Quella che pareva una follia assoluta si è rivelata in realtà come uno dei progetti più creativi e suggestivi che Berlino abbia visto negli anni recenti. I padiglioni hanno sfruttato per la maggior parte delle strutture preesistenti, trasformando per esempio il bunker di una polveriera in un "Istituto delle Isole Immaginarie" (opera dell'artista Lukas Feireiss). La collinetta verde che sovrasta il bunker è stata trasformata in isola, tracciando alcune linee bianche ed erigendo delle semplici strutture di legno ispirate alle architetture primitive dei Mari del Sud. L'illusione era rafforzata dalla colonna sonora a base di reggae che accoglieva all'ingresso i visitatori, i quali erano invitati a costruire le proprie strutture sulla collinetta erbosa sopra il bunker. In capo a tre settimane quest'ultima era diventata un allegro, quasi grazioso piccolo modello di insediamento informale, con abitazioni, vie, fabbriche, animali, un municipio, un'autostrada, una pompa di benzina, uno stadio di calcio e un parco di divertimenti sparsi per l'"isola".
Sono convinto che tutti si siano portati a casa più idee e più temi di riflessione che da qualunque visita a qualunque altra fiera del mondo. Perché questa mostra non intendeva mostrare che cosa fosse tecnicamente possibile, non era una mostra in cui i paesi gareggiassero per provare la rispettiva grandezza.