Sono luoghi remoti, situati in dimensioni geografiche differenti. Sono stati eretti in secoli diversi, ma esiste un sottile fil rouge che li unisce anche da molto lontano. Ed è questo il tema che Shelley McNamara e Yvonne Farrell di Grafton Architects esplorano nell'installazione che accoglie i visitatori nel padiglione centrale dei Giardini. Secondo le due progettiste irlandesi, Machu Picchu e Skellig Michael "narrano, in qualche modo, la stessa storia. Questi complessi artificiali contrappongono l'intimità dell'abitazione con l'enormità dell'Atlantico e delle Ande".
Da un passato molto remoto questo tema fluisce nel presente, e il confronto tra mondi lontani (ma anche metaforicamente vicini) si ripropone nel dialogo che, in occasione della Biennale di Venezia, McNamara e Farrell hanno aperto con il brasiliano Paulo Mendes da Rocha. Una conversazione che si svolge a distanza attraverso una serie di disegni, schizzi e plastici. Questi ultimi vanno dalla scala generale (piccole sculture intagliate in blocchi di pietra calcarea francese) a quella gigante (tutti realizzati in carta pesta).
L’installazione dimostra che l’apertura alle influenze esterne è un punto di partenza, un prerequisito per la buona architettura