Milano è sempre più in movimento e con lei le persone, pronte a saltare da un capo all’altro della città nel tentativo di vedere tutte le novità che questa edizione di Design Week ha da offrire.
Sfoglia la gallery per scoprire i migliori eventi di questa quarta giornata di design.
Milano Design Week
Salone del Mobile e Fuorisalone 2024
Milano Design Week, 5 cose da vedere oggi / 4
Dalle installazioni in grande scala all’Università Statale all’artigianato coreano alla Fondazione Feltrinelli, fino ai progetti di figure iconiche come Tom Dixon e Giulio Iacchetti. La nostra selezione per il quarto giorno di Fuorisalone.
Design Re-Generation
In questo Fuorisalone dove la fantasia certo non abbonda e scarseggia soprattutto via via che ci si avvicina al centro città, la Statale potrebbe apparire quasi come il miraggio di un’oasi nel deserto delle idee. In questo caotico luna park del design, da sempre disdegnato dai gagà del design, la magniloquenza va di pari passo con l’entropia, in un vortice sensoriale che riporta come d’incanto ai fasti fuorisalonici pre-2020 il visitatore che varca l’entrata del chiostro del Filarete. Grandi installazioni, grandi nomi (Lissoni, De Lucchi, Hadid, Branzi, Embt, e sono solo quelli più eclatanti), e soprattutto grandi brand. Molte delle grandi installazioni di questo Fuorisalone sono lì, tra cui il camminamento di tubi innocenti affacciato sul tronco di gherkin firmato AMDL, più due labirinti, uno verdeggiante e ansiogeno di Galiotto per Nardi, poi quello tutto specchiato di Lissoni per Amazon, perché già non faceva caldo abbastanza: visto dall’alto, il dedalo si svela come una ripetizione del logo arancione del gigante di Jeff Bezos, che sembra una freccia, in realtà è uno smile.
A.S.
La Manufacture
871 è il numero di giorni passati dalla presentazione al pubblico del marchio di design e moda La Manufacture, un punto d’incontro fra le culture artigianali e dell’abitare francesi e italiane. Il brand, dopo il momento più duro della pandemia, si presenta così per la prima volta all’appuntamento milanese del design. Per l’occasione, Luca Nichetto, nella veste di direttore artistico, ha curato “871 days, 50 products, 17 designers and 1 single color”, mostra che si snoda nelle sale magnifiche della casa-museo Poldi Pezzoli. Sono 17 i designer coinvolti nella progettazione della prima collezione e 50 i prodotti che guidano i visitatori attraverso il colore. La tonalità di arancio scelta è tratta dalle pettorine da cantiere e vuole associare metaforicamente La Manufacture a un cantiere aperto, creativo e pluriculturale. Qui, i pezzi di Neri&Hu e Nendo, Elena Salmistraro e Front, fra gli altri, dialogano con l’Orangerie affacciata sul giardino e con la collezione permanente del Poldi Pezzoli, nonché con la mostra dell’artista Nicolas Party.
G.R.
Tom Dixon. Twenty
Con “Twenty” Tom Dixon festeggia due decadi di “global design empire” e altrettanti Saloni e Fuorisaloni, l’unico posto, spiega, dove valga la pena lanciare un nuovo prodotto. La mostra nelle sale del neoclassico palazzo Serbelloni, sede della storica casa d’aste Sotheby’s, guarda però a un futuro sostenibile ed ecologico. Accanto alla Mirror Ball (primo prodotto lanciato nel 2002 ora riproposta in policarbonato riciclato), troviamo la leggerissima Hydro chair di alluminio, sculture di micelio, arredi di sughero e una poltrona lounge ricavate dalle alghe che infestano le coste dello Jutland. C’è perfino una sedia pensata per i fondali sottomarini: capace di assorbire anidride carbonica e rigenerare le barriere coralline, è sommersa in una località segreta delle Bahamas. Per quando – chissà – ci dovremo adattare a vivere e produrre sott’acqua. Fino a quel momento, come ha ironicamente sottolineato Dixon, meglio restare sulla spiaggia. Nell’ultima sala, alcuni storici pezzi di design che saranno presto battuti all’asta (21-27 giugno) da Sotheby’s, tra cui la lampada da tavolo Proteo di Gio Ponti (1960). A ribadire, se ce ne fosse bisogno, che la principale chiave di sostenibilità di un arredo è la sua capacità di durare per sempre.
E.S.
Montbook, Giulio Iacchetti
In giapponese, yama significa monte e moto libro. Ecco spiegato il nome del brand di borse e piccola pelletteria Montbook, diretta dal signor Yamamoto e, nella sua veste attuale, frutto dell’incontro che ha avuto nel 2019 con Giulio Iacchetti. In origine era un laboratorio artigiano – fondato oltre 70 anni fa – concentrato solo sulla produzione del tradizionale zaino randoseru per gli studenti delle scuole elementari, ma volevano aprirsi a un pubblico più ampio, sempre privilegiando il “fatto a mano”. Lo studio Iacchetti ha studiato branding e immagine coordinata, oltre a disegnare la serie di borse e accessori (nove articoli finora) a cui si aggiunge quest’anno una mini-reporter bag pensata per il mondo maschile. Questa piccola borsa bombata, la Baltea Bag, è il simbolo dell’unione del saper fare artigiano giapponese e della creatività italiana. Si ispira alla giberna, la custodia in cuoio tipica dell’arma dei carabinieri. “All’inizio non riuscivano a realizzare la bombatura” racconta Iacchetti, “ma poi un artigiano ha avuto l’intuizione di utilizzare una tecnica appresa quando realizzava scarpe. Non c’è niente di più locale e contemporaneamente globale come l’artigianato”.
L.M.
Again from the Earth’s Foundation
Nel luminoso piano alto dell’edificio progettato da Herzog & de Meuron l’evento organizzato dalla Korea Craft and design Foundation mette in scena, con un’installazione suggestiva e onirica, le fondamenta della Terra, un artigianato ispirato alla natura che cerca di tornare alla sua semplice bellezza. Il valore di un artigianato di alta qualità che utilizza materiali naturali diventa poi materia concreta nei lavori di tre designer italiani – Michede De Lucchi, Francesco Faccin e Mario Trimarchi –, scelti per il loro approccio al progetto, che hanno individuato una tecnica e lavorato in collaborazione con un artigiano coreano. De Lucchi la scelto il legno e la lacca per le sue sculture cucite, Trimarchi il bronzo per le sue sculture. Faccin ha deciso per l’intreccio per realizzare due lampade – le sue Pepe completamente rivestite con fibre colorate – e un cappello ispirato al tradizionale gat dei monaci coreani (in origine in crine di cavallo) ma qui scomponibile nelle sue due parti e utilizzabile come portafrutta e contenitore. Le fibre sono in due colori, a differenziare interno ed esterno; un moschettone, una matita o qualsiasi elemento naturale che si trova a portata di mano si può usare per fissare le due parti. Alla fine dell’esposizione, gli oggetti dei tre designer verranno messi in vendita all’asta.
L.M.
Design Re-Generation
In questo Fuorisalone dove la fantasia certo non abbonda e scarseggia soprattutto via via che ci si avvicina al centro città, la Statale potrebbe apparire quasi come il miraggio di un’oasi nel deserto delle idee. In questo caotico luna park del design, da sempre disdegnato dai gagà del design, la magniloquenza va di pari passo con l’entropia, in un vortice sensoriale che riporta come d’incanto ai fasti fuorisalonici pre-2020 il visitatore che varca l’entrata del chiostro del Filarete. Grandi installazioni, grandi nomi (Lissoni, De Lucchi, Hadid, Branzi, Embt, e sono solo quelli più eclatanti), e soprattutto grandi brand. Molte delle grandi installazioni di questo Fuorisalone sono lì, tra cui il camminamento di tubi innocenti affacciato sul tronco di gherkin firmato AMDL, più due labirinti, uno verdeggiante e ansiogeno di Galiotto per Nardi, poi quello tutto specchiato di Lissoni per Amazon, perché già non faceva caldo abbastanza: visto dall’alto, il dedalo si svela come una ripetizione del logo arancione del gigante di Jeff Bezos, che sembra una freccia, in realtà è uno smile.
A.S.
La Manufacture
871 è il numero di giorni passati dalla presentazione al pubblico del marchio di design e moda La Manufacture, un punto d’incontro fra le culture artigianali e dell’abitare francesi e italiane. Il brand, dopo il momento più duro della pandemia, si presenta così per la prima volta all’appuntamento milanese del design. Per l’occasione, Luca Nichetto, nella veste di direttore artistico, ha curato “871 days, 50 products, 17 designers and 1 single color”, mostra che si snoda nelle sale magnifiche della casa-museo Poldi Pezzoli. Sono 17 i designer coinvolti nella progettazione della prima collezione e 50 i prodotti che guidano i visitatori attraverso il colore. La tonalità di arancio scelta è tratta dalle pettorine da cantiere e vuole associare metaforicamente La Manufacture a un cantiere aperto, creativo e pluriculturale. Qui, i pezzi di Neri&Hu e Nendo, Elena Salmistraro e Front, fra gli altri, dialogano con l’Orangerie affacciata sul giardino e con la collezione permanente del Poldi Pezzoli, nonché con la mostra dell’artista Nicolas Party.
G.R.
Tom Dixon. Twenty
Con “Twenty” Tom Dixon festeggia due decadi di “global design empire” e altrettanti Saloni e Fuorisaloni, l’unico posto, spiega, dove valga la pena lanciare un nuovo prodotto. La mostra nelle sale del neoclassico palazzo Serbelloni, sede della storica casa d’aste Sotheby’s, guarda però a un futuro sostenibile ed ecologico. Accanto alla Mirror Ball (primo prodotto lanciato nel 2002 ora riproposta in policarbonato riciclato), troviamo la leggerissima Hydro chair di alluminio, sculture di micelio, arredi di sughero e una poltrona lounge ricavate dalle alghe che infestano le coste dello Jutland. C’è perfino una sedia pensata per i fondali sottomarini: capace di assorbire anidride carbonica e rigenerare le barriere coralline, è sommersa in una località segreta delle Bahamas. Per quando – chissà – ci dovremo adattare a vivere e produrre sott’acqua. Fino a quel momento, come ha ironicamente sottolineato Dixon, meglio restare sulla spiaggia. Nell’ultima sala, alcuni storici pezzi di design che saranno presto battuti all’asta (21-27 giugno) da Sotheby’s, tra cui la lampada da tavolo Proteo di Gio Ponti (1960). A ribadire, se ce ne fosse bisogno, che la principale chiave di sostenibilità di un arredo è la sua capacità di durare per sempre.
E.S.
Montbook, Giulio Iacchetti
In giapponese, yama significa monte e moto libro. Ecco spiegato il nome del brand di borse e piccola pelletteria Montbook, diretta dal signor Yamamoto e, nella sua veste attuale, frutto dell’incontro che ha avuto nel 2019 con Giulio Iacchetti. In origine era un laboratorio artigiano – fondato oltre 70 anni fa – concentrato solo sulla produzione del tradizionale zaino randoseru per gli studenti delle scuole elementari, ma volevano aprirsi a un pubblico più ampio, sempre privilegiando il “fatto a mano”. Lo studio Iacchetti ha studiato branding e immagine coordinata, oltre a disegnare la serie di borse e accessori (nove articoli finora) a cui si aggiunge quest’anno una mini-reporter bag pensata per il mondo maschile. Questa piccola borsa bombata, la Baltea Bag, è il simbolo dell’unione del saper fare artigiano giapponese e della creatività italiana. Si ispira alla giberna, la custodia in cuoio tipica dell’arma dei carabinieri. “All’inizio non riuscivano a realizzare la bombatura” racconta Iacchetti, “ma poi un artigiano ha avuto l’intuizione di utilizzare una tecnica appresa quando realizzava scarpe. Non c’è niente di più locale e contemporaneamente globale come l’artigianato”.
L.M.
Again from the Earth’s Foundation
Nel luminoso piano alto dell’edificio progettato da Herzog & de Meuron l’evento organizzato dalla Korea Craft and design Foundation mette in scena, con un’installazione suggestiva e onirica, le fondamenta della Terra, un artigianato ispirato alla natura che cerca di tornare alla sua semplice bellezza. Il valore di un artigianato di alta qualità che utilizza materiali naturali diventa poi materia concreta nei lavori di tre designer italiani – Michede De Lucchi, Francesco Faccin e Mario Trimarchi –, scelti per il loro approccio al progetto, che hanno individuato una tecnica e lavorato in collaborazione con un artigiano coreano. De Lucchi la scelto il legno e la lacca per le sue sculture cucite, Trimarchi il bronzo per le sue sculture. Faccin ha deciso per l’intreccio per realizzare due lampade – le sue Pepe completamente rivestite con fibre colorate – e un cappello ispirato al tradizionale gat dei monaci coreani (in origine in crine di cavallo) ma qui scomponibile nelle sue due parti e utilizzabile come portafrutta e contenitore. Le fibre sono in due colori, a differenziare interno ed esterno; un moschettone, una matita o qualsiasi elemento naturale che si trova a portata di mano si può usare per fissare le due parti. Alla fine dell’esposizione, gli oggetti dei tre designer verranno messi in vendita all’asta.
L.M.
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