento per la cultura giapponese è un valore, apprezziamo l’invecchiamento del materiale. L’invecchiamento naturale rende la città più matura. È un punto di vista molto raffinato. La cultura del XX secolo consisteva nell’apprezzamento del nuovo. Quel che pareva nuovo, era buono.
Per Sunny Hill abbiamo mantenuto il legno a vista. È trattato in modo da essere ignifugo. Il ciclo di vita del materiale è di oltre vent’anni. Passo dopo passo vedremo il legno cambiare colore. È un gioco che mi piace. Sunny Hill può essere la dimostrazione della bellezza dell’invecchiare, mi pare.
SunnyHills
Minami-Aoyama 3-10-20, Tokyo
Progetto: Kengo Kuma & Associates
Ingegneria strutturale: Jun Sato Structural Engineers
Società costruttrice: Satohide
Superficie del sito: 175,69 metri quadrati
Superficie costruita: 102,36 metri quadrati
Superficie calpestabile complessiva: 293,00 metri quadrati
Destinazione principale: negozio
Numero dei piani: +2, -1
Superficie calpestabile: 79,50 metri quadrati
Struttura: calcestruzzo armato, parzialmente in legno
Termine dei lavori: dicembre 2013