Negli ultimi anni, abbiamo assistito alla rinascita della retorica della "città spontanea"; in tempi di recessione economica, si fa sempre più spesso appello all'informale' come soluzione contro i mali della città neoliberista. Protagonista della città informale è la cosiddetta infill architecture, una forma di produzione edile, in cui la residenza è ridotta a una struttura flessibile, personalizzata dai suoi abitanti. Questa concezione dell'abitare risponde alla rapida crescita delle città, ma è anche promossa quale strumento per incoraggiare la partecipazione degli abitanti alla costruzione del proprio ambiente: in antitesi all'architettura iperprogettata, il modello infill viene sempre più riconosciuto come un mezzo per dare spazio alla creatività del singolo abitante. In realtà, la linea ideologica che divide questo sistema dalla condizione di molte baraccopoli, nelle quali il fai da te è una scelta obbligata piuttosto che un modello costruttivo originale, è ambigua e sottile. L'infill, infatti, può essere interpretato come una soluzione cinica, un'accettazione dello status quo, in cui capacità di adattamento e costruzione a basso costo sono sfruttate sul piano sociale e politico per gestire una popolazione povera e in costante crescita. Per rileggere e comprendere l'ambivalenza dell'infill bisogna, forse, partire dal suo precursore—la Maison Dom-ino di Le Corbusier—e percorrerne lo sviluppo fino a una delle sue applicazioni più radicali: la palazzina per appartamenti che costituisce l'ingrediente fondamentale delle città greche contemporanee e che è conosciuta con il nome di polykatoikia [1].
Maison Dom-ino
Progettata nel 1914 come sistema mirato all'edilizia spontanea, la Maison Dom-ino è diventata la forma costruttiva più diffusa nei Paesi in via di sviluppo: una struttura di cemento armato aperta a ogni tipo di suddivisione e, quindi, d'interpretazione spaziale. Nello sviluppare questo modello, Le Corbusier si era ispirato sia all'architettura tradizionale ottomana e ai suoi edifici su pilastri in legno[2], sia alla ripetitività delle case fiamminghe. Nel tentativo di avvicinare edilizia e architettura, Le Corbusier aveva guardato con attenzione a questi sistemi costruttivi vernacolari, reinterpretandoli all'interno della logica del tipico piano industriale e dei più aggiornati sviluppi nella costruzione in cemento. Le Corbusier sviluppò il suo prototipo immaginando una fase postbellica di ricostruzione, nella quale l'urgente necessità di alloggi avrebbe richiesto soluzioni nuove e più flessibili per costruire abitazioni, in particolare per le classi meno abbienti. In questo senso, la Maison Dom-ino rappresenta la migliore dimostrazione del motto dell'architetto francese: "Architettura o Rivoluzione". Infatti, in essa l'architettura non si traduce semplicemente nella necessità di offrire un mero riparo bensì, citando Michael Foucault, diventa un vero e proprio 'dispositivo', vale a dire un apparato che impiega e, in tal modo, 'controlla' il potenziale della manodopera non specializzata. In tal senso, l'apparente 'informalità' della Maison Dom-ino rappresenta il perfetto pendant abitativo della rigida organizzazione fordista-taylorista del lavoro, in base alla quale gli operai venivano sradicati dal loro ambiente natale e immessi come pura forza lavoro, priva di qualsivoglia competenza specifica, nell'automatismo della catena di montaggio. Tuttavia, grazie alla sua estrema genericità e adattabilità, la Maison Dom-ino si è dimostrata efficace anche dopo la fine dell'era industriale.


La polykatoikia fu concepita originariamente negli anni Trenta come edificio a più piani per appartamenti, destinato alla borghesia ateniese[3]. La proliferazione di questa tipologia fu sostenuta dallo Stato tramite la promulgazione di un regolamento edilizio generale e di una nuova legge sulla proprietà[4]. Questa legge consentiva ai proprietari di un terreno edificabile di scambiarlo, senza alcuna imposizione fiscale, con una certa quantità di spazio abitabile costruito—una decisione che toglieva allo Stato ogni possibilità di controllo sul settore edile che venne, in tal modo, deregolarizzato a tutti gli effetti. Il modello della polykatoikia mirava dunque a sviluppare e a rendere produttive le competenze tecniche del comparto edile locale, creando così un sistema coerente ma flessibile di tecniche costruttive, materiali, dettagli e schemi strutturali. Come nella Maison Dom-ino, questo sistema combinava soluzioni industriali avanzate con lo sfruttamento di manodopera non qualificata. Per mezzo della polykatoikia, il progetto della città veniva implementato non più attraverso una pianificazione generale decisa dall'alto, ma per mezzo di un quadro legislativo astratto, reso effettivo tramite la pratica della costruzione informale. Questa logica costruttiva diventò particolarmente importante e diffusa soprattutto con la ricostruzione postbellica di Atene. Al termine della Seconda guerra mondiale, la Grecia precipitò in una sanguinosa guerra civile, terminata con la sconfitta delle forze comuniste. Il nuovo governo 'democratico' mise a punto un piano per prevenire potenziali rivolte della classe operaia; parte di questa strategia si basava sulla decisione di evitare grandi concentrazioni industriali, incoraggiando piuttosto un'economia legata alla produzione edilizia su piccola scala, allo scopo di frammentare, e perciò controllare, la popolazione. Sostenendo il sistema della polykatoikia, il regime poté promuovere la ricostruzione del Paese e la conseguente ripresa economica con un intervento minimo da parte dello Stato[5]. In tal modo, il crescente bisogno di abitazioni era soddisfatto senza alcun programma di aiuti pubblici[6], mentre per una larga parte della popolazione si apriva la possibilità di diventare proprietari privati[7]. La forma generica della polykatoikia è stata capace di assorbire tutte le classi sociali e ha permesso qualsiasi tipo di arrangiamento spaziale, diventando così una tipologia adatta per ogni livello di densità urbana.
Con questo progetto, vorremmo rivelare la natura generica della polykatoikia e, al tempo stesso, leggere l’architettura della città nella sua interezza


Il lavoro su Atene, che abbiamo svolto con un gruppo di ricercatori del Berlage Institute, è stato profondamente influenzato dall'urgenza sociale di nuove prospettive creata dalla crisi economica e urbana che ha colpito la Grecia dal 2008. Il progetto parte quindi da una valutazione critica del protocollo della polykatoikia e della soggettività che ha prodotto, dal momento che sia la logica economica sia il funzionamento sociale della città della polykatoikia hanno mostrato i propri limiti. Con questa proposta vorremmo anzitutto mettere a tema la natura generica della polykatoikia e, al tempo stesso, cercare di leggere l'architettura della città nella sua interezza, andando oltre la scala della singola abitazione. Non proponiamo un piano generale, ma un catalogo di azioni architettoniche che ripensano il frammentato tessuto delle singole residenze secondo forme urbane coerenti e precisamente definite. Queste forme sono la corte, l'isolato, la via e lo strato più collettivo della città: il piano della strada. La flessibilità della polykatoikia viene così riveduta e corretta secondo uno scenario opposto a quello in cui si è sviluppata. Se la Maison Dom-ino incoraggia l'intraprendenza del singolo proprietario, spingendolo a comporre il proprio spazio, e a organizzare e manipolare la sua parte dello scheletro della palazzina, le soluzioni che proponiamo implicano forme diverse di volontà collettiva e di collaborazione. La corte, l'isolato, la via e il piano strada diventano figure che possono essere recuperate dal tessuto della polykatoikia; la nostra proposta radicalizza tali figure in 'archetipi' architettonici distinti. Paradossalmente, ripetizione e discontinuità sono i due tratti peculiari dell'Atene contemporanea: su grande scala, l'urbanizzazione della capitale greca è ripetitiva e omogenea—manca di senso gerarchico, di spazi pubblici e di un'anatomia chiara—mentre, se guardiamo alla scala dell'architettura, ogni isolato risulta costruito in maniera caotica e frammentaria. Gli archetipi che proponiamo fanno parte della grammatica di ogni città mediterranea, ma risultano illeggibili nell'Atene di oggi. Le corti sono tagliate da recinzioni, poco curate e mai usate, semplicemente perché suddivise tra troppi proprietari; gli isolati della città sono costruiti senza alcuna logica, perché le proprietà sono eccessivamente frammentate, mentre le vie e i piani strada sono compromessi da migliaia di tentativi discontinui e mancati di realizzare delle stoa, che finiscono per diventare sgradevoli insaccature piuttosto che spazi pubblici.



1. Poly-katoikia è una parola greca composta, formata dai termini poly, tradotto come multi, e katoikia, abitazione. Indica una costruzione per appartamenti a più piani, e ha finito per diventare il termine con cui si indica qualunque esempio di edilizia residenziale, a eccezione delle case unifamiliari suburbane
2. Vedi: Adolf Max Vogt, Le Corbusier, The Noble Savage, MIT Press, Cambridge 2000
3. Per un'approfondita analisi della nascita e dell'evoluzione della tipologia della polykatoikia negli anni Venti e Trenta, vedi Dimitris Emmanuel, The Growth of Speculative Building in Greece: Modes of Housing Production and Socioeconomic Changes, tesi di dottorato, London School of Economics and Political Science, Londra 1981
4. Vedi "Il Regolamento Edilizio Generale dello Stato" (3 aprile 1929) e la legge 3741/1929 "Sulle Divisioni Orizzontali della Proprietà e altri provvedimenti"
5. Sulle particolarità di questo modello economico (in greco): Panos Kazakos, Tra Economia di Stato e di Mercato e Politica Economica in Grecia, 1944-2000, Patakis, Atene 2009
6. Dimitris Emmanuel, Housing Public Policies in Greece: The Scale of an Absence, Centro Nazionale per le Ricerche Sociali, Atene 2006
7. Questo particolare processo e le implicazioni politiche di questo progetto economico sono stati discussi in modo approfondito e descritti in un testo fondamentale del 1951: il rapporto "Sui Problemi Economici della Grecia" dell'economista greco Kyriakos Varvaressos. Prevedeva e analizzava le particolarità di questa importante riforma. Recentemente pubblicato (in greco): Varvaressos Kyriakos, Rapporto sui Problemi Economici della Grecia, Savalas, Atene 2002
8. N. X. Rousanglou (in greco), La percentuale dell'84.6% di abitazioni in proprietà in Grecia, Kathimerini, 04/01.2006, dati dal Rapporto Generale sulle Attività dell'Unione Europea, 2005, Commissione Europea, Bruxelles, Lussemburgo 2006
9. Per la nozione di esempio ci riferiamo a Paolo Virno, Virtuosismo e rivoluzione, in Mondanità, Manifesto Libri, Roma 1994


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