Nel 1965, il presidente-architetto del Perù Fernando Belaúnde Terry avviò le consultazioni per un programma di edilizia sociale che regolamentasse il flusso inarrestabile di popolazione in cerca di un destino urbano (già a metà degli anni Sessanta la città informale, con le sue barriadas, sembrava aver sopraffatto la parte ?urbanizzata' di Lima). Sotto la guida di Peter Land, e il sostegno delle Nazioni Unite, nacque il progetto di un quartiere sperimentale che coinvolse i migliori architetti dell'avanguardia radicale internazionale scelti fra coloro che avevano una solida reputazione in fatto di edilizia sociale. A partecipare in quello che diventò un denso collage urbano furono invitati architetti coinvolti nei più interessanti esperimenti di social housing dei primi anni Sessanta come, per esempio, il quartiere di Runcorn New Town Housing di James Stirling, il programma di case-capsula per Nippon Prefabrication Co. del gruppo dei Metabolisti; o ancora le Tube Housing di Charles Correa (diventata un modello per la regione indiana del Gujarat); o la Cité Horizontale di Casablanca di Georges Candilis, già collaboratore di Le Corbusier a Marsiglia.
Senza flessibilità non si può avere espressione culturale: si ricavano solamente nozioni calate dall’alto su come la gente deve vivere
PREVI è il prodotto di condizioni del tutto straordinarie. Negli anni Sessanta, la popolazione di Lima cresceva a un ritmo tale da rendere i progetti governativi di edilizia popolare vergognosamente inadeguati, e per ovviare al problema gli abitanti della capitale si costruivano le proprie abitazioni in quelle informali barriadas che oggi occupano oltre metà della sua superficie. Nel 1966 il presidente del Perù era un architetto, Fernando Belaunde. Su suggerimento di Peter Land, un architetto inglese che lavorava alle Nazioni Unite, Belaunde indisse un concorso internazionale per trovare una soluzione ai problemi di crescita della città. A leggere oggi la lista dei partecipanti, si ha l'impressione di fare l'appello dell'avanguardia di quegli anni: James Stirling, Aldo Van Eyck, i Metabolisti, Charles Correa, Christopher Alexander, Candilis Josic & Woods, per citare solo i più famosi. Tredici studi internazionali e tredici peruviani concorsero a dar vita a quella che appare una specie di Olimpiade del social housing. Una tale concentrazione di architetti di questo livello non ha più fatto sentire il suo peso nel campo dell'edilizia popolare: negli anni a seguire, infatti, la professione se ne è disinteressata, finendo per identificare il museo come il vertice delle proprie ambizioni.
E tuttavia è questo il lato geniale di PREVI: essere progettata come piattaforma per il cambiamento. Le abitazioni non erano un fine, ma un inizio: le fondamenta per un'opera di espansione. Un concetto rivoluzionario. Naturalmente quella di modificare il prodotto offertole rappresenta una tradizione della classe operaia, come Le Corbusier scoprì con disappunto a Pessac, ma non si è mai trattato di una cosa deliberata. Le soluzioni prevalenti nel settore dell'edilizia popolare, la torre e il grande condominio, erano singolarmente rigide. In più, esse non potevano venir adottate perché non offrivano delle risposte abbastanza economiche e sufficientemente rapide per la situazione peruviana. Il concorso peraltro era orientato verso concetti come l'alta densità e l'altezza ridotta, così gli architetti furono invitati a recarsi a esaminare il modo in cui vivevano gli abitanti delle barriadas. Molti furono colpiti dalla loro rustica ingenuità, così PREVI fu concepito come una loro versione formale.
La storia del progetto è piuttosto tormentata. Quando, nel 1970, i giudici incaricati di esaminare le proposte in concorso non riuscirono a scegliere un vincitore, fu deciso di realizzarle tutte. Il progetto pilota consisteva di cinquecento abitazioni, e consentiva di testare pienamente sul terreno le varie idee, così che in una seconda fase la migliore sarebbe emersa fra tutte. La seconda fase tuttavia non ebbe mai inizio.