La prima serie di interventi, di Paolo Scrivano e di Elli Mosayebi, ha illustrato il ventennio d'oro del secondo dopoguerra in Italia. Le esperienze di ricostruzione dell'INA-Casa e l'approccio culturale, intrapreso da un'imprenditoria illuminata come quella di Adriano Olivetti, raccontano di una Italia-laboratorio che ha sviluppato un suo modernismo artigianale, dove il ruolo politico e sociale dell'architettura si è concretizzato in edifici, testi e manuali, capaci di suscitare l'attenzione di tutto il mondo. Il successivo intervento di Martino Stierli si è concentrato, infatti, sullo "scambio transatlantico" tra Italia e Stati Uniti, riportando l'esperienza all'Accademia Americana a Roma, negli anni Cinquanta, di due prestigiosi statunitensi come Louis Khan e Robert Venturi.
Immagini di architetti-assessori come Nicolini e Cervellati raccontano di un'Italia dove progetto politico e immagine architettonica hanno affrontato enormi questioni sociali e culturali, avviando un'eroica stagione urbanistica e di edilizia pubblica.
Eppure, come giovane architetto attivo sul campo, non riesco a identificarmi in questo scenario. Non riconoscendomi in ideologie pregresse e ormai passate, penso di avere il diritto, e forse anche il dovere, di studiare, con onestà intellettuale, ed elaborare la storia, la tradizione e la produzione teorica della nostra cultura, da Rossi a Tafuri, da Branzi a Gregotti, senza per questo dover essere accusato di essere reazionario o neoconservatore. Qualcuno, a suo tempo e per sue ragioni, ha "ucciso i padri" della nostra generazione senza preoccuparsi di crescerne i figli, i quali, da autodidatta, si sono fatti le ossa in un mondo che è cambiato molto rapidamente ed è diventato globale. L'Italia ospita in questo momento numerose realtà professionali capaci di confrontarsi pienamente con il contesto internazionale, attraverso progetti, iniziative editoriali ed esposizioni. Questa condizione, però, si esaurirà presto, dato che giovani progettisti trentacinquenni europei cominciano a realizzare progetti importanti, mentre i nostri restano sulla carta. L'attuale classe dirigente ed intellettuale del Paese deve farsi carico di questa responsabilità, riprendendo un discorso di continuità teorico-critica, culturale e politica capace di interpretare, supportare e indirizzare le nuove generazioni di progettisti. Oppure farsi da parte. Altrimenti non ci resterà che continuare a canticchiare ossessivamente la solita rassicurante filastrocca: "tre elefanti si dondolavano sopra il filo di una ragnatela…". Gianfranco Bombaci
Note:
Elli Mosayebi ha proiettato alcune scene tratte da "Le mani sulla città" di Francesco Rosi [http://www.youtube.com/watch?v=tuhY3AtRIsA&feature=related]
Baukuh, Video del progetto per il Padiglione Italiano all'Expo 2010 di Shangai
[http://www.youtube.com/watch?v=7N-YBhclyyE]
Fabrizio Gallanti ha proiettato alcune scene tratte da "Sfrattato Cerca Casa Equo Canone" di Pierfrancesco Pingitore [http://www.youtube.com/watch?v=-pulp8F7wac]
e da "Fame chimica" di Antonio Bocola e Paolo Vari [http://www.youtube.com/watch?v=_bW9WfWQL_4]