È un curioso paradosso, ma anche un lungimirante riposizionamento strategico, quello che vede una delle più grandi aziende europee di arredo per l’ufficio ripensare il futuro della vita lavorativa tra le pareti domestiche. Ma è proprio alla luce di questo cortocircuito, e al netto di tutte le linee guida su un telelavoro ottimale che ci appaiono oramai fin troppo dibattute e scontate, che il nuovo format digitale delle Vitra Session, inaugurato dall’azienda di Weil am Rhein dopo il lancio del Vitra Summit nell’ottobre 2020, appare in fondo più intrigante.
La sfida del lavoro distribuito secondo Vitra
Smart working, uffici sempre più flessibili e soprattutto modelli ibridi per una cultura aziendale in sostanziale mutamento. In attesa di ritrovare, tra mondo fisico e sfera digitale, un simulacro efficace della macchinetta del caffè.
© Vitra, Art Direction: Studio AKFB, Illustration: Atelier CTJM
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- Giulia Zappa
- 31 marzo 2021
Con “‘Distributed Work’”, il tema di questa nuova video-conferenza si distanzia dalle precedenti discussioni filosofiche sull’abitare del Vitra Summit per guardare alla lezione pragmatica inferta in maniera del tutto inaspettata dalla pandemia di Covid-19. Attraverso il racconto di Nora Fehlbaum, CEO di Vitra qui affiancata da esperti e protagonisti del mondo del progetto, Vitra condivide con i suoi followers l’esperienza di un anno di confinamento, confidando non solo il proprio iniziale scetticismo sulla produttività del telelavoro, ma aprendosi ad un confronto più ampio su come il lavoro ibrido stia ridefinendo il senso di appartenenza alla cultura aziendale, modificandone la coesione e la stessa identità.
Diventato “the new normal”, il lavoro distribuito – condotto tanto tra le pareti dell’ufficio che tra quelle di casa secondo un equilibrio soggettivo per ogni azienda ma ancora tutto da stabilizzare – pone sfide affascinanti che vanno ben oltre la necessità di far evolvere l’attitudine verticale alla supervisione in una cultura orientata alla fiducia e alla ricerca individuale del risultato. La scommessa, in fondo questa meno scontata, sembra ruotare intorno alla possibilità di ricreare un’interazione informale tra persone che lavorano insieme anche quando, ci raccontano ad esempio Mikael Krogerus & Roman Tschäppeler, autori di “The Decision Book” (2011), le scintille imprevedibili di scambio e complicità dovute alla compresenza fisica scompaiono. Come ricreare una interazione aperta e spontanea, in corridoio o intorno alla macchinetta del caffè, quando un’interfaccia virtuale irrigidisce pose e tempi di connessione? E come orientare i processi decisionali nel momento in cui la stessa interfaccia annulla tempi morti, scarti imprevisti dal copione e input random scaturiti da un caso impossibile da prevedere?
“La nostra produttività potrebbe rimanere intatta, ma il nostro apprendimento, specialmente quello che deriva da incontri informali e fortuiti, potrebbe soffrirne”, dice Gianpiero Petriglieri, Associate Professor of Organisational Behaviour all’INSEAD di Parigi. È proprio in questo quadro indefinito, contrastando il rischio di una serendipità mancata che, avvisano gli esperti, il progetto che definisce il layout dell’ufficio diventerà una componente sempre più strategica per ricentrare e sottolineare l’identità dell’azienda, rendendo lo spazio fisico una metafora ancora più espressiva, un concentrato ancora più denso del posizionamento della filosofia aziendale e della politica delle risorse umane. E se in questo tempo ancora incerto l’unica cosa che abbiamo imparato sembra essere l’irreversibilità del cambiamento, Vitra e i suoi esperti sembrano scommettere non solo sulla metabolizzazione di un equilibrio oramai assodato tra lavoro da casa e in azienda, ma soprattutto sull’idea che toccherà all’ufficio ritrovare la propria centralità non tanto e non solo per svolgere un lavoro collettivo, quanto per favorire le dinamiche interpersonali in uno spazio sempre meno orientato alla scrivania personale e sempre più prossimo al modello di una lounge o un caffé espanso usato come hub per il telelavoro.
"Non credo che l’ufficio debba essere completamente ridisegnato dopo la pandemia, ma c’è ulteriore bisogno di stabilire trasparenza all’interno dell’azienda”, afferma Tim Reusch, international head of Vitra's Consulting & Planning Studio, la costola aziendale dedicata alla consulenza nel campo degli spazi di lavoro. In continuità con questa visione, Vitra lancia nella sede di Birsfelden il suo primo Club Office, un nuovo concept che internalizza questa modalità ibrida dando vita ad uno spazio flessibile e condiviso dove lavorare da soli o in maniera collettiva, ma sempre aperta ad una deriva verso l’interazione spontanea, non vincolata al focus sugli argomenti lavorativi.
“Il talento ha bisogno di mettersi in movimento”, ricorda ancora Petriglieri. Ed è proprio in questi nuovi spazi comuni che l’energia del dopo pandemia sembrerebbe disposta ad insediarsi e ricominciare a circolare. Complice una rinnovata attenzione al benessere del capitale umano che dovrebbe rendere, è ancora l’avviso degli esperti, il lavoro inclusivo e orientato alla creatività qualcosa di più di una buzzword accattivante da spendere in un rispolvero della corporate image.
Immagine in apertura: © Vitra, Art Direction: Studio AKFB, Illustration: Atelier CTJM
Distributed Work
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