Chi visita Berlino per la prima volta, difficilmente potrà fare a meno di passare da Friedrichstrasse. I suoi 3,3 chilometri attraversano il centro della città da Nord a Sud, unendo i distretti di Mitte e Kreuzberg: dall’ex-squat Tacheles, ristrutturato da Herzog e De Meuron, fino alla Mehrplatz originariamente concepita da Hans Scharoun, passando per il Checkpoint Charlie e Unter den Linden. Negli scorsi mesi, la storica strada è stata di nuovo al centro di accese polemiche sulla stampa locale e nazionale.
È stato infatti confermato ciò che si vociferava da mesi: le prestigiose Galeries Lafayette chiuderanno definitivamente la propria depandance berlinese entro la fine di quest’anno. Un duro colpo per la Friedrichstrasse, che ai sogni dello shopping di lusso aveva legato le proprie ambizioni di rilancio durante gli ormai lontani anni novanta, a ridosso della caduta del Muro.
Risale a quel periodo la costruzione di una gigantesco trio di edifici commerciali, le cosiddette Friedrichstadtpassagen: tre grandi isolati che costeggiano la Friedrichstrasse tra Mohrenstrasse e Französische Strasse, firmati da nomi di prestigio del gotha dell’architettura internazionale e collegati tra loro da un passaggio pedonale sotterraneo. Partendo dal Quartier 205, le cui linee austere rimandano alla passione per le forme squadrate del suo autore Oswald Matthias Ungers, si prosegue col Quartier 206, reinterpretazione post-moderna del glamour Art-Deco degli anni venti ad opera di Pei Cobb Freed & Partners. Chiude l’ensemble il Quartier 207, firmato dall’archistar francese Jean Nouvel e destinato al momento della sua costruzione a ospitare per l’appunto la prima depandance estera delle famose Galeries Lafayette di Parigi.
Una strada in cerca di identità
Sin dalla loro inaugurazione tra il 1996 e il 1997, questi tre massicci edifici sono stati oggetto di forti controversie: troppo grandi, troppo commerciali, troppo monotoni. Ciò nonostante, erano riusciti, almeno nei primi anni, a rientrare nel novero dei “nuovi landmark” della Berlino post-muro, al pari della nuova (e altrettanto criticata, per ragioni assai simili) Potsdamer Platz o del Reichstag restaurato da Norman Foster. Un simbolo di speranza, segno tangibile di una narrazione positiva che vedeva nelle Friedrichstadtpassagen niente meno che un ritorno agli anni gloriosi d’anteguerra, quando la Friedrichstrasse era celebre per i suoi numerosi teatri, café e locali e per il nutrito pubblico di curiosi che questi attiravano.
La Friedrichstrasse potrebbe quindi vedere la coronazione di un sogno urbano lungo un secolo?
Peccato che la realtà non si sia rivelata all’altezza di queste aspettative: nonostante gli ingenti investimenti, la Friedrichstrasse non è mai riuscita ad assurgere a nuova via del lusso. Specialmente dopo l’inagurazione della gigantesca Mall of Berlin in Leipziger Platz nel 2014, distante solo pochi minuti a piedi dalle Passagen, si sono moltiplicate le chiusure di negozi, confermando i timori di esperti e analisti: semplicemente, Berlino non dispone del potere d’acquisto necessario a sostenere così tanti hub commerciali. A questa problematica locale si sovrappone poi una fase storica di incertezza per i grandi centri commerciali, messi in crisi dall’ascesa dell’e-commerce.
La cultura come chiave per il rilancio?
È in questo contesto che il dinamico neo-senatore alla cultura dell’attuale governo berlinese, l’ex-manager musicale di origine tanzaniana Joe Chialo, ha tirato fuori dal cilindro un’idea che potrebbe scompaginare le carte e riscrivere il futuro della Friedrichstrasse: perchè non usare l’edifico di Jean Nuovel per ospitare la biblioteca centrale (Zentral- und Landesbibliothek, Zlb) della città? Al momento della presentazione del progetto, a fine agosto del 2023, le prime reazioni sono state caratterizzate da incredulità e scetticismo. Ma ben presto, l’idea ha cominciato a prendere quota, e la stampa locale e nazionale non ha nascosto le proprie simpatie per l’ambiziosa proposta.
È facile capire il perché: l’edificio di Nouvel, interessante esempio di quell’architettura high-tech di cui l’archistar francese è uno dei più celebri esponenti – al pari di Renzo Piano, Norman Foster o Richard Rogers – soddisfa tutte le specifiche di una moderna biblioteca in termini di accessibilità, capacità di carico e valore estetico, senza richiedere costose ristrutturazioni. Gli almeno 5.000 utenti giornalieri previsti porterebbero poi quella agognata iniezione di pubblico di cui la Friedrichstrasse ha urgentemente bisogno per rilanciarsi. Va infine ricordato che il desiderio di creare una nuova biblioteca centrale per la città di Berlino risale a più di un secolo fa: nonostante ripetuti tentativi, nessun governo è finora riuscito a sciogliere questo nodo. Ci provò anche Klaus Wovereit, popolare sindaco dei primi anni duemila: nelle sue intenzioni, si sarebbe dovuta edificare una nuova, monumentale biblioteca sul Tempelhofer Feld, l’immenso vuoto urbano generato dalla chiusura dell’omonimo aeroporto. Una sorta di astronave brutalista, concepita da Kohlmayer Oberst Architekten, che in seguito al referendum popolare dell 2014, nel quale è stata sancita l’inedificabilità del Tempelhofer Feld e la sua destinazione a parco urbano, non avrebbe mai visto la luce.
I prossimi mesi saranno decisivi
La Friedrichstrasse potrebbe quindi vedere la coronazione di un sogno urbano lungo un secolo? È presto per dirlo con certezza: nel budget per il biennio 2024/25, l’amministrazione comunale di Berlino non ha stanziato i fondi necessari a sbloccare la conversione delle Galeries Lafayette. La ragione è squisitamente politica: attorno alla creazione della nuova sede per la biblioteca metropolitana negli anni si sono raccolti importanti interessi. Prima del jolly Nouvel/Lafayette e dopo il naufragio dell’astronave su Tempelhofer Feld, gli ultimi progetti prevedevano di allargare la vetusta Amerika Gedenkbibliothek di Kreuzberg, affiancandole un nuovo, massiccio edificio la cui architettura avrebbe dovuta essere decisa da un concorso in via di preparazione. Un piano non privo di rischi, sia in termini di costi che di eventuale opposizione popolare, ma fortemente sostenuto dalla potente socialdemocrazia locale e visto con simpatia dagli ecologisti dei Grüne, che a Kreuzberg hanno una delle loro roccaforti.
E mentre i Grüne sembrano subire il fascino dell’idea di Chialo, dal chiaro retrogusto verde (riutilizzare un edificio esistente piuttosto che crearne uno nuovo presenta chiari vantaggi in termini di impatto ambientale), alla Spd, che attualmente governa la città assieme alla Cdu del neosindaco Wegner, la proposta di Chialo proprio non è andata giù. Tanto che, nemmeno troppo velatamente, continua a ostacolarla dove può, accusando il senatore alla cultura di protagonismo e scarsa professionalità.
Dal canto suo, Chialo ha confermato che intende portare avanti il progetto, forte del sostegno della scena culturale berlinese, del direttivo della Zlb e di buona parte della stampa e dell’opinione pubblica. Saranno i prossimi mesi a mostrare se davvero la nuova nuova biblioteca a firma Jean Nouvel diventerà realtà, riuscendo, come sperano i suoi promotori, a rivaleggiare con le moderne biblioteche urbane realizzate negli scorsi anni a Oslo, Birmingham o Helsinki.