È il 1978. Ikea, che non è ancora il gigante dell’arredamento che conosciamo oggi, ma è già un’icona imprenditoriale a livello produttivo e di immagine, lancia la prima collezione curata da designer esterni all’azienda a firma del collettivo svedese 10-gruppen. In nuce, si tratta della loro prima capsule collection – termine reso popolare dalla moda e con cui si intendono collezioni in edizione limitata. Negli anni a venire, ed in particolare a partire dal 1995, anno della prima PS collection, il marchio utilizzerà a più riprese lo strumento della piccola collezione come terreno di sperimentazione e vetrina promozionale. Il risultato saranno linee di oggetti che, superando il grado zero a cui il catalogo aziendale li ha spesso confinati, si trasformeranno in oggetti di culto nel migliore dei casi, o in derive meno memorabili nei peggiori. Comunque per l’azienda è ogni volta una lezione da imparare, riprendendo il gergo del marketing, e una mossa promozionale destinata a catturare l’attenzione di professionisti, media, e in parte del grande pubblico.
Capsule collection: le migliori collaborazioni di Ikea dal ‘95 a oggi
Il brand svedese è un adepto della sperimentazione sulle edizioni limitate, che ha rinnovato nel corso degli anni aprendosi all’arte, all’abbigliamento e alla musica.
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- Giulia Zappa
- 20 marzo 2024
La nascita del concetto stesso di capsule collection è spesso fatta risalire alla collaborazione del 2004 tra Karl Lagerfeld e H&M. Tra gli osservatori più accorti, c’è però chi chiama in causa niente meno che Elsa Schiaparelli e la sua collezione Constellation Wardrobe: lanciata nel 1946, tra le macerie e la voglia di ricostruire del dopoguerra, e focalizzata sui vestiti da viaggio e il ready-to-wear. Poco importa l’anno, è soprattutto il settore della moda a sperimentare con le capsule collections quella che può facilmente essere definita come una strategia “win-win”. Il lavoro su un’ispirazione circoscritta e un po’ “fuori tema” è infatti uno strumento per superare l’identità del marchio e testare soluzioni e linguaggi differenzianti. La specificità del racconto, ideale per una promozione tarata sui ritmi veloci, può attirare media e consumatori. Il ricorso a collaborazioni garantirà una duplice leva di visibilità, anche questa ideale per amplificare l’eco dei prodotti.
Foto courtesy Ikea
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“Siamo sempre curiosi e aperti a nuovi modi di fare le cose per aiutarci a raggiungere sempre più persone, in un mondo che cambia rapidamente”, ci racconta Emma Jones, Range Identity Manager di Ikea Svezia. “Ecco perché abbiamo iniziato con le collaborazioni fin da subito: lavorare assieme a persone che ci aprono gli occhi, pongono domande a cui non avevamo pensato e ci costringono ad andare avanti. Imparare cose nuove da talenti e aziende esterni che possono aggiungere altre dimensioni alla nostra visione”.
Negli anni, le capsule collection di Ikea ci hanno effettivamente abituato a superare le aspettative legate ai prodotti del marchio, spesso grazie ad una rilettura inaspettata rispetto a quelli che consideriamo i canoni classici della multinazionale. Dando vita a fenomeni un po’ paradossali: l’oggetto capsule, che dalla moda ha teoricamente ripreso la stagionalità del fast fashion, sembra imporsi anche sulla lunga durata, trasformandosi in un piccolo, nuovo classico in virtù della sua riconoscibilità immediata e del suo successo. Una riconoscibilità che piace anche ai piccoli collezionisti, che possono arrivare a pagare cifre importanti per gli oggetti ritenuti più iconici – ad esempio fino a 6mila euro per lo zerbino Keep Off di Virgil Abloh. Senza che esistano peraltro informazioni confermate rispetto al numero di serie di ogni prodotto.
Nella gallery, un elenco delle più iconiche capsule collection di Ikea dal 1995 ai nostri giorni.
Il termine di capsule collection non era ancora consapevolmente utilizzato, ma le premesse erano già lì’. Con il ritorno del minimalismo degli anni ’90, Ikea rivendica e rilancia la propria identità scandinava chiamando a raccolta 18 designer incaricati di reinterpretare le coordinate identitarie del design nordico. L’esito della ricerca, che si rivela più autoriale, sarà presentato al Salone del Mobile nel 1995 sotto l’etichetta de “Il Design Democratico” e lascerà in eredità alcuni pezzi iconici, tra cui gli Ikea Ps 1995 clock e table/stool, entrambi di Thomas Eriksson. Esperimento riuscito, esperimento che si ripete. Saranno 9 le collezioni Ps realizzate dal gigante svedese fino al 2017; il registro, non sempre rigidamente scandinavo/minimalista, si aprirà alla contaminazione e a qualche eccesso di fantasia.
È una delle collezioni Ikea Ps maggiormente memorabili, anche a fronte del coinvolgimento di un gruppo di designer internazionali, tra cui Tomás Alonso, Matali Crasset, e Scholten and Baijings. Il tema, On the Move, cerca soluzioni per assecondare il nomadismo di una fetta crescente della popolazione attraverso oggetti multifunzionali, facilmente trasportabili, e sempre a basso costo.
Markerad è la capsule collection che ha avuto l’impatto più dirompente. A firmarla, l’eclettico creativo Virgil Abloh, prematuramente scomparso, che la definisce come “una raccolta di articoli che ti aiutano a fare della tua prima casa una dichiarazione”. I pezzi non ripudiano il linguaggio minimalista proprio del marchio, né le premesse di un buon design a basso prezzo, ma introducono dettagli o incorporano frasi che giocano tra ironia e audace rappresentazione del sé. Restituendo un prodotto potenziato, orgogliosamente fiero della sua significazione.
Nel 2017 era stata la volta della rilettura di Frakta, l’arcinota borsa blu di Ikea, da parte del marchio Balenciaga: un successo. Nel 2020, Ikea lancia la prima capsule collection nel campo dell’abbigliamento. L’obiettivo è però un altro: rafforzare il proprio legame – anche sentimentale, se così possiamo dire – con un mercato in cui ha già fatto breccia, quello asiatico, attraverso una linea di merchandising dedicata. Meno intrigante per un occhio occidentale, ma semanticamente mirata a favore di un consumatore che trova nei valori di democraticità e semplicità un punto di riferimento.
Collezione creata in collaborazione con Marimekko, Bastua declina alcuni capisaldi dell’identità scandinava in una linea integrata di mobili, accessori e prodotti tessili. Se le forme di mobili e complementi sono morbidamente accoglienti, pur nella loro essenziale semplicità, le stampe esaltano il proprio carattere grafico stilizzando i contrasti cromatici del rabarbaro, ingrediente tipico della cucina dei paesi nordici. Alcuni accessori, come secchielli, asciugamani e kimoni, sono invece dedicati all’esperienza della sauna.
Anche l’arte oltre all’arredamento e al design. Per la sesta edizione di questo format, Ikea coinvolge cinque tra artisti e designer – Daniel Arsham, Gelchop, Humans since 1982, Sabine Marcelis e Stefan Marx – chiamati a reinterpretare e distorcere alcune tipologie progettuali comuni. Il risultato, a tratti iperbolico, provocatorio o sottile, riesce a rendere le forme più esplicite e accattivanti, o semplicemente a offrire l’opportunità per un racconto e una riflessione. La sperimentazione con la luce di Sabine Marcelis continuerà poi in una nuova capsule collection, Varmblixt, interamente dedicata all’universo delle lampade.
“Solo lo stretto necessario in una forma pratica e minimalista”. Obegränsad è una capsule collection diversa, focalizzata sulle esigenze di una nicchia specifica: quella di dj e produttori musicali alle prime armi che lavorano alle proprie composizioni non da uno studio, ma dalla propria camera. Realizzata in collaborazione con il gruppo house Swedish House Mafia, Obegränsad rivisita alcuni arredi celebri, customizzandoli, e ne aggiunge altri, inclusi complementi dedicati per mettere a posto i propri dischi, sospendere casse, illuminare e trasportare il proprio materiale.