Nel 1972 Kisho Kurokawa realizza a Tokyo, tra i quartieri di Ginza e Shinbashi, una delle poche icone costruite dell’onda metabolista giapponese: percorrendo tutti gli anni ’60 con progetti megastrutturali ispirarti a aggregazioni biologiche che rispondevano ad un nuovo presente già futuribile e automatizzato, i metabolist giapponesi avevano costituito un versante piuttosto peculiare di quell’onda radicale internazionale che era rappresentata ad esempio dagli Archigram in Inghilterra, vedendo l’apice di molte loro ricerche formali espresse nelle strutture per l’Expo 1970 di Osaka.
Con le sue 144 unità modulari minime e integrate, la Nakagin Capsule Tower rappresentava l’applicazione di queste letture alla scala dì un abitare individuale, plug-in, fluidamente aggregabile, aggiornabile e sostituibile. Gli aggiornamenti però non vengono messi in atto e la demolizione della torre è programmata dopo 50 anni, il 12 aprile 2022. Molti dei residenti concordano sulla sua sostituzione, mentre quelli che per anni ne hanno promosso la conservazione lavorano per la cessione di alcune capsule a diversi musei.
Fin da subito dopo la seconda guerra mondiale, Domus aveva rivolto la sua attenzione all’articolazione di una nuova modernità in Giappone, e alle modalità del suo scambio con l’Occidente. A valle del periodo metabolista, pubblica allora la Nakagin Capsule Tower nel numero 520 dell’aprile 1973 . Si tratta di un’indagine tipologica che si estende al concetto stesso di capsula nel lavoro di Kurokawa e al suo uso, a volte anche in compromessi non molto radicali con la tradizione locale.
Al piano d’ingresso dell’edificio, una caffetteria; al primo piano, gli uffici; da questo livello in su, 140 alloggi uniambientali, ognuno costituito da una capsula di m 4X2,5x2,5.
Le 140 capsule, ‘appese’ alle torri in cemento armato che raccolgono le comunicazioni verticali, sono delle cellule identiche, prefabbricate, in acciaio; corredate da unità-bagno, impianto di condizionamento, televisione a colori. Costruite ad Osaka, sono state trasportate a Tokio via camion. Tempo di montaggio per ogni capsula: tre ore.
Nel giro di un mese, le capsule sono state vendute tutte, come pied-à-terre in città per uomini d’affari, professionisti ecc. Questo “capsule building” realizza, secondo l’architetto, l’idea base del gruppo Metabolism, cioè la concentrazione dei traffici e dei servizi in ‘torri’ cui le ‘cellule’ di abitazione vengono ‘appese’ in modo da poterle poi anche sostituire, scambiare, ecc. Operazione che tuttavia sembra resa impossibile dai costi, per questo edificio.
Capsule Villa “K” in Karuizawa
Kisho Noriaki Kurokawa e Associati, Tokyo, 1972
In realtà questa è una finta “capsula”: mentre l’esterno promette cose eccezionali e del tutto occidentali, l’interno è quello di una tradizionale casa borghese giapponese (fino al punto dei finti travicelli che sorreggono la struttura in c.a.).
Non è stata fatta la necessaria “scelta”; se si vuole accettare un diverso tipo di casa, si devono cambiare i modi di vita, se non si vuole rinunciare alle proprie abitudini (come è anche giusto, perché non è necessario) bisogna saper rinunciare al futuribile architettonico.