Lo scorso maggio, ispirata da uno scambio di email tra i filosofi Lieven De Cauter e Dieter Lesage, Domus ha invitato i lettori a inviare le loro idee sui modi possibili per collegare Europa e Africa in corrispondenza dello Stretto di Gibilterra. I risultati pervenuti spaziano quanto a scala, e fattibilità, da una funivia a una gigantesca città galleggiante mediterranea, spesso mettendo in discussione la controversa storia della relazione che intercorre tra i due continenti.
Dal momento che una cartolina non è adatta a esporre un progetto, ma serve a catturare un'idea in un'immagine, mi sono lasciato trasportare dalle immagini più forti. LDC
Sono tentato di rivolgere una domanda diretta all'attuale presidente del Consiglio Europeo, che guarda caso è belga come me: caro Herman Van Rompuy, che cosa aspetti a sviluppare un progetto di ingresso e accoglienza in Europa sul confine eurafricano? Nel caso, potresti dare un'occhiata ai suggerimenti offerti da molte persone a Project Heracles. Grazie a tutti quelli che hanno contribuito. DL
La funivia
Un'immagine molto poetica, allegra, pittoresca. A prima vista perfino realizzabile. Ma, come spiega il testo, per ogni visitatore che entra, un altro deve uscire: è così che funziona con le funivie. Si tratta di un meccanismo doloroso nell'attuale prospettiva, illusione e specchio al contempo della sterile tappa migratoria. LDC
Il 'ponte' tra Africa ed Europa deve essere un ponte fisico? Sono molti gli argomenti critici contro una simile ipotesi. Questo contributo è particolarmente polemico e arriva direttamente al punto. Eppure non rinuncia a proporre un legame fisico, anche se con mezzi diversi. Questo dirigibile è un'ipotesi concreta ed ecologica per collegare Africa ed Europa. Il suo concept è molto interessante e ha una forte valenza politica, se raffrontato a tante stupide strutture turistiche europee che utilizzano dirigibili o mongolfiere. DL
Più una T-shirt che una cartolina, ma mi è piaciuta. Chi c'è dietro le sbarre? Buona domanda, ma la risposta è soggettiva. LDC
Mi piace il carattere ibrido di questa proposta. In principio sembra un dirigibile, ma poi appare per quello che è: una cabinovia. Ancora una volta siamo in presenza di un congegno utilizzato soprattutto nelle località turistiche che viene qui reso operativo in un luogo geografico sensibile. Potremmo ritenere questo e altri contributi a Project Heracles come l'indicazione che lo Stretto di Gibilterra vada concepito alla stregua di una 'attrazione'. Meglio quindi innovare l'immagine di questa frontiera trasformandola in un'area di divertimento, invece che in un'area di guerra qual è al momento. DL
Soluzione alla Koolhaas per europei ma, ahimé, inadatta agli africani che, in maggioranza, non nuotano. LDC
Questa proposta illumina la dura realtà della militarizzazione del Mediterraneo, più che mai attuale da quando è iniziata la guerra in Libia. Invece di sognare lo stretto di Gibilterra come una prossima area di intrattenimento, la proposta concentra l'attenzione sull'esigenza di impegnarsi attivamente contro la militarizzazione del Mediterraneo. Fin quando resterà militarizzato com'è adesso, l'idea di un ponte tra Africa ed Europa rimarrà un bel sogno. DL
La rotatoria eurafricana è un'immagine sublime e ironica, difficile da catturare a parole. Suggerisce il traffico ed è tuttavia Land Art, una specie di anello di matrimonio geologico che unisce continenti così distanti: l'unico progetto che davvero tenga conto del fatto che un tempo questi due continenti erano uniti. Sul retro, l'invito a visitare questo nuovo paradiso aggiunge charme. LDC
Questa proposta è probabilmente riformista e non molto rivoluzionaria, tuttavia necessaria. È una dettagliata riflessione su come sostenere l'attuale immigrazione illegale verso l'Europa. La criminalizzazione dell'immigrazione per ragioni economiche dovrebbe cessare, tanto più in una società capitalista paladina della libera impresa. Perché proprio nel capitalismo ad alcune persone non è concessa la possibilità di essere capitaliste? La ragione naturalmente è che il capitalismo è un progetto sostenuto dallo Stato e, nel caso di fallimento dello Stato, o meglio ancora nel caso di fallimento del sistema statale, fallirebbe anche il capitalismo… Dunque, la vera ansia dei protagonisti non nasce dal fatto che al singolo non sia consentito continuare a far parte del progetto, ma che l'intero progetto sia abbandonato. La rigidità nei confronti dell'immigrazione ha a che fare con il timore che lo Stato, la cui prima funzione è quella di sostenere il capitalismo, non sia più in grado di puntellare l'intero amato progetto. DL