Sebbene l’Ansonia e il Cecil condividano le stesse ambizioni di partenza e simili incidenti di percorso, le diverse zone in cui sorgono e l’estrazione sociale degli abitanti li hanno portati a due risultati completamente opposti.
La terribile storia del Cecil Hotel, situato nel downtown di Los Angeles, è stata narrata da numerosi documentari “true crime”, tra i quali anche la serie originale Netflix sulla scomparsa di una studentessa universitaria canadese nel 2013. Insomma, la storia di questo hotel è ormai di dominio pubblico, ma possiamo davvero affermare che questo edificio sia maledetto?
Può un’opera architettonica essere talmente “maledetta” da campeggiare sulle prime pagine di tutti i giornali scandalistici? La popolare serie American Horror Story ha realizzato una stagione ispirata ad una recente sparizione avvenuta nell’hotel, e quando si cercano notizie e leggende metropolitane sul Cecil Hotel, ci si imbatte soprattutto nell’elenco delle morti accadute all’interno e nei dintorni dell’hotel, così come in alcuni inquietanti identikit degli ospiti. Forse non è tanto l’hotel in sé ad essere un personaggio in questa sciagurata storia, quanto la zona in cui è situato: la “montagna russa finanziaria” che ha caratterizzato la sua storia, così come la sua trasformazione da hotel a luogo di residenza per gente di passaggio e persone senza fissa dimora basterebbero a giustificarne la cattiva reputazione.
Come tante altre strutture alberghiere nel centro di Los Angeles, il Cecil Hotel fu costruito nel pieno del boom economico, precisamente nel 1924, per soddisfare le esigenze legate a un vertiginoso aumento degli abitanti. L’emigrazione verso la California del Sud all’inizio degli anni ’20 è stata la più grande migrazione interna del popolo americano, e così Los Angeles divenne la più grande città della West Coast, scalzando San Francisco. Il tutto avvenne in un periodo in cui la città di Los Angeles stava facendo i conti con una configurazione socio-politica travagliata, che contrapponeva l’emergente classe operaia alla brutalità del capitalismo, e favoriva qualsiasi forma di libera imprenditorialità rispetto alla sindacalizzazione e ai diritti del lavoro.
Con i suoi quindici piani e quasi settecento stanze, il Cecil era uno dei più grandi alberghi della zona, e si poneva come obiettivo quello di competere sul mercato offrendo lusso e comodità mai viste prima. Tuttavia, queste aspettative vennero presto disattese a causa della grave crisi economico-finanziaria del 1929: l’hotel fu costretto a fare scelte più economiche e flessibili, ponendo fine alla sua opulenta ascesa, e anzi trasformandosi in un residence a basso costo. Riducendo il numero di camere e suite e creando bagni e cucine al piano, il Cecil Hotel divenne una casa per i poveri, vista anche la sua vicinanza al distretto di Skid Row, un sottoprodotto della Grande Depressione dove la maggior parte della gente viveva per strada. Non c’è da meravigliarsi, quindi, che la clientela dell’albergo non fosse più composta da aspiranti imprenditori e star di Hollywood ma da disoccupati, veterani di guerra trascurati e persone in difficoltà che sopravvivevano solo grazie agli aiuti del governo.
La situazione fu ulteriormente aggravata dalla chiusura degli ospedali psichiatrici statali in California per decisione del Governatore Reagan, che aveva legami commerciali con gli operatori degli istituti psichiatrici privati, in occasione dell’abolizione del Mental Health Systems Act istituito dal precedente presidente Jimmy Carter. Così, moltissimi californiani mentalmente instabili si aggiunsero al già pericoloso mix di persone che battevano le strade di Los Angeles, nonché nella lista dei potenziali ospiti di un hotel già sulla via del declino. In questo nuovo scenario, la maggior parte dei clienti dell’hotel erano persone senza fissa dimora, bizzarri personaggi in cerca di fortuna e studenti in viaggio con un budget limitato. Per questo, il fatto che due famigerati serial killer alla ricerca di nuove vittime abbiano soggiornato nell’hotel non sembra poi così inverosimile. Si dice che anche il “Night Stalker” Richard Ramirez abbia soggiornato nell’hotel per alcune settimane, quando ancora non viveva per le strade di Skid Row.
Il più noto assassino seriale austriaco di prositute, Jack Unterweger, dormiva nel Cecil Hotel mentre fingeva di essere un giornalista di cronaca nera intento a svolgere ricerche sull’atmosfera letteraria di Charles Bukowski. Nessuno sapeva però che intanto stava uccidendo delle donne. Ma ciò che trovo particolarmente terrificante riguardo a Jack Unterweger è il suo background – ho scoperto che è nato a Judenburg, in Austria, proprio come me. Sua madre era una cameriera austriaca e suo padre un soldato americano, e aveva appena un anno in meno di me. Frequentava la stessa scuola elementare mia e del mio caro amico d’infanzia Fritz, la cui madre era la nostra insegnante di tedesco. Non lo conosco personalmente perché non faceva parte del mio gruppo di amici, ma mi fa rabbrividire pensare che potremmo essere stati nella stessa squadra sportiva o in un gruppo di aiuto della chiesa.
Quando nel 1976 arrivai in California per realizzare il mio sogno nel cassetto, ovvero diventare architetto per Musicisti Rock and Roll (ve ne parlerò in un’altra occasione), il signor Unterweger stava già scontando l’ergastolo per aver ucciso una prostituta in Austria. In prigione scrisse racconti, poesie e un’autobiografia che lo fecero diventare il beniamino della stampa e dell’élite letteraria, la quale presentò una petizione al governo per la sua libertà condizionata, citandolo come caso esemplare di riabilitazione e redenzione. Dopo che il suo avvocato si innamorò di lui, Unterweger scontò un periodo obbligatorio di quindici anni di prigione, al termine del quale gli fu offerto di condurre il proprio show televisivo nazionale. Diventò una celebrità tra l’intellighenzia del suo paese e aiutò la polizia a risolvere crimini in pubblico, il tutto mentre procedeva a uccidere altre undici prostitute – una ceca, sette austriache e tre americane, tutte strangolate durante il suo soggiorno al Cecil Hotel nei primi anni ’80. Si trovava a Los Angeles per indagare su vari crimini, e fu persino invitato a girare in un’auto di pattuglia della polizia come investigatore-ospite, aiutando a risolvere crimini commessi probabilmente proprio da lui.
Per quanto fossi scioccato e al tempo stesso elettrizzato da questa coincidenza personale, ho cominciato a dubitare sempre più del mito dell’architettura come strumento di crimine o a vedere un edificio “maledetto” come colpevole. Nonostante i dettagli raccapriccianti che hanno reso questo hotel una meta del turismo dell’orrore, sono piuttosto le circostanze socio economiche del tempo, nonché la malaugurata riprogrammazione e discutibile gestione della struttura, costellata di incomprensibili passaggi di proprietà, ad aver reso il Cecil un hotel dell’orrore. In altre parole, ho preso in considerazione l’influenza dei fattori sociali nel design, argomento vastamente trattato tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80 nelle scuole di architettura progressiste come Berkley e Princeton, e la Teoria dello Spazio Difendibile, che vede i cattivi design responsabili dei mali sociali. Ciò nondimeno, si deve considerare che quello era un periodo caratterizzato da un grandissimo sfruttamento economico e dalla riduzione della rete di sicurezza governativa per una classe di individui già in difficoltà. La società era dominata dal capitalismo, che sta alla base di tutti i valori repubblicani conservatori americani, dove solo i più forti, che vivono in comunità residenziali chiuse, si arricchiscono, mentre i deboli, costretti a vivere per strada, stentano a sopravvivere.
Prima ancora di trasferirmi nella West Coast, avevo lavorato a una proposta per un hotel della stessa categoria del Cecil a New York, dopo esserci arrivato da Vienna nel 1974. Ero stato assunto da Haus Rucker Co, un gruppo austriaco di architettura sperimentale che aveva portato a termine con successo una mostra di architettura al prestigioso Museum of Modern Art e, in quanto vincitore ai National Endowment Awards, aveva ottenuto il permesso di condurre uno studio sull’uso dei tetti a Manhattan. Così, ho trascorso i miei primi sei mesi a New York sui suoi magnifici tetti: era fantastico pensare alla possibilità di poter utilizzare per usi pubblici, commerciali e privati questi spazi altrimenti inutilizzati. Uno dei nostri “case study” riguardava l’Ansonia Hotel, costruito a Broadway da un grande industriale del rame. Il nostro obiettivo era quello di far riscoprire a tutti la magnificenza del più grande hotel della città, che un tempo copriva cinquecentocinquantamila metri quadrati e contava milleduecento camere e trecento suite.
Sebbene in passato l’hotel sia stato la cornice di svariati scandali, suicidi, efferati crimini e incidenti, era anche uno stravagante esercizio di progettazione architettonica. Oltre alle sue dimensioni ispirate agli hotel di Parigi, la fantasiosa struttura turrita di diciassette piani in pietra calcarea era la versione sontuosa di un hotel residenziale, e offriva servizi che nessun’altra struttura poteva permettersi. Nel 1904, la scelta di costruirlo proprio in quel punto della città si rivelò estremamente lungimirante, poiché di lì a poco la metropolitana che si estendeva verso nord divenne un comodo mezzo di trasporto, e l’hotel poté attrarre clienti anche grazie alla propria posizione strategica per spostarsi in città.
L’Ansonia vantava la presenza di diverse sale da ballo, ristoranti in stile Luigi XIV, una maestosa sala ricevimenti, sale da tè e caffè, una banca, un barbiere, un sarto, sale di scrittura, bagni turchi e, non meno importante, la più grande piscina coperta del mondo. In pochi anni, però, l’hotel si guadagnò una cattiva reputazione: al suo interno, noti criminali e celebrità sportive finirono per incrociarsi lungo i corridoi. Il famigerato scandalo dei Black Sox, in cui otto giocatori di Chicago si accordarono con dei giocatori d’azzardo per perdere intenzionalmente la Finale della World Series del 1919, venne organizzato proprio lì. Jack Dempsey e Babe Ruth soggiornarono nell’hotel assieme al tenore Enrico Caruso, il direttore d’orchestra Arturo Toscanini e i compositori Igor Stravinsky e Sergei Rachmaninoff. Per facilitare la comunicazione da una parte all’altra della struttura, furono installati all’interno delle pareti dei tubi particolari che permettevano di inviare messaggi all’interno di capsule tra i clienti e il personale dell’albergo.
Nella grande hall, oltre alla maestosa scala e all’enorme lucernario a cupola, si trovava anche una fontana in cui sguazzavano vere foche. Il proprietario aveva addirittura creato una fattoria sul tetto, con quattro oche, un maiale, circa cinquecento polli, moltissime anatre, sei capre e persino un piccolo orso; questo permise all’hotel di offrire ogni giorno uova fresche agli inquilini, almeno fino a che il Dipartimento della Salute non ordinò la chiusura della fattoria. Quando lo visitai per la prima volta, l’hotel aveva perso gran parte del suo fascino, ma c’erano ancora i Continental Baths, un famoso ritrovo gay che ricordava la gloria dell’antica Roma, e che aveva una piscina con cascata, una discoteca e, in un cubicolo, spacciatori di droga. L’elemento più noto era il cabaret di Bette Midler e del suo pianista accompagnatore Barry Manilow.
Un decennio più tardi, lo stesso spazio divenne il Plato’s Retreat, il famigerato club di scambisti eterosessuali che attraeva talmente tanti personaggi indesiderati e atti sconsiderati da aver fortemente contribuito al declino dell’Ansonia. Ispirati da questo passato esuberante, abbiamo progettato una grande casa di vetro sul tetto ispirata ai palazzi di cristallo Art Deco per ospitare grandi eventi inclusivi, oltre ad aree in cui consumare pasti all’aperto caratterizzate da tralicci topiari per imitare le torrette di rame originali che vennero fuse durante lo sforzo bellico per creare carri armati.
Sebbene l’Ansonia e il Cecil condividano le stesse ambizioni di partenza e simili incidenti di percorso, le diverse zone in cui sorgono e l’estrazione sociale degli abitanti li hanno portati a due risultati completamente opposti.
L’Ansonia di New York è diventato un esclusivo edificio residenziale per i ricchi abitanti dell’Upper Westside vicino a Central Park. Il valore immobiliare è tra uno dei più alti del mondo. Il Cecil hHtel, invece, si è sempre più adattato allo stile di vita squallido e decadente di Skid Row. Los Angeles è una città in cui funzionari e promotori urbani hanno a cuore unicamente gli interessi degli imprenditori capitalisti, i quali sfruttano i vari benefici fiscali a loro offerti in un futile tentativo di rendere Los Angeles Downtown un simbolo di urbanità e grandezza metropolitana, senza tuttavia considerare la popolazione socialmente sfruttata e trascurata che vaga per le strade di questo deserto sociale ed economico. Il Cecil è ora chiuso per ristrutturazione in attesa di una ripresa economica o di uno sviluppo urbano che gentrifichi il quartiere. Ma se questo non dovesse succedere, sarà costretto ad accettare la sua reputazione di hotel dell’orrore.