Nell'ultima giornata del novembre 2011 Yucca Crater, il progetto dello studio Ball-Nogues, è soprattutto circondato dal silenzio. Il silenzio del deserto, che non fa che rendere un po' troppo tangibile il rumore di due aerei che passano nei dintorni. In mezzo a un mare di montagne (e, sopra, il sole del deserto) ci siamo solo io e la struttura: una vasca di compensato di quasi dieci metri (che sprofonda per 3 metri nel terreno), con una scala esterna e una interna, le pareti interne attrezzate con appigli da scalata multicolori e circa 30 centimetri di torbida acqua ferma che ristagna alla base. Nella sabbia trovo un'enorme tazza da caffè da stazione di servizio e un bastoncino luminoso. Il bordo sinistro del cratere, il più basso, sembra colpito da un calcio. Pare l'inizio di un film terrificante di Gus Van Sant. Che cosa è successo prima del mio arrivo? E, se la mia auto non riparte prima che torni ad alzarsi il vento di Santa Ana, che sarà di me al bordo di questa strada polverosa, a venticinque chilometri dal più vicino MacDonald (cioè dalla civiltà)?
Prima di lasciare Los Angeles e percorrere i 290 chilometri - ossia tre ore e venti minuti - che occorrono per arrivare al sito dello Yucca Crater nella Wonder Valley parlo al telefono con Benjamin Ball. "Spero solo che tu non voglia considerare lo Yucca Crater una tradizionale opera d'architettura, come pare intendano fare un sacco di giornalisti", mi dice. "Ci sono aspettative di cura e freschezza giovanili, ma a quest'ora probabilmente è uno scheletro in rovina."
Yucca Crater: Ball-Nogues
Una visita allo Yucca Crater ormai in declino sottolinea la natura effimera di questo rudere sintetico, inevitabilmente legato al suolo su cui cresce.
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- Katya Tylevich
- 04 gennaio 2012
- Joshua Tree National Park
Che è ciò che è sempre stato nelle intenzioni. Come dice Ball: "Non volevamo fare una cosa che sfidasse gli elementi. Non è una cosa eterna. Non è una cosa fatta per essere bella nel senso convenzionale della parola, per design e per architettura".
"Ho letto che è biodegradabile, no?", chiedo a Ball.
"Degradabile lo è", risponde, "bio non lo so."
Insomma, vado a vedere Yucca Crater nel terzo (dei tre) capitoli della sua vita: il declino. Se mai avessi voluto vedere il progetto al debutto, sono arrivata in ritardo alla festa, mi dice Ball in poche parole. Dopo tutto è un'opera creata per una particolare manifestazione di due giorni intitolata High Desert Test Sites (Siti di sperimentazione nel deserto profondo), iniziativa di creazione di spazi fisici e concettuali d'arte contemporanea. Quest'anno la manifestazione si è svolta il 15 e il 16 ottobre e ha trasformato questa inquietantemente tranquilla distesa desertica nel luogo di una bizzarra festa in piscina. I visitatori di HDTS erano invitati ad arrampicarsi fin dentro il cratere e a tuffarsi in due metri e mezzo d'acqua. Secondo il progetto originario l'acqua doveva essere riscaldata dall'energia solare e immessa grazie a una pompa a turbina azionata dall'energia eolica, anche se questo particolare non è stato mai realizzato.
Più che altro la nostra preoccupazione era creare un momento, un fine settimana, un posto. Benjamin Ball
La proposta di usare l'energia solare ed eolica, come il fatto che Yucca Crater sia costruito con legno di recupero, ha fatto sì che molti se ne andassero pensando (e dicendolo sui blog) che il progetto in realtà era un commento al tema dell'energia verde, del riuso e del rieccetera. Certamente queste idee sono implicite in un progetto che è il parto di un altro progetto (tra un secondo ve ne parlo), "ma la preoccupazione principale non era proporre tramite l'opera una certa soluzione ecologica, anche se è una bella cosa che a qualcuno faccia venire in mente questa associazione", afferma Ball. "Più che altro la nostra preoccupazione era creare un momento, un fine settimana, un posto." E, passato il momento, Yucca Crater continua a vivere nella stirpe degli interventi sul territorio realizzati dall'uomo, rudere sintetico ora inevitabilmente legato al suolo su cui cresce. La sua prossima trasformazione è imprevedibile quanto quella di qualunque altra entità abbandonata o naturale del deserto: una piscina vuota, una baracca, un cactus oppure un miraggio. Così la natura effimera di Yucca Crater contribuisce alla sua longevità in quanto metafora dell'esistenza e del decadimento nel deserto.
Detto ciò è importante notare che questo progetto non ha una precisa data di nascita, o un 'capitolo primo'. Come la sua 'data di scadenza' è vaga (Yucca Crater è finito il 17 ottobre? Oppure sarà finito quando diventerà un mucchio di pezzi di legno nella sabbia del deserto?) altrettanto vale per il suo inizio: Yucca Crater non potrebbe aver preso forma, letteralmente, se non fosse stato per la creazione di un altro progetto dello studio Ball-Nogues, intitolato Talus Dome. Creato per il bordo di un'autostrada a Edmonton, nell'Alberta, Talus Dome consiste in 900 sfere di metallo lucido delle proporzioni di massi, unite a forma di gigantesco mucchio di ghiaia. La forma adottata per costruire Talus Dome (in altre parole il suo 'metodo produttivo') venne quindi configurato come 'prodotto' in sé: come Yucca Crater questo antimonumento, che conserva molti dei tratti esteriori del work in progress (chiodi sporgenti e compensato grezzo senza finiture, segni visibili della vita precedente), non fa promesse di durata. Al di fuori delle manifestazioni di HDTS il progetto appare un commento non tanto al riuso quanto, per così dire, all'abbandono: agli elementi, al tempo, all'uso e all'abuso umano e al fraintendimento. Per esempio Ball e il suo collega Gaston Nogues hanno discusso a lungo la tendenza dei media del mondo del design a celebrare gli oggetti affascinanti. Per citare Ball: "Il fatto che le riviste vogliano pubblicare solo le cose che sembrano progettate da Zaha Hadid ha un certo significato per la cultura del design in cui viviamo". Yucca Crater non sembra un'opera di Zaha Hadid. E, prosegue Ball, "la nostra intenzione era comunque che il progetto fosse compreso nel corso del tempo, come una trasformazione, il che non è qualcosa che si possa sintetizzare in un'immagine accattivante". Il che in realtà è di per sé una sintesi.
Yucca Crater non ha un particolare 'lato buono' per la macchina fotografica, non ha inizio né fine e, al di là di una manifestazione di due giornate, non ha neppure una funzione particolare. Perciò l'inevitabile conflitto di potere che sorge tra progettista e utente - l'aspetto pratico di una struttura o di un oggetto progettato - si disgrega come si disgrega il cratere stesso. In realtà si tratta di un progetto che costringe i progettisti a prendersi la responsabilità di cedere la responsabilità: a favore degli elementi e di chi, di rado, passa nel deserto. Dopo tutto, quando chiedo a Ball se ha visitato il progetto dopo la manifestazione High Desert Test Sites, mi risponde che l'ha fatto una sola volta, circa una settimana dopo. C'era ancora qualcuno che nuotava nell'acqua ormai sporca.
"Come credi che la userà la gente, ora che l'acqua è evaporata?", chiedo.
Ball mi dà una risposta che non ricevo spesso: "La gente può fare quel che le pare". Katya Tylevich